Il premio Giovedì in Campidoglio a Roma sarà presentato il bando di concorso per la terza edizione. Gli esempi Raccolta differenziata all’85% a Capannori (Lucca), risparmio energetico a Padova, «matrimoni a mezzanotte» a Cassinetta (Milano)
La gara dei Comuni a cinque stelle
Dalla bioedilizia alla finanza etica, al «car sharing»: come unire vantaggi economici e sviluppo sostenibile
Si possono chiamare in molti modi: Comuni «a 5 stelle», amministrazioni «virtuose». Oppure, più ottimisticamente, l’Italia del futuro. Nel 2005 erano in quattro: sindaci-amici che volevano, come in una canzone di Gino Paoli, cambiare se non il mondo, perlomeno quei pezzetti del nostro Paese che cadevano sotto la loro amministrazione. Oggi sono decine, forse centinaia. Per capirlo, bisognerà aspettare i risultati del bando per la terza edizione del Premio nazionale dei Comuni a 5 Stelle — nelle prime due, sul podio erano saliti Ponte nelle Alpi (Belluno) ed, ex aequo , Mezzago (Milano) e Avigliana (Torino)—: da pochi giorni online , sarà presentato ufficialmente dopodomani, in Campidoglio. E non è un caso, forse, che a fare gli onori di casa sia il Comune di Roma. Ha quasi il sapore di un riconoscimento istituzionale, per un’esperienza nata dal basso, a costo praticamente zero e con un solo obiettivo: mettere in rete le «buone pratiche» degli enti locali che lavorano per ridurre gli sprechi e l’impatto ambientale, migliorando al contempo la qualità della vita dei cittadini. Ecco, l’idea dell’Associazione dei Comuni virtuosi ( www.comunivirtuosi.org ) sta tutta qui. I suoi 22 soci — ma anche le altre amministrazioni che, pur senza farne formalmente parte, hanno deciso e decideranno di concorrere — sono impegnati nella riduzione della loro «impronta ecologica », vale a dire la quantità di superficie terrestre necessaria per rigenerare le risorse consumate da chi vi abita e smaltire i rifiuti da loro prodotti.
È in questa direzione che si muovono le iniziative dei Comuni virtuosi. Si parte, come è ovvio, dalla gestione del territorio: dalla scelta più estrema (la «cementificazione zero» scelta nel 2007 da Cassinetta di Lugagnano, in provincia di Milano), alla bioedilizia e al recupero di aree dismesse. Poi c’è l’«impronta» della macchina amministrativa: strategie mirate per migliorare l’efficienza energetica degli uffici, progetti di «acquisti verdi», mense biologiche. Altro capitolo fondamentale, i rifiuti: l’obiettivo massimo è la «strategia rifiuti zero» di Capannori (Lucca), già all’85% di raccolta differenziata, senza sottovalutare i progetti più semplici, di riduzione e riuso del materiale di scarto. Per i Comuni più grandi — ma è una linea seguita anche da Morbegno, in Valtellina, neanche 12mila abitanti — c’è la sfida della mobilità sostenibile, dai biocombustibili al car-sharing . Infine, i «nuovi stili di vita», dall’autoproduzione alla finanza etica.
Tutto rigorosamente sostenuto, guidato, sovvenzionato dai Comuni. «Ed è questa la dimensione più innovativa. Veniamo sempre posti di fronte a un bivio: sostenere l’ambiente o l’economia, l’efficienza o l’occupazione? L’esperienza dei ‘virtuosi’ dimostra che possono benissimo coesistere vantaggi economici per il territorio e coesione sociale, tutela dell’ambiente e dei posti di lavoro». Michele Dotti è coautore de L’anticasta , libro- dvd sull’«Italia che funziona» ( www.anticasta.it ). «Un viaggio di oltre 3 mila chilometri, ispirato dalle realtà conosciute a Capannori, per la seconda edizione del Premio — spiega —. Ho scoperto così che queste esperienze sono diffuse ovunque, dal Trentino alla Sicilia, in centri piccolissimi come in città da 200 mila abitanti». Un censimento per forza di cose incompiuto, che dell’Italia tratteggia un ritratto inaspettato.
