L’intera filiera della moda comprende non solo l’industria tessile, dell’abbigliamento, della pelletteria e della calzatura, ma anche la produzione di materie prime e la produzione di indumenti. Tutto questo comporta lunghe catene di fornitura e produzione ad alta intensità energetica; ovvero enorme “contributo” alle emissioni di gas serra in atmosfera.
Con la Carta per la Moda Sostenibile, le multinazionali della moda comprendono non poter più rinviare una concreta attenzione all’ambiente. Del documento si è fatta promotrice Stella McCartney. È stato lanciato il 10 dicembre scorso a Katowice, in Polonia, al vertice delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici, e porta la firma, per ora, di 40 grossi marchi internazionali tra cui Adidas, Burberry, Esprit, Guess e Gap, Stella McCartney, H&M Group, Kering Group.
Un documento impegnativo, che come obiettivo iniziale prevede la riduzione delle emissioni aggregate di gas serra del 30% entro il 2030, oltre ad immediate misure concrete, come l’eliminazione graduale delle caldaie a carbone o di altre fonti di riscaldamento e produzione di energia a base di carbone presso i propri stabilimenti e quelli dei fornitori diretti, a partire dal 2025. Oltre alla decarbonizzazione della fase di produzione, i firmatari si impegnano nella selezione di materiali rispettosi del clima e sostenibili, al trasporto a basse emissioni di carbonio, ma anche ad accompagnare i consumatori alla consapevolezza su certe problematiche. Per raggiungere modelli di business circolari, è indispensabile alimentare la collaborazione con la comunità finanziaria e i responsabili delle politiche. Cosicchè da raggiungere, in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, l’obiettivo di emissioni zero entro il 2050.
Moda sostenibile: in Italia
Intanto, accanto ai grandi documenti internazionali, teniamo d’occhio le buone pratiche nel nostro Paese. Come gli abiti in lana rigenerata di Rifò, giovane brand pratese della moda ecosostenibile. Lo scorso anno i creatori di Rifò, Niccolò Cipriani e Clarissa Cecchi, hanno lanciato Sustainable Wear Project, progetto che punta alla sostenibilità ambientale. L’azienda pratese è infatti in grado di trasformare scampoli di tessuto e vecchi abiti in nuovi indumenti che conservano le stesse qualità dei prodotti originali, riducendo, rispetto a un capo nuovo, del 90% l’uso di acqua, del 77% quello dell’energia, del 90% i prodotti chimici, del 95% le emissioni di CO2 e del 100% l’uso di coloranti. Il processo meccanico e artigianale utilizzato da Rifò si è sviluppato a Prato più di 100 anni fa. E quest’anno ha debuttato a Pitti Uomo, presentando la prima collezione di abiti interamente in lana rigenerata.
Uno sguardo alla Capitale, alle creazioni e ai lavori ideati dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Alta Roma 2019. Domenica 27 gennaio il presidente Mario Alì e la direttrice Tiziana D’Acchille hanno aperto le porte della storica sede di via Ripetta per animare aule e laboratori dell’Accademia con opere, installazioni e performance site specific dei progetti degli studenti dei corsi di Fashion Design di primo e secondo livello in Culture e tecnologie della moda. Da tenere d’occhio: le stampe serigrafiche su tessuto realizzate nel laboratorio di Serigrafia con la collaborazione di Letizia Rigucci, tecnico di laboratorio, per il progetto TEXTURE!, a cura di Edelweiss Molina, docente di Design Accessorio e Design del Gioiello e Marilena Sutera, docente di Serigrafia. E la suggestione degli abiti scultura ottenuti riciclando l’alluminio, per il progetto LUX (Progetto Napoli Eden), curato dagli studenti del terzo anno del corso di Fashion Design della prof. Graziella Pera. Il titolo: Metafora di una rinascita. La trasfigurazione dello scarto: il riciclo dell’alluminio negli abiti scultura”
21 Novembre 2024