L’energia solare fotovoltaica, negli ultimi anni, è diventata una tecnologia familiare: impossibile non aver notato, almeno una volta, la presenza dei pannelli sui tetti delle case o dei magazzini, oppure in grandi distese a terra. Il fotovoltaico in Italia, in effetti, si avvicina al momento ai 17 GW di potenza installata, ossia più o meno quanto 17 centrali nucleari, con una produzione energetica talmente importante che, ormai, le centrali a turbogas funzionano a metà delle loro potenzialità durante le ore diurne.
Se si pensa che, sino a sette anni fa, il contributo del solare al sistema elettrico nazionale era abbastanza vicino allo zero, è facile comprendere il passo in avanti compiuto da questa fonte energetica. Il balzo del fotovoltaico, però, non nasce dal nulla o da un’improvvisa passione degli italiani per l’energia pulita, ma dipende da una precisa ragione: il Conto energia fotovoltaico, ossia il sistema di incentivazione statale che, nelle cinque versioni che si sono succedute, ha assicurato la crescita del settore. Questo meccanismo, che premia con tariffe incentivanti l’energia prodotta dagli impianti fotovoltaici per un periodo di 20 anni, è diventato operativo con l’entrata in vigore dei Decreti attuativi del 28 luglio 2005 e del 6 febbraio 2006 (Primo Conto energia) ed ha sostituito con evidente successo i precedenti contributi statali a fondo perduto destinati alla messa in servizio dell’impianto. La rapida ascesa del solare italiano, come recita l’implacabile contatore fotovoltaico del Gse (Gestore dei servizi energetici), costa agli italiani, attraverso la componente fissa A3 della bolletta elettrica, ben 6,5 miliardi di euro l’anno.
Non si può però dimenticare come questi finanziamenti abbiano aiutato lo sviluppo di una filiera nazionale piuttosto importante, con circa 100.000 occupati diretti, soprattutto nell’ambito progettazione e installazione; una parte importante del contributo pubblico, inoltre, torna allo Stato con le tasse. Il peso del sostegno al fotovoltaico, però, è ormai ritenuto ai limiti dal Legislatore che ha infatti previsto, che, al raggiungimento del tetto di spesa di 6,7 miliardi di euro l’anno, il Conto energia si esaurisca. Gli impianti fotovoltaici, cioè, tra pochi mesi, probabilmente entro la prima metà del 2013, non dovrebbero più essere sostenuti direttamente dallo Stato, a meno di un improbabile varo di un sesto Conto energia.
Questo significa che, perché l’installazione di pannelli solari sia ancora conveniente, il costo di generazione elettrica di questa tecnologia dovrebbe essere perlomeno pari a quello dell’energia prelevata dalla Rete. Tecnicamente questa condizione viene detta di grid parity: è però difficile che, entro i prossimi mesi, il solare italiano possa raggiungere ovunque questo (atteso) traguardo. Probabilmente potrebbero riuscirci i piccoli impianti situati nelle Regioni più assolate del Paese (Sicilia, in testa) o le grandi centrali solari con una percentuale di autoconsumo molto elevata. Un’altra interessante possibilità che si sta sperimentando è quella dei Seu (Sistemi efficienti di utenza), che prevedono la possibilità di asservire un grande impianto fotovoltaico a una rete interna, tipicamente di un’industria. Per altre tipologie e latitudini, però, per la grid parity servirà ancora qualche tempo. Per evitare allora il completo collasso di un settore economico importante e strategico per il Paese è probabile che, come chiedono le associazioni di categoria, si studi una qualche forma di sostegno diretto, magari simile alle detrazioni fiscali del 55% per l’efficienza energetica, così da permettere un più rapido ammortamento delle spese per l’acquisto di un impianto.
di Gianluigi Torchiani-Sole24 Ore
22 Novembre 2024