Il rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente “Circular Economy in Europe” indica alcuni settori strategici per la transizione che richiede cambiamenti fondamentali in molti settori dell’attuale sistema socio-economico190-16 Le 4 aree trainanti per la crescita dell’economia circolare in Europa
Il rapporto “Circular Economy in Europe” indica alcuni settori strategici per la transizione verso il nuovo modello economico circolare, quali:
1.i nuovi modelli di business
2.l’eco-design
3.il riuso e la riparazione
4.la prevenzione dei rifiuti
Secondo l’Agenzia europea per l’ambiente i nuovi, o innovativi, modelli di business sono quelli legati ai servizi ed alla fruizione di beni più che alla proprietà degli stessi e si distinguono in:
•servizi orientati al prodotto, che sono centrati sulla vendita di prodotti, ma attenti ai servizi aggiuntivi quali manutenzione e ritiro del prodotto;
•servizi orientati al fruitore (user-oriented), che si sostanziano nei contratti di locazione, condivisione e messa in comune. Tutte le forme di utilizzo condiviso, come lo swapping, il baratto, lo scambio o il leasing di prodotti, di attività e simili, sono state a lungo praticate su scala locale, ma oggi si sono sviluppate in una dimensione diversa attraverso i mercati on line.
Nel settore dei rifiuti, tra le colonne portanti dell’economia circolare, i modelli di business innovativi sono quelli volti ad utilizzare i rifiuti come una risorsa. In questo modo si promuovono i settori ed i cicli collegati alla creazione di mercati di materie prime secondarie con conseguente riduzione dell’uso di energia e di materie prime.
Dal punto di vista economico, questi modelli possono aumentare la fidelizzazione dei clienti, ampliare la quota di mercato attraverso la differenziazione del prodotto e dare maggiore valore ai prodotti usati riducendo i costi dei beni acquistati, cosiddetti “di prima mano”. Inoltre, questi modelli di business, basati sui servizi, offrono trasparenza ai clienti sui costi nell’intera fase di utilizzo del bene o del servizio.
L’eco-design è visto dall’Agenzia europea come un “attivatore” importante dell’economia circolare, ma, poiché il sistema economico attuale non lo premia, la politica dovrà fornire i necessari incentivi per migliorare la circolarità dei prodotti, estendendo la durata dei beni e prevedendo la loro riparazione, riutilizzo e riciclo.
Nell’ecodesign si possono distinguere due approcci:
•riprogettazione del prodotto prevedendo miglioramenti dei prodotti esistenti,
•progettazione di nuovi prodotti.
Se i prodotti sono progettati per durare di più e per essere riparati o ammodernati con facilità sia dagli stessi possessori che dai riparatori professionisti, il valore del bene si mantiene per un tempo più lungo rispetto a tutti quei prodotti che vengono scartati in breve tempo.
Dal punto di vista ambientale, poi, l’eco-design può contribuire a disaccoppiare la crescita economica dal consumo di risorse attraverso un minore uso di materiali e di energia, garantendo tassi di riciclaggio più elevati e minore produzione di rifiuti.
Il riuso e la riparazione sono anch’essi considerati “attivatori” dell’economia circolare. Questi si sono recentemente affermati, soprattutto grazie ai mercati dei prodotti “di seconda mano” ed alle comunità on-line di riparazione. Iniziative, come i caffè dove si riparano gli oggetti accanto al boom del mercato su internet degli oggetti usati, sono spesso supportate dalla nascita a livello locale o regionale di network del riuso e dall’affermarsi di regole che stabiliscono gli standard vincolanti di qualità e sicurezza dei prodotti di seconda mano.
Lo sviluppo di questo settore può garantire posti di lavoro a persone impiegate in ambito artigianale e nella piccola impresa; inoltre, grazie al mercato del riuso, le persone con risorse limitate possono comunque ottenere merci che non avrebbero altrimenti potuto permettersi.
Vi è anche una dimensione globale legata al riuso: alcuni prodotti, inclusi quelli elettronici, tessili, auto, vengono esportati verso i paesi in via di sviluppo, dove i beni usati sono molto richiesti.
Con riferimento, infine, alla prevenzione dei rifiuti, quest’ambito, tra i primi, è stato indicato come portante per l’affermarsi dell’economia circolare. La Direttiva rifiuti richiedeva agli Stati membri di adottare programmi di prevenzione della produzione di rifiuti a partire dal dicembre 2013.
L’obiettivo è quello di ridurre i rifiuti ma anche diminuire l’esigenza complessiva di materie prime ed evitare la produzione di rifiuti, ma anche di emissioni, che si creano lungo il ciclo di vita del prodotto.
La prevenzione dei rifiuti può infatti avere luogo
•nella fase di produzione, migliorando l’efficienza dei materiali, usando processi che generano meno rifiuti e con prodotti e servizi innovativi,
•nella fase della distribuzione, con una buona pianificazione degli approvvigionamenti e delle scorte, con strategie di marketing antispreco, che evitano pratiche che tendono a generare rifiuti, disincentivando l’acquisto di alimenti non necessari ed utilizzando meno imballaggi,
•nella fase di consumo, utilizzando prodotti che creano meno rifiuti, mantenendo in vita per più tempo possibile i prodotti, riparandoli, condividendoli o riducendone il consumo.
Nonostante il suo potenziale indiscusso, il settore della prevenzione dei rifiuti sembra essere uno dei più impegnativi, in quanto interagisce con una vasta gamma di aree politiche ambientali, e non, e copre una vasta gamma di attività diverse.
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24 Novembre 2024