Una ricerca di The European House – Ambrosetti, commissionato da Erion sottolinea le valenze economiche e perfino geopolitiche dei Raee in una fase critica per il procurement di materie prime.
Produzioni industriali per un valore di 554 miliardi di euro (un terzo del Pil italiano) dipendono da materie prime importate da Paesi esterni all’Unione Europea e quindi potenzialmente a rischio. Dalla Russia per esempio l’Italia importa il 35% del palladio, il 33% del rodio, il 28% del platino e l’11% dell’alluminio. Con queste materie prime l’industria italiana produce beni per 107 miliardi di euro.
Eppure queste materie prime sarebbero ampiamente disponibili in Italia, estraibili dai Raee. Una completa ed efficiente strategia di riciclo, oltre ai ben noti benefici ecologici, donerebbe all’industria italiana flessibilità nel procurement e minore dipendenza dalle variabili geopolitiche.
È quanto emerge dallo studio di The European House – Ambrosetti, commissionato da Erion – il più importante Sistema multi-consortile italiano di Responsabilità Estesa del Produttore per la gestione dei rifiuti associati ai prodotti elettronici – che per la prima volta ha mappato tutti i settori industriali nei quali tali materie prime sono coinvolte. Nello specifico, nel nostro Paese, ben 26 CRM su 30 sono indispensabili per l’industria aerospaziale (87% del totale), 24 per quella ad alta intensità energetica (80%), 21 per l’elettronica e l’automotive (70%) e 18 per le energie rinnovabili (60%). Un settore, quest’ultimo che con la transizione ecologica ed energetica è destinato a forti potenziali di crescita della domanda di materie prime critiche, essenziali allo sviluppo dell’industria dell’eolico, del fotovoltaico e della mobilità elettrica.
“Lo studio fa emergere con chiarezza la sempre più crescente importanza strategica delle materie prime critiche, testimoniata anche dal fatto che la Commissione Europea ne identificava 14 nel 2011, numero salito a 30 nell’ultimo censimento del 2020” – ha dichiarato Lorenzo Tavazzi, partner The European House-Ambrosetti – “Le materie prime critiche, oltre a essere fondamentali per numerose attività industriali, sono anche un prerequisito essenziale per lo sviluppo di settori innovativi e ad alto potenziale, in quanto utilizzate nelle turbine eoliche, nei pannelli fotovoltaici e nelle batterie.”
Non è solo l’Italia, ma l’intera Unione Europea – dove le materie prime critiche contribuiscono alla generazione di oltre 3 trilioni di euro – a dipendere da Paesi terzi per l’approvvigionamento. La Cina è di fatto il primo fornitore di materie prime critiche in Europa (44% del totale) e principale esportatore dell’UE di terre rare (98% del totale); proprio quest’ultime, che contribuiscono alla generazione di quasi 50 miliardi di euro della produzione industriale italiana, hanno visto crescere tra il 2017 e il 2020 il rischio di fornitura di quasi 1 punto. Si tratta di un primato che la Cina detiene anche a livello mondiale (66% del totale), superando di quasi 4 volte le quote di Sud Africa (9%), Repubblica Democratica del Congo (5%) e Stati Uniti d’America (3%), che insieme arrivano al 17%.
Nell’attuale contesto geopolitico di forte instabilità, la concentrazione di materie prime critiche in Paesi terzi rende sempre più urgente un investimento nella produzione domestica di CRM. Con 55,5 milioni di tonnellate prodotte a livello globale nel 2020 e una previsione di crescita al 2030 pari a 75 milioni di tonnellate, i Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (Raee), da cui si possono ricavare materie prime critiche, rappresentano un’importante fonte alternativa di approvvigionamento. Diventa, quindi, strategico, migliorare il riciclo dei rifiuti tecnologici in Europa (maggior produttore di rifiuti elettronici, con una quantità pro capite pari a 16,2 kg), ma soprattutto in Italia se si considera che nel 2021 solo il 39,4% di questi è stato riciclato correttamente, a fronte di un target europeo da raggiungere del 65%. Lo stesso vale per pile e accumulatori, per cui il nostro Paese è tra gli ultimi classificati in Europa con il 43,9%.
