Tra minori emissioni, nuovi posti di lavoro e risparmio sui combustibili fossili, le rinnovabili termiche in 4 anni hanno già prodotto benefici netti per 49 miliardi. Ne daranno altrettanti al 2030, creando anche 130mila nuovi posti di lavoro, spiega un nuovo studio. Perché ciò avvenga serve però stabilità normativa e più informazione.
Le rinnovabili convengono economicamente al Paese e nemmeno poco. Sia sul versante elettrico che su quello termico, il bilancio costi-benefici della scommessa sulle fonti pulite è decisamente favorevole: si parla di ricadute positive di decine di miliardi in pochi anni. Su queste pagine avevamo già raccontato di come le rinnovabili elettriche da qui al 2030 potessero portare al Paese un beneficio netto di circa 76 miliardi di euro. Ora, dallo stesso Osservatorio OIR di Agici che aveva realizzato quell’analisi, ne arriva una seconda, dedicata alla produzione di calore e raffrescamento, dalla quale le rinnovabili escono ancora meglio. Il beneficio, al netto dei costi, che le rinnovabili termiche possono portare al sistema Paese, infatti, al 2030 potrebbe toccare i 90 miliardi, dice lo studio del centro ricerche presieduto dal professor Andrea Gilardoni dell’Università Bocconi.
Per la precisione le rinnovabili termiche nel periodo 2008-2030 produrrebbero un guadagno netto per il sistema Paese di oltre 89,6 miliardi, anche considerando costi come gli incentivi e gli investimenti necessari, la domanda di biomasse e la perdita di occupazione nel settore delle fossili (vedi tabella a destra). Diverse e sostanziose infatti le voci dei benefici: per esempio, sul fronte dell’indipendenza energetica consentono di evitare il consumo di 9 miliardi di metri cubi di gas, ovvero “l’equivalente di quanto l’Italia importa dalla Libia”. In questo modo si alleggerirebbero le bollette degli italiani di 79 miliardi di euro. Ci sono poi le ricadute sulle filiera industriale e sull’occupazione: lo sviluppo delle rinnovabili termiche, stima lo studio, è in grado di generare oltre 130.000 nuovi occupati rispetto al 2011. Infine ci sono i benefici ambientali in termini di emissioni di gas serra e di altri inquinanti: solo per la CO2 fanno diminuire le emissioni di 17 milioni di tonnellate l’anno.
Lo studio OIR (vedi sintesi in allegato, pdf) usa il metodo della Cost-Benefit Analysis (CBA), una metodologia con gli ovvi pregi e limiti che derivano dalle difficoltà di stima di eventi futuri e dalla soggettività di molte valutazioni, puntualizzano gli autori, e sottolineano: “abbiamo adottato sistematicamente un approccio prudente: evitando di quantificare elementi eccessivamente aleatori; sviluppando una serie di simulazioni; esplicitando chiaramente le ipotesi sottostanti alle valutazioni accolte”. Lo studio inizia col mettere a fuoco i costi e i benefici per il Paese che le rinnovabili termiche hanno effettivamente generato nel periodo 2008-2011 e a partire da questi dati fa delle proiezioni al 2030.
Nonostante il mutevole contesto normativo, si rileva, le rinnovabili termiche sono molto cresciute nell’ultimo quadriennio. Solo per la nuova occupazione in quattro anni hanno portato entrate aggiuntive al Paese per oltre 41 miliardi, il risparmio di combustibili fossili che hanno prodotto ha invece alleggerito la bolletta di oltre 45 miliardi. Numeri impressionanti se rapportati ai circa 14 miliardi investiti per farle decollare: calcolando tutti i costi e tutti i benefici, dal 2008 al 2012 le rinnovabili termiche ci hanno già fatto guadagnare 49 miliardi di euro (vedi tabella a sinistra).
Se la proiezione fino al 2030, secondo la quale dovrebbero dare circa altrettanti benefici netti, si avvererà dipenderà ovviamente anche da come il settore verrà regolato e incentivato: un tema caldo in questo periodo di attesa per il decreto attuativo per la promozione delle rinnovabili termiche e dell’efficienza energetica. Quel che serve, si legge tra le righe del rapporto, non sono tanto incentivi più generosi, ma una stabilità del contesto normativo che finora è mancata (si pensi alla tormentata vicenda delle detrazioni del 55%, messe in discussione a scadenze regolari).
“Gli incentivi necessari per promuovere le FER termiche sono molto minori rispetto alle elettriche – osserva Gilardoni – anzi varie tecnologie sono già competitive. Serve piuttosto una capillare campagna di comunicazione presso le famiglie e la costruzione di strumenti finanziari per aiutarle nel caso decidano di passare a tecnologie più pulite. È necessario studiare anche misure ad hoc, come per esempio sconti sul prezzo dell’elettricità per chi utilizza pompe di calore per il riscaldamento. Per massimizzare le ricadute sul sistema Paese è necessario altresì che la filiera italiana continui lo sviluppo all’estero, già avviato con successo anni fa. Il focus deve essere sui grandi mercati emergenti: solo a titolo di esempio, in Cina sono stati installati 25 milioni di metri quadri di solare termico, l’80% del nuovo installato nel mondo”.
23 Novembre 2024