L’industria del riciclo dei rifiuti si conferma pilastro della circular economy. Il riciclo degli imballaggi registra un +2% nel 2014 . Ecco le filiere più green
L’Italia dà prova di essere un Paese sempre più riciclone. Nonostante la contrazione dei consumi e della produzione industriale, secondo i dati del rapporto L’Italia del Riciclo, continua a crescere in termini assoluti il riciclo degli imballaggi. L’industria specializzata nella “seconda vita” dei materiali si conferma, così pilastro della circular economy.
Il rapporto – promosso e realizzato da FISE Unire (l’Associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – è un appuntamento annuale fondamentale per tastare il polso della situazione di un settore, quello della seconda vita dei rifiuti, che può essere una vera e propria fonte di “petrolio” a km zero per il Belpaese. In base ai dati forniti, il quadro che ne emerge è sicuramente positivo anche spaziando nelle diverse filiere: dal comparto degli imballaggi, ai RAEE, dalla gestione della frazione organica e agli pneumatici.
In termini assoluti il riciclo degli imballaggi registra un +2% nel 2014 (nel 2014 il 66% è stato avviato a riciclo) pari 7.808 milioni di tonnellate riciclate contro le 7.642 del 2013 e le 7.562 del 2012. L’incremento riguarda tutte le singole filiere con punte d’eccellenza nel tasso di riciclo in comparti come carta (80%), acciaio (74%), alluminio (74%) e vetro (70%), mentre la crescita più significativa la registra il legno (+10% da 1,4 mln di tonnellate a 1,539). Segno positivo per la raccolta differenziata della frazione organica con 5,7 milioni di tonn. e +9,5% rispetto al 2013; salgono i numeri delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) raccolte (+3% rispetto al 2013) che raggiungono la quota pro-capite nazionale di 3,81 kg per abitante, di poco inferiore alla soglia di 4 kg fissati come target a fine 2015 (ma nei prossimi tre dovrà essere raccolta una quantità più o meno tripla); si avvicina agli obiettivi europei il tasso di reimpiego e riciclo dei veicoli fuori uso, che raggiunge l’80,3% (ma è il recupero energetico a mancare l’obiettivo). Buoni i segnali registrati dal riciclo degli pneumatici con 129.000 tonn. recuperate e da quello dei rifiuti tessili che aumenta del 12% con 124.000 tonnellate e dagli oli e grassi vegetali e animali raccolti nel 2014 hanno registrato un incremento del 14% rispetto a quanto raccolto nel 2013.
“Per raggiungere gli ambiziosi obiettivi sui cambiamenti climatici appena concordati a Parigi, il riciclo di materia può svolgere una funzione fondamentale dovuta al risparmio di energia nella produzione di materie prime e quindi alle emissioni di CO2 evitate. Per far questo è necessario scoraggiare lo smaltimento in discarica e migliorare la qualità dei materiali raccolti, nonché razionalizzare e semplificare il contesto normativo. Anche in considerazione della discussione sul nuovo pacchetto sull’economia circolare, è necessario superare i punti non chiari e conflittuali fra le diverse legislazioni, in modo da agevolare il riciclo di materiali che non comportano rischi ambientali effettivi”, ha commentato Anselmo Calò, Presidente di UNIRE.
“Sia pure in modo non omogeneo, perché permangono zone di arretratezza in alcune Regioni, il sistema del riciclo dei rifiuti in Italia è ormai decollato con numeri di livello europeo.”, ha affermato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile,“Ora però, con le modifiche proposte dalla Commissione europea a tutte le Direttive sui rifiuti e, a fronte dei nuovi obiettivi di riciclo più impegnativi al 2025 e al 2030, sarà necessario recuperare anche le zone ancora arretrate, aumentare e migliorare le raccolte differenziate, procedere a rafforzare industrializzazione e innovazione nel settore”.
I punti critici? Il documento sottolinea come, per migliorare ulteriormente le performance dell’industria del riciclo, sia necessario anche ridurre i costi amministrativi e burocratici e combattere le illegalità in modo efficace. Come evidenzia il Rapporto, “bisogna facilitare l’applicazione delle norme in maniera omogenea sul territorio nazionale, sostenere le imprese per migliorare l’accesso al credito ed ai fondi europei, alleggerire gli oneri burocratici del settore, semplificare gli iter autorizzativi ed emanare i regolamenti e le norme tecniche mancanti, tenendo conto anche delle nuove proposte di modifiche della Commissione europea”. Secondo le stime della Commissione, infatti, il Pacchetto sulla circular economy – approvato in Italia lo scorso 2 dicembre – porterà nell’Unione Europea, al 2030, ad un risparmio di 600 miliardi di euro, alla creazione di 580.000 posti di lavoro e alla riduzione delle emissioni di carbonio di 450 milioni di tonnellate all’anno.
Tra le novità del rapporto 2015 il focus sulle dinamiche di import / export dei rifiuti. Tra il 2009 e il 2014, si è registrata una crescita del 60% dei rifiuti importati, mentre quelli esportati sono aumentati del 10%. Nel 2014 i rifiuti di origine urbana e industriale movimentati attraverso i confini italiani hanno raggiunto quasi quota 10 milioni di tonnellate, 5,9 dei quali importati e 3,8 esportati. Andando ad analizzarne la composizione, il 77% dell’import è costituito da metalli, in larga parte di tipo ferroso, ai quali fa seguito il legno (11% sul totale importato). Per quanto riguarda invece l’export, il 24% del totale in uscita è formato da plastica e carta, ma la maggior parte dei rifiuti spediti all’estero, intorno al 60%, non rientra in nessuna delle tradizionali filiere merceologiche come le ceneri di carbone per quasi 680.000 t., i rifiuti da desolforazione di fumi (225.000 t.) e rifiuti pericolosi stabilizzati (circa 200.000 t). Tra gli altri rifiuti con quantità esportata superiore a 100.000 t., si trovano inoltre rifiuti non pericolosi da trattamento meccanico di rifiuti, materiali di costruzione contenenti amianto e miscugli contenenti almeno un rifiuto pericoloso.I rifiuti importati vengono avviati a recupero di materia pressoché nella totalità dei casi, mentre quelli spediti all’estero risultano destinati a operazioni di recupero per il 70%.
Dal raffronto tra import ed export, emerge come 450.000 tonnellate di rifiuti importati (circa l’8% di quelli trasportati nel nostro Paese per essere trattati) equivalgano, per volume e tipologia, a rifiuti italiani spediti all’estero, con costi per noi spesso, purtroppo, esorbitanti. Secondo il report, l’esportazione è legata, in parte, a deficit impiantistici soprattutto per la gestione dei pericolosi e, in parte, a una maggiore convenienza economica.
Letizia Palmisano
24 Novembre 2024