Lo evidenzia uno studio di Althesys presentato alla fiera Key di Rimini. Per lentezze burocratiche e ritardi rispetto ai partner europei, l’Italia è però ancora molto indietro nella transizione energetica
Alla fiera Key – The Energy Transition Expo a Rimini è stato presentato il rapporto della società di consulenza Althesys, Il governo del sistema, la chiave per la transizione.
Secondo lo studio, sviluppare la capacità produttiva di energie rinnovabili in misura maggiore rispetto a quanto previsto dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (Pniec) potrebbe ridurre significativamente le bollette per famiglie e imprese.
Stando alle stime, infatti, il risparmio sarebbe di circa 3 miliardi di euro per il periodo 2024-2030 e di 25,1 miliardi per il 2024-2035.
Da queste stime vanno esclusi i risparmi provenienti dalla riduzione della spesa di combustibili fossili, circa 1,2 miliardi per il periodo 2024-2030 e 5,1 miliardi per quello 2024-2035, e dei crediti Ets (enti del terzo settore), 1,7 miliardi per il 2024-2030 e 10,4 miliardi per il 2024-2035.
Le simulazioni dei benefici provengono dal Piano 2030 elaborato da Elettricità Futura, l’associazione di Confindustria che raccoglie le imprese del settore elettrico.
Attualmente, la bozza del Pniec prevede per il settore elettrico italiano una quota di rinnovabili sui consumi finali di energia pari al 65% da raggiungere entro il 2030. Ciò si tradurrebbe in una potenza installata di circa 131 GW e una produzione fonti di energia rinnovabili (Fer) di circa 228 TWH. Il piano è stato tuttavia giudicato troppo conservativo dagli operatori del settore.
Il piano elaborato da Elettricità Futura pone come obiettivo il superamento dei 140 GW di rinnovabili installati entro il 2030, innalzando la quota al 73%. Un traguardo ampiamente raggiungibile secondo lo studio.
Infatti, nel 2024 l’Italia potrebbe già ricavare la metà della produzione di energia elettrica nazionale dalle fonti rinnovabili.
Nel 2023 l’energia generata attraverso il termoelettrico rappresentava il 63% del totale, in calo del 17,4% rispetto all’anno precedente; di contro, la generazione da fonti green è aumentata del 20% rispetto al 2022, complice la spinta data da idroelettrico e eolico.
Ma le stime tengono conto anche di altri fattori, quali le conseguenze negative dei ritardi sull’implementazione del mercato degli stoccaggi, che sta aspettando le aste dedicate di Terna per il suo avvio.
Iniziando subito, i primi sistemi di accumulo elettrochimici inizierebbero a essere operativi dal 2026: in caso di ritardi, Althesys stima un disallineamento e perdite potenziali che porterebbero nel 2030 a un taglio della produzione di 20 TWh, pari a un valore di 1,5 miliardi nel periodo 2026-2030. E ancora, in caso di ritardi per quanto riguarda l’attuazione del decreto Fer X, deputato a regolare gli incentivi dei prossimi anni, si rischierebbero perdite per 5 GW di capacità produttiva entro il 2030; nel caso invece di carenze o ritardi nello sviluppo delle infrastrutture di rete, si provocherebbero tagli produttivi compresi tra 23 e 28 TWh, per un valore della produzione persa compreso tra 1,8 e 2,5 miliardi di euro.
Ma la crescita delle rinnovabili è molto più lenta di quanto non si possa pensare. Come testimonia l’ultimo rapporto di Legambiente, Scacco matto alle rinnovabili, in Italia sono stati installati solo 5.677 MW di nuove fonti rinnovabili, con una crescita che dista molto dai numeri necessari per raggiungere gli obiettivi climatici del 2030.
Eppure ci sono 1.376 progetti ancora in fase di valutazione, segno di un forte interesse. Legambiente ha identificato 63 casi simbolo di blocchi agli impianti, di cui 20 sono stati aggiunti nel 2024. Questi ostacoli vanno dalle preferenze delle amministrazioni locali per poli industriali a moratorie regionali o vincoli paesaggistici imposti da sovrintendenze.
A preoccupare è anche la scarsità dei grandi impianti realizzati: secondo i dati di Elettricità Futura, l’85% degli impianti eolici (per 487 MW) ha una taglia superiore ai 10 MW, ma dei 5.234 megawatt di fotovoltaico, il 38% degli impianti ha una potenza inferiore ai 12 kilowatt e il 78% è sotto il megawatt.
Tra le maggiori cause di questo lento sviluppo, spicca la burocrazia: i grandi impianti soffrono di ritardi significativi, mentre sono numerosi i progetti ancora in attesa di approvazione e le lunghe procedure autorizzative, i contenziosi e le moratorie regionali costituiscono ostacoli significativi sulla via verso la decarbonizzazione.
E, come sottolinea un altro studio di Legambiente (Comunità energetiche rinnovabili), dei ritardi burocratici ne risentono anche le Cer, le quali nonostante gli sforzi faticano ancora a decollare. a oggi, sono state realizzate solo 154 comunità, nettamente inferiori rispetto alle potenziali 400 stimate da Legambiente in cooperazione con altri enti e associazioni (tra cui Aess, Caritas, Enel X, il Comune di Roma e l’Università Sapienza di Roma) in condizioni di adeguate semplificazioni normative. Sulle 67 configurazioni realizzate a fine 2023, Piemonte, Veneto e Trentino-Alto Adige sono le regioni con il più alto numero.
Secondo una ricostruzione del Sole 24 Ore basata su dati Terna, nel 2023 la produzione netta di elettricità da Fer si attesta sul 43,8%, simile al 43,3% del 2014, sebbene sia cambiato notevolmente il peso dell’idroelettrico sulla generazione totale; fotovoltaico e eolico hanno infatti pesato rispettivamente per il 20,7% e il 27,2%, superiori complessivamente rispetto all’idroelettrico (33,9%), storicamente il simbolo della produzione di energia green in Italia.
Il dato, seppur positivo, è inferiore rispetto ai Paesi europei: dal 2010 al 2023, la Germania ha registrato un balzo dal 18% al 52,6% complice il progressivo azzeramento del nucleare e il dimezzamento del carbone, mentre Gran Bretagna e Spagna hanno raggiunto circa il 50% grazie alla netta riduzione dell’energia proveniente dal carbone, sostituiti dalle fonti green e dal gas naturale.
L’Italia, sebbene sia passata dal 27% al 43% in 13 anni, rimane tuttavia tra i Paesi europei maggiormente dipendenti dal gas naturale e, tra le rinnovabili, si registra una forte incidenza dell’idroelettrico la cui produzione è fortemente variabile a causa del cambiamento climatico. Inoltre, il nostro Paese produce solo 1,5 GW di eolico e fotovoltaico all’anno, contro una produzione di 2,8 GW dei britannici, di 3,6 GW degli spagnoli, fino ai 7,5 GW generati annualmente dalla Germania.
Il potenziale delle energie rinnovabili in Italia è estremamente elevato e i possibili benefici su famiglie e imprese sono evidenti. Allinearsi con i principali partner europei appare importante per conseguire la transizione energetica, fondamentale per mitigare gli effetti del cambiamento climatico e garantire uno sviluppo sostenibile.