C’è Padova con il suo piano di risparmio energetico, che prevede un «taglio» annuale alla bolletta comunale di oltre 600 mila euro (senza contare la riduzione di emissioni di Co2, -4.318 tonnellate all’anno). C’è il progetto «Cambieresti?» del Comune di Venezia, che nel 2005 era riuscito a coinvolgere migliaia di famiglie nel tentativo di modificare lo stile di vita quotidiano: ridurre il fabbisogno energetico delle case, passare dall’acqua in bottiglia a quella di rubinetto… Perché giocare in grande si può, eccome: lo ha dimostrato, per dire, una metropoli come San Francisco, capace di sfondare il tetto del 70% di raccolta differenziata. «Ma in Italia — interviene Marco Boschini, l’altro autore de L’anticasta — esistono anche mini progetti originali e innovativi, come la differenziata porta a porta, a dorso d’asino, del Comune palermitano di Castelbuono; oppure, nella stessa Cassinetta, il sindaco che per aumentare gli introiti (senza impatto ambientale) si è inventato i ‘matrimoni a mezzanotte’, a tariffario speciale, nelle ville restaurate dal Comune…». Sul micro è più semplice, forse. Sul grande, però, i vantaggi sono ancora più impressionanti.
Si inventa, si sperimenta, alla fine si fa il punto. Insieme. Marco Boschini sa di cosa parla: assessore a Colorno (Parma), è coordinatore dell’Associazione dei Comuni virtuosi e, di fatto, tra i suoi membri più attivi. Il lavoro non manca, «entro la prossima settimana spediremo il dvd ai sindaci di tutti gli 8.101 Comuni italiani, invitandoli a partecipare al premio e a mettere in atto alcune delle buone pratiche che stiamo raccogliendo. È la prima grossa iniziativa che facciamo: il primo anno i partecipanti erano una ventina con circa 40 progetti, l’anno scorso 50 con 150 progetti, ora chissà». Il passaparola è andato ben oltre gli effetti auspicati; quei quattro sindaci-amici al bar — per essere precisi, i primi cittadini di Colorno, Melpignano (Lecce), Monsano (Ancona) e Vezzano Ligure (La Spezia) — sono riusciti a creare un movimento che ha attirato l’attenzione di centinaia di migliaia di addetti ai lavori. «Nel sito — spiega Gianluca Fioretti, attuale sindaco di Monsano e presidente dell’Associazione — ci sono ormai decine e decine di progettazioni, con tanto di delibera di giunta o di consiglio, cui ogni Comune può liberamente attingere. E copiare». Per esempio, il porta-a-porta «spinto» di Monsano, che è al 65-70% di differenziata e fa parte del centinaio di Comuni certificati Enas, uno strumento della Comunità europea che aiuta gli enti a migliorare le prestazioni ambientali.
Progetti concreti, seguiti dallo stadio embrionale alla messa a punto burocratica; un serbatoio di buone pratiche in campo ambientale, «economicamente vantaggiose per il territorio». Quasi 400 mila contatti in un anno e mezzo. «L’aspetto di ‘messa in rete’ — commenta Dotti — è fondamentale, la partecipazione è la chiave di volta di questa esperienza e di altre simili, dai Comuni solidali alle Città del Bio… L’ambizione è che si passi dallo stato di ‘oasi’ isolate a quello di ‘valanga’. Anche in verticale: se la differenziata porta a porta mostra i suoi frutti, anche in termini di risparmio e posti di lavoro, a un certo momento dovrà diventare legge…». Per Boschini, nel futuro del movimento c’è anche l’estero, le esperienze europee. In Italia, intanto, il prossimo passo è già pronto: «Una scuola itinerante, in cui gli amministratori verranno a spiegare nel concreto i progetti realizzati. Ci sposteremo su tutta la Penisola, facendoci ospitare dai nostri soci ». Per ammortizzare i costi dei partecipanti. E ridurre al massimo la loro «impronta » sul pianeta.
