Gli aumenti maggiori rispetto al 2007 registrati a Reggio Calabria e Lecco. Il rapporto, l’acqua italiana mai così cara (e un terzo si perde nelle tubature). Tariffe su del 33% in sei anni con record nelle città toscane secondo uno studio di Cittadinanzattiva
L’acqua che sgorga dai rubinetti italiani è sempre più cara. Negli ultimi sei anni le tariffe sono aumentate del 33%. Lo certifica l’indagine annuale realizzata dall’osservatorio prezzi e tariffe di «Cittadinanzattiva», che ha raccolto e messo assieme i dati (relativi al 2012) di tutti i capoluoghi di provincia. Viene fuori che le spese (rispetto alle cifre del 2007) sono raddoppiate o quasi a Benevento (+100%), Viterbo (+92,7%), Carrara (+93,4%) e più che raddoppiate a Reggio Calabria (+164,5%) e Lecco (+126%). In altre 35 città gli incrementi hanno superato il 40%. Aumenti consistenti si sono registrati anche nel raffronto tra il 2012 e l’anno precedente: i costi sono cresciuti, in media, su base nazionale, del 6,9%, con oltre 80 città che hanno visto le tariffe ritoccate all’insù. I numeri si riferiscono al servizio idrico integrato per uso domestico: acquedotto, canone di fognatura, canone di depurazione e quota fissa (o ex nolo contatori).
Il caro bollette viaggia più spedito al Centro (+47,1% rispetto al 2007, +9% sul dato del 2011). Seguono le regioni del Nord (+32,1% rispetto al 2007, +5,2% di rincaro sul 2011) e quelle del Sud (+23,8% sul 2007, +8,5% rispetto al 2011).
«CARENTI NEL SISTEMA DEPURAZIONE» – «In realtà – commenta Giorgio Pineschi, tecnico del ministero dell’Ambiente – l’Italia è tra i Paesi dell’area Ocse con le tariffe più basse. Gli aumenti di cui si parla spesso sono più che altro legati alla programmazione degli interventi sul territorio. Noi siamo ancora indietro nel settore della depurazione, mentre siamo a buon punto per approvvigionamento e potabilità dell’acqua».
SPESA MEDIA – La spesa media di una famiglia-tipo di tre persone, con un consumo annuo di 192 metri cubi di acqua, ammonta a 310 euro all’anno. La Toscana, con ben 8 città tra le prime 10 più care del Paese, si conferma la regione con le tariffe mediamente più alte (470 euro). Costi più elevati della media nazionale anche nelle Marche (403), in Umbria (392), in Emilia Romagna (388) e in Puglia (366). Ma capita di trovare grandi differenze tra le tariffe anche all’interno della stessa regione. L’esempio più evidente è la Calabria dove tra il canone pagato dagli abitanti di Reggio Calabria e quello versato dai residenti a Cosenza si registra un gap di ben 286 euro.
L’ACQUA PERSA – Capitolo a parte quello relativo alla dispersione idrica. Nel nostro Paese, secondo il rapporto «Legambiente-Ecosistema Urbano 2012», in media il 33% dell’acqua introdotta nelle tubature va persa. Il problema è particolarmente accentuato al Sud (43% di acqua che si «perde» lungo il tragitto) e al Centro (33%). Va un po’ meglio al Nord, dove le percentuali di acqua perduta sono inferiori alla media nazionale (26%). «La soluzione a questo problema – spiega Marco Mancini, docente di Costruzioni idrauliche del Politecnico di Milano – può essere rappresentata da una ricerca delle perdite d’acqua, non solo quelle fisiche ma anche quelle dovute agli allacci abusivi, e da lavori di ammodernamento degli impianti».
Nella poco invidiabile classifica delle città colabrodo spiccano L’Aquila (69% di dispersione idrica), Cosenza (68), Campobasso (65), Cagliari (63) e Latina (62). Seguono altre 9 città nelle quali almeno metà del liquido immesso nelle tubature – anche a causa di una manutenzione insufficiente delle condotte – va a finire non si sa dove: Gorizia, Trieste, Avellino, Pescara, Potenza, Grosseto, Matera, Palermo e Siracusa. Il Corriere della sera
23 Novembre 2024