Secondo lo Studio, se l’Italia raggiungesse il tasso di riciclo dei best performer europei (70-75%), si potrebbero recuperare 7,6 mila tonnellate di materie prime critiche, pari all’11% di quelle importate dalla Cina nel 2021. Al contrario, con l’attuale tasso di riciclo, al 2025 non sarebbero recuperati circa 280 mila tonnellate, pari a una perdita di 15,6 mila tonnellate di materie prime critiche. L’aumento del tasso di riciclo dei Raee genererebbe, inoltre, notevoli benefici ambientali, con una riduzione di quasi 1 milione di tonnellate di CO2, che si tradurrebbero in benefici sociali per la comunità quantificabili in circa 208 milioni di euro. Infine, la maggiore disponibilità di materie prime critiche a sostegno dell’intera economia del Paese ridurrebbe il costo delle importazioni, generando un vantaggio economico pari a quasi 14 milioni di euro.
“Come ci mostra lo studio Ambrosetti, grazie ai Raee disponiamo già di una miniera urbana quanto mai strategica, ma che stentiamo a valorizzare” ha dichiarato Giorgio Arienti, Direttore Generale Erion WEEE. “Infatti, il mancato contrasto ai flussi illegali, gli ostacoli che i cittadini incontrano nell’attuare comportamenti ambientalmente virtuosi, fino alla carenza impiantistica, fanno sì che ancora oggi si sprechino migliaia di tonnellate di materie prime critiche, cedendole all’estero o lasciando che vadano perse in canali clandestini. Per questo, come Erion chiediamo da tempo alle istituzioni azioni migliorative, in cui il rifiuto non sia visto come semplice scarto ma come risorsa di valore da cui dipende lo sviluppo economico di settori chiave del nostro Paese.”
Nel dettaglio, per centrare gli obiettivi di raccolta dei Raee, lo Studio suggerisce di agire su tre dimensioni: normativa – adeguamento della disciplina di raccolta dei prodotti tecnologici per ampliare i canali di conferimento dei Raee di piccole dimensioni e pile -, volumi – incentivazione di meccanismi di raccolta, sviluppo di “ecopoint” diffusi sul territorio e creazione di meccanismi di controllo a contrasto ai flussi paralleli– e, infine, impiantistica – semplificazione delle procedure autorizzative (in media oggi la realizzazione di un impianto richiede 4,3 anni), così da garantire tempi certi di esecuzione anche attraverso l’adozione di modelli per favorire una «gestione del consenso» sul territorio, oltre a un incremento della capillarità dei centri di raccolta, oggi distribuiti territorialmente in modo disomogeneo.
Sempre secondo ERION servono 100 milioni di euro per raggiungere gli obiettivi europei di raccolta raee.
Alcune proposte per utilizzare parte dei fondi del PNRR per potenziare la filiera, creare oltre 8.000 posti di lavoro green e generare 150mila tonnellate di materie prime seconde all’anno, pari al peso di 20 Tour Eiffel, di cui il 4% di materie prime critiche
A fronte dell’immissione sul mercato di circa un milione di tonnellate/anno di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche si raccolgono, in modo differenziato, circa 365.000 tonnellate/anno di RAEE (6,14 Kg/abitante), ovvero poco meno del 40%; un dato molto lontano dal target europeo (65% dell’immesso sul mercato, pari a più di 10 kg/abitante). C’è un gap da colmare.
“È evidente che sia urgente investire nelle infrastrutture, potenziando quelle esistenti e creandone di nuove” – afferma Giorgio Arienti, Direttore Generale di Erion WEEE – “Molteplici potranno essere gli effetti positivi: la creazione di oltre 8.000 posti di lavoro green, il riciclo di 150.000 tonnellate all’anno di materie prime seconde, il 4% delle quali appartenenti alla categoria delle Critical Raw Materials, riducendo così i rischi di approvvigionamento derivanti dalla dipendenza di potenze economiche come la Cina; rilevante anche il contributo ambientale, con una riduzione delle emissioni di CO2 pari a circa 1 milione di tonnellate.”
