RIFIUTI. Per Federambiente, Verona guida la classifica dei centri medio-grandi e ha la percentuale di separazione più alta d’Italia. E così spunta un’ipotesi clamorosa. Differenziata al 51,2 e cassonetti sempre più vuoti. Paternoster: «Senza certezze di conferimento costante, resterà solo un progetto»
Differenziare ci riesce bene. Siamo talmente bravi, noi veronesi, da aver raggiunto la percentuale di separazione dei rifiuti più alta d’Italia, nella categoria dei Comuni medio-grandi (oltre i 200mila abitanti). Ma alla notizia ne segue un’altra ben più grossa, se non clamorosa. Questo primato, unito alla crisi che abbassa sia la produzione procapite di immondizia sia la redditività dello smaltimento, mette in discussione il termovalorizzatore di Ca’ del Bue. Sì, perché i cassonetti dei rifiuti indifferenziati sono sempre più vuoti: soprattutto nella virtuosa Verona, ma anche nelle città limitrofe (Vicenza, Trento e Mantova), con le quali si era tentata una trattativa affinché ci conferissero il loro secco da bruciare nell’impianto di San Michele. Ed è lo stesso Paolo Paternoster, presidente di Agsm, a confermare il fatto in poche, semplici parole: «So di dire qualcosa di forte. Ma Ca’ del Bue non è un obbligo. Non lo dobbiamo fare per forza. Se non esiste, così come sembra dalle indagini svolte finora, un flusso costante di rifiuti per farlo funzionare, l’impianto resterà un progetto. Bello, ambizioso, all’avanguardia, ma solo un progetto». È la prima volta, da quando è iniziato il lungo iter per la riaccensione dei forni, che l’Agsm mette in forse il futuro dell’inceneritore. IL PRIMATO. Ma andiamo per ordine. Il primato scaligero nella raccolta differenziata lo svela Federambiente, il sindacato nazionale al quale aderiscono 205 aziende e consorzi per la gestione dei servizi pubblici di igiene e pulizia ambientale, tra cui l’Amia. Con una percentuale di separazione dei rifiuti pari al 51,2, Verona sopravanza le «concorrenti» venete Padova, al 42,7, e Venezia, al 33,5. Ma anche grandi realtà, come Torino (43,1), Firenze (39,2), Milano (34,7), Bologna (32,3). Per non parlare di Genova (29,2), Roma (24,2), Trieste (20,7), Napoli (17,9) e Bari (17,7), mentre popolose città del Sud, come Palermo, Taranto, Catania e Messina, non vengono nemmeno incluse nella graduatoria, avendo conseguito un risultato inferiore al 10 per cento. «Faccio notare che Verona non solo è prima in classifica, ma è anche l’unica con una quota di differenziata sopra il 50 per cento sul totale dei rifiuti prodotti», commenta il presidente dell’Amia Andrea Miglioranzi, che ha illustrato il report insieme a Diego Testi, dirigente dei servizi operativi dell’azienda, e all’assessore all’ambiente Enrico Toffali. Miglioranzi aggiunge: «Ci aiuta la dimensione compatta della città, ma anche la volontà di avvicinarci sempre più all’ambizioso obbiettivo del 65 per cento». E sottolinea anche un altro dato: quello che misura l’aumento della differenziata nell’arco del quinquennio 2006-2011. «Siamo entrati in un’azienda con una percentuale di separazione del 30,8 e l’abbiamo portata oltre il 51, crescendo di venti punti». Toffali, già presidente dell’Amia, giudica questa performance «eccezionale, frutto dell’amministrazione Tosi e del management aziendale. Un modello di riferimento per il resto del Paese». CA’ DEL BUE. Bene. Ma a fronte dell’ottimo risultato, ancor di più è lecito chiedersi in che modo l’inceneritore possa inserirsi in una logica di riduzione costante dei rifiuti indifferenziati. «Mi rallegro per i successi dell’Amia», interviene Paternoster, «e non c’è dubbio che la differenziata debba continuare a crescere. Per quanto riguarda Ca’ del Bue, che ricordo essere un’opera commissionataci dalla Regione, dico ciò che penso. Non possiamo realizzare l’impianto, mettendo a repentaglio soldi pubblici, senza la certezza di un conferimento costante con cui alimentarlo in futuro. Perché noi non andremo sicuramente a cercare i rifiuti in Meridione o, come paventato da qualcuno, in Bosnia. Questo è fuori discussione». E prosegue: «La Regione sta mettendo a punto un nuovo piano dei rifiuti, considerando la possibilità che i termovalorizzatori già attivi siano sufficienti per lo smaltimento. A questo fatto, si aggiunge la risposta negativa che abbiamo ricevuto dalle città vicine circa l’ipotesi di portare i loro rifiuti a Ca’ del Bue. Se i “no” saranno confermati, torneremo in Regione, ci siederemo attorno a un tavolo, e valuteremo seriamente il da farsi». Ma le temute penali da pagare in caso di annullamento dell’opera? «I vincitori dell’appalto non sono per niente contenti, ovviamente, ma si rendono conto che la situazione non è favorevole, né qui né altrove. Dovessero comunque farci causa, cosa che speriamo non avvenga, la Regione si troverebbe a dover pagare 4-5 milioni di penale. Ma non è colpa di nessuno. È la crisi».
Lorenza Costantino
23 Novembre 2024