Gabriela Jacomella
gjacomella@corriere.it
L’assessore di Ponte nelle Alpi (Belluno)
«Dalla voglia di non rispondere sempre no nasce lo sforzo di trovare soluzioni dal basso»
«All’inizio c’è stato il comitato contro la discarica da un milione di metri cubi, progettata dalla Provincia. Poi, però, è subentrata la voglia di dimostrare che ci potevano essere soluzioni diverse. Insomma: dopo aver detto molti no, ci siamo chiesti se fosse possibile dire anche dei sì». Usa parole semplici, l’assessore all’Ambiente Ezio Orzes, per raccontare le tappe dell’avventura che ha portato Ponte nelle Alpi, un paesino da 8.500 abitanti nel cuore delle Dolomiti bellunesi, a vincere l’edizione 2008 del Premio Comuni a 5 Stelle.
Dalla sindrome Nimby, «not in my backyard» (non nel mio cortile), alla riprogettazione dal basso del cortile stesso…
«Dal basso e, soprattutto, partecipata. Dopo il comitato è nata la lista civica, con al centro l’attenzione alla raccolta rifiuti, al risparmio energetico, a una diversa gestione amministrativa. L’aspetto significativo è che alcuni di questi progetti sono cresciuti nel confronto con la città: ad esempio, quello della raccolta differenziata è migliorato perché sul territorio abbiamo tenuto più di venti assemblee. È la gente che si chiede, insieme, qual è la strada migliore da scegliere; i cittadini sanno riconoscere le prospettive di futuro, e l’orgoglio, il senso di appartenenza aumentano».
Però questi progetti richiedono anche sacrifici e investimenti; l’orgoglio, da solo, forse non basta.
«Certo che no. Ma la percezione secondo cui queste sono pratiche di rinuncia, di ritorno al passato, va sfatata. Al contrario: si possono offrire servizi migliori a costi inferiori. Ad esempio, il progetto di cui dicevamo: nel 2007, avevamo costi elevati e risultati insufficienti; solo il 23% dei rifiuti era effettivamente differenziato ».
Oggi, invece, siete all’80%, con un guadagno di 450 mila euro all’anno sui costi di smaltimento. Come ci siete arrivati?
«Abbiamo capito che il porta a porta era il metodo che avrebbe consentito i risultati migliori. Da qui, un piano industriale con l’acquisto dei contenitori e una grande campagna di comunicazione. Poi, una schedatura dei negozi per capire tipologie e quantità dei rifiuti prodotti. A ciascuno sono stati dati contenitori adeguati e un calendario annuale di raccolta. I vecchi cassonetti e le campane sono rimasti per due settimane, poi li abbiamo rimossi. Nelle aree recuperate, gli stessi cittadini hanno organizzato feste, messo fioriere».
D’accordo, ma i costi?
«Che la raccolta differenziata sia più cara è un altro luogo comune. Noi abbiamo ridotto i costi dell’11,6% nel 2008, e nei prossimi due anni prevediamo un ulteriore calo del 15%. I rifiuti che finiscono in discarica sono diminuiti dell’88%, tutto il resto (compresi 22 tipi di plastiche diversi, lavorati dal Centro riciclo di Vedelago) lo vendiamo. Il consumo di fonti fossili si è ridotto e abbiamo aumentato l’occupazione: da 5,4 a 11 persone. E i cittadini spendono meno».
Buone pratiche, dunque, uguale risparmio ma anche innovazione, lavoro.
«Certo. Noi le stiamo applicando anche sul fronte energia: oggi su un lampione è possibile risparmiare oltre il 50%, lo sa? Abbiamo fatto un’analisi energetica delle strutture comunali, la scuola media è già autonoma grazie al fotovoltaico e i ragazzi possono vedere su un tabellone quanto si produce e quanto si consuma, quanta Co2 viene ‘risparmiata’. Pensi alle possibilità di un progetto così su scala nazionale. È per questo che l’esperienza dei ‘Comuni virtuosi’ è importante: perché dimostra che si può fare. Con pragmatismo e concretezza».
Ga. Ja.
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22 Novembre 2024