La Robin Tax, l’addizionale Ires, ci sarà e colpirà anche le piccole e medie aziende che operano nel settore delle fonti rinnovabili, mentre spunta un regalo agli inceneritori costruiti negli ultimi otto anni. E’ quanto emerge dalla versione finale del cosiddetto ‘decreto del Fare’, pubblicato in Gazzetta.
La Robin Tax ci sarà e colpirà anche piccole e medie aziende che operano nelle rinnovabili, mentre spunta un regalo agli inceneritori costruiti negli ultimi 8 anni. Sono queste le due novità più importanti per quel che riguarda l’energia che emergono dalla versione finale del cosiddetto decreto del Fare, pubblicato in Gazzetta ieri (in allegato in basso il testo completo e l’articolo 5, sull’energia).
I timori che i risparmi sulla bolletta che il ministro Zanonato voleva ottenere andassero a pescare dalle rinnovabili, dunque, si sono rivelati in parte giustificati, mentre sembra che il Governo non abbia dato ascolto al ministro dell’Ambiente Andrea Orlando, che solo pochi giorni fa, il 17 giugno, assicurava pubblicamente che la Robin Tax nel nuovo decreto non ci sarebbe stata.
L’addizionale IRES detta appunto Robin Tax, da gennaio 2014 a 6,5 punti percentuali e attualmente applicabile a soggetti che abbiano conseguito nel periodo di imposta precedente ricavi oltre i 10 milioni di euro e reddito imponibile superiore a 1 milione, con il nuovo decreto sarà dovuta anche ad aziende medio-piccole: con ricavi sopra i 3 milioni e reddito imponibile sopra i 300mila (il testo entrato in CdM, ricordiamo, prevedeva limiti ancora più bassi cioè ricavi a 500.000 e imponibile a 80.000 euro).
Dall’estensione della Robin Tax, spiega la relazione tecnica allegata al d.l. si ricaverà un maggior gettito di 150 milioni di euro nel 2015 e 75 nel 2016. Soldi che – contrariamente a quanto sembrerebbe leggendo superficialmente il comma interessato – solo per un terzo andranno a ridurre le componenti A2 della bolletta (componente che riguarda le spese per lo smantellamento del nucleare in Italia): i fondi destinati a questo fine sono infatti calcolati “al netto della copertura finanziaria di cui all’articolo 61”, articolo che appunto destina gran parte dei proventi ad altri scopi.
Altra novità della versione finale del testo è un regalo agli inceneritori. Per spiegarlo occorre fare un passo indietro: come sappiamo, nel decreto si interviene sul metodo di calcolo degli incentivi per gli impianti Cip6, in pratica si è deciso di approfittare di quell’occasione di risparmio che Passera, come abbiamo raccontato, aveva deciso di non cogliere. Finalmente cioè si adeguerà il metodo di calcolo del costo de combustibile evitato, detto Cec, che determina l’ammontare dell’incentivo, basandolo sui mercati spot del gas e non più sul costo del greggio: secondo l’Autorità il nuovo metodo di calcolo farebbe risparmiare sugli incentivi il 7%.
Il nuovo metodo di calcolo però, come spiega la relazione tecnica, “non varrà per gli impianti di termovalorizzazione di rifiuti in convenzione Cip 6/92 che si trovino oggi nei primi 8 anni dell’esercizio in convenzione, dunque siano ancora nella prima fase di recupero dell’investimento effettuato” (comma 5 dell’ art.5). In considerazione “della particolare utilità sociale di tali impianti”, fino al completamento dei primo 8 anni di esercizio questi impianti – 7 inceneritori in totale tra cui quelli costruiti per fare fronte all’emergenza rifiuti e per questo ammessi al CIP6 – continueranno a ricevere un incentivo più generoso perché calcolato col vecchio metodo, basato su un paniere in cui i prodotti petroliferi pesano per il 60%, anziché col nuovo, basato sul mercato del gas all’ingrosso.
Resta infine anche in questa versione del d.l. la cancellazione del ritocco al rialzo per gli incentivi ai biocombustibili liquidi, previsto dalla Legge 24 Dicembre 2012 n. 228, che avrebbe consentito, a patto di ridurre la produzione, di avere incentivi maggiorati a tutti gli impianti esistenti da “bioliquidi sostenibili”.
Il primo commento che riceviamo riguardo alla novità più impattante per il mondo delle rinnovabili, l’estensione della Ronin Tax, è quello di Simone Togni, presidente di ANEV, l’associazione dell’eolico italiano: “Il Governo Letta ha recentemente dichiarato che le rinnovabili sono una priorità del programma e ha confermato gli obiettivi della SEN che prevedono al 2020 una crescita significativa delle stesse. Oggi invece di spingere su questo settore con politiche di semplificazione, è stata estesa la Robin Tax anche agli impianti eolici di piccole e medie dimensioni. Questo provvedimento rischia di creare gravi ripercussioni sui modelli finanziari di questi impianti con danno occupazionale ed industriale. Ricordo che gli imprenditori dell’eolico si sono visti escludere dalla possibilità di effettuare investimenti privati per 850 milioni di € nell’asta appena conclusa per una limitazione del contingente che non ha senso vista la necessità di sviluppo che oggi il nostro Paese cerca disperatamente. La ulteriore tassa decisa in questi giorni rischia seriamente di far saltare le iniziative in corso e di affossare definitivamente un comparto industriale nazionale come l’eolico che oggi da da lavorare a 37.000 occupati in Italia”.
Critico anche con l’aiuto agli inceneritori Agostino Re Rebaudengo, presidente di APER, all’associazione produttori energie rinnovabili: “Sembra incredibile ma purtroppo l’Italia anche nei momenti più difficili non si ravvede. Il CIP6 nato per favorire lo sviluppo delle fonti rinnovabili è stato utilizzato, con lo stratagemma delle ‘fonti assimilate’, in gran parte – oltre 80% – dalle industrie inquinanti per produrre energia elettrica dagli scarti dei loro processi di lavorazione. Nell’appena pubblicato decreto viene adottato un nuovo criterio di indicizzazione ovviamente punitivo (decisione di per sé non corretta) ma, attenzione attenzione, il cambio del criterio di indicizzazione ‘magicamente’ non si applica per gli inceneritori. Insomma, anziché togliere il peso del CIP6 dalla bolletta elettrica per le fonti assimilate e gli inceneritori, si fanno, sempre in bolletta elettrica figli (gli inceneritori) e figliastri (le fonti rinnovabili a cui si riconoscerà di meno). Non sembra vero ma è così.”
Qualenergia
24 Novembre 2024