“Pronti a dar battaglia contro una ingiustizia che rischia di spazzare via millenni di civilta’ contadina. La Puglia, patria della biodiversita’, non puo’ restare immobile”. Cosi’ l’assessore alle Risorse agroalimentari della Regione Puglia, Dario Stefano critica la sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue, che ha sancito il divieto di commercializzare sementi di varieta’ tradizionali che non siano iscritte nel catalogo ufficiale europeo. “Con questa decisione – spiega l’assessore Stefano – viene meno la salvaguardia della varieta’ delle piante antiche, l’unica alternativa a sementi industriali ed Ogm”.
L’iscrizione al catalogo ufficiale europeo, infatti, richiede un iter ed un lavoro anche di 12-15 anni ed un costo che puo’ raggiungere anche il milione di euro. Secondo Stefano “e’ evidente che un agricoltore non puo’ sobbarcarsi un onere di tale portata. E cosi’ l’antica pratica che ha permesso agli agricoltori di comprare e vendere sementi tradizionali, e dunque di tramandare le colture tipiche, quale risultato di millenni di selezione e di raffinata esperienza agricola, diviene reato. Ma rimane attivita’ lecita per poche, grandissime, aziende produttrici di sementi industriali. Il timore e’ che questa sentenza possa divenire un salvacondotto per le colture geneticamente modificate”.”Altro aspetto strano della vicenda e’ che la decisione della Corte di Giustizia europea – prosegue Stefano – va nella direzione opposta alla memoria del suo Avvocato Generale che rilevava come la registrazione obbligatoria di tutte le sementi nel catalogo ufficiale fosse una misura sproporzionata e violasse i principi della liberta’ di esercizio dell’attivita’ economica, della non-discriminazione e della libera circolazione delle merci”. “Il mio primo obiettivo – annuncia ancora l’assessore alle Risorse agroalimentari della Regione Puglia – sara’ quello di capire qual e’ stata e quale intende essere la posizione del Mipaaf e del governo italiano. In qualita’ di coordinatore della Commissione Politiche agricole coinvolgero’ subito i colleghi delle altre Regioni. Occorre subito attivare un lavoro con il Ministero per giungere a nuove norme di salvaguardia delle produzioni e delle agricolture tradizionali da parte del Parlamento europeo e della Commissione Agricoltura. Produzioni e agricolture che senza commercio delle sementi sparirebbero in brevissimo tempo”.
“E’ una battaglia di civilta’, prima ancora che politica – conclude Stefano – se pensiamo al lavoro straordinario che e’ stato fatto nel segno delle colture tipiche, della biodiversita’, delle produzioni tipiche, che oggi rappresentano il codice genetico e il vero scrigno dei nostri territori e delle nostre comunita’. La sentenza della Corte europea, e’ un colpo letale alla nostra cultura. Segna non uno, ma mille passi indietro rispetto al lavoro compiuto dagli Stati membri sulla base delle norme Ue per la valorizzazione delle produzioni di qualita’, Doc, Dop, Igp e scardina la strategia italiana sulle produzioni tipiche e tradizionali. Ma mette in crisi anche l’impianto della Politica Agricola Comunitaria attuale e post-2013 riguardante le specifiche misure agro-ambientali, che prevedono la tutela della biodiversita’ agraria”. (AGI)
22 Novembre 2024