Erion, il più importante Sistema multi-consortile italiano per la gestione di tutti i rifiuti associati ai prodotti elettrici ed elettronici, delinea tre proposte complementari e integrate che prevedono un piano di investimenti di 100 milioni di euro, utilizzando una parte dei fondi del PNRR:
30 milioni di euro – per 1.000 Eco-point RAEE sul territorio
Creando, entro il 2025, circa 1.000 (di cui almeno il 50% nelle Regioni del Sud) Eco-point RAEE, eco-centri di piccole-medie dimensioni posizionati in luoghi facili da raggiungere per i cittadini che risiedono in aree meno attrezzate, si potrebbe contribuire significativamente al raggiungimento del target europeo di raccolta. A regime ciascun Eco-point potrebbe ricevere l’80% dei rifiuti elettronici e rifiuti di pile provenienti dalle famiglie italiane servite, puntando a raccogliere in media 300 kg/giorno. A fronte di un investimento di 30.000 euro per ciascun Eco-point, si potrebbero generare in totale circa 4.500 posti di lavoro.
20 milioni di euro – per 100 centri di “ri-fabbricazione”
Con 20 milioni di euro si può creare una rete di 100 Centri Re-Man (centri di “ri-fabbricazione”), che consentirebbe di preparare per il riutilizzo quasi un milione di Apparecchi Elettrici ed Elettronici ogni anno, creando 1.500 posti di lavoro e sviluppando un fatturato annuale di più di 100 milioni di euro. I Centri Re-Man toglierebbero anche 30.000 tonnellate di RAEE dai processi di riciclo, generando un beneficio ambientale pari a 50.000 tonnellate di CO2 equivalente non emesse in atmosfera. La difficoltà principale in Italia è l’assenza di un Decreto Ministeriale sulla preparazione per il riutilizzo, che stabilisca regole omogenee a livello nazionale sui criteri e prerequisiti con cui effettuare il re-manufacturing dei RAEE.
50 milioni di euro – per riciclare le Critical Raw Materials e ridurre la dipendenza da potenze economiche come la Cina
Recuperare le materie prime critiche (metalli e sostanze contenute nei componenti elettrici, nei motori elettrici, nei gioghi di deflessione, nei compressori, nelle schede elettroniche e nei circuiti stampati) permetterebbe di generare un valore economico di 60 milioni di euro. Sfortunatamente il 90% di queste frazioni è attualmente esportato, generando introiti pari a soli 10 milioni di euro, perché nel nostro Paese mancano impianti in grado di trattare tali materiali. L’investimento necessario ammonta a 50 milioni di euro: la costruzione di 5 impianti di metallurgia leggera permetterebbe di mantenere in Italia 75.000 tonnellate ogni anno di componenti derivanti dai RAEE, con livelli di riciclo prossimi al 98%, e recuperare almeno 5.000 tonnellate di materie prime critiche, creando oltre 2.000 nuovi posti di lavoro.
“Sono proposte per potenziare la filiera dei RAEE, non contributi che chiediamo per Erion” – prosegue Arienti – “Se queste proposte fossero accolte non sarebbe infatti Erion a realizzarle: come Sistema leader di questo settore, come soggetto che ogni giorno rende un po’ più concreta l’idea di economia circolare, abbiamo ritenuto doveroso dare un nostro contributo, indicando alcune iniziative meritevoli di essere finanziate nell’ambito del PNRR ed essenziali per un salto di qualità della filiera dei RAEE. Sono iniziative che riguardano diversi aspetti: dalla raccolta (per facilitare il conferimento dei RAEE da parte dei cittadini che ancora oggi incontrano troppi ostacoli nel mettere in atto comportamenti virtuosi), ai centri di preparazione per il riutilizzo (area ancora totalmente inesplorata nel nostro Paese), fino agli impianti per l’estrazione delle materie prime critiche.”