COPENHAGEN – E’ un osservatorio privilegiato sul futuro quello di questi giorni a Copenhagen. Lo si percepisce sia alla COP 15, la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima, sia al KlimaForum, il meeting alternativo organizzato a pochi chilometri. Un futuro ben poco roseo se alle gravi minacce dei cambiamenti climatici le risposte della politica continuano ad essere illusorie e poco efficaci.
E’ di oggi la notizia che i paesi dell’Unione Europa promettono 7,2 milardi di euro per mitigare l’impatto dei cambiamenti climatici nei paesi in via di sviluppo, Per l’Italia Berlusconi ha parlato di 600 milioni di euro, l’ennesima promessa del nostro governo che già in fatto di cooperazione allo sviluppo è il fanalino di coda europeo, nonostante i continui annunci di nuove risorse.
La discussione è comunque calda e grande partecipazione ed attenzione è rivolta alle iniziative concrete avviate dalle comunità locali per l’ultizzo delle energie rinnovabili e la riduzione delle emissioni. Gli enti locali, e le politiche territoriali, contribuiscono mediamente quasi per il 50% sul totale delle emissioni climalteranti. Dalla Federal Enviroment Agency tedesca è giunto un rapporto sulle migliori esperienze delle molte città che hanno avviato intelligenti politiche di mobilità sostenibile, energie rinnovabili, riciclo dei materiali.
Per domani (sabato 12 dicembre) è prevista una grande manifestazione, si parla già di oltre 50mila partecipanti, la cui parola d’ordine sarà “Change the system, not the climate”, con l’obiettivo di forzare le trattative affinchè arrivino ad un impegno stringente sulla riduzuione delle emissioni. L’orizzonte dei movimenti è quello della giustizia climatica che implica la costruzione di una società capace di guardare ai diritti umani, alla riparazione dei debiti ecologici dei paesi del nord, ai diritti dei migranti rifiutgiati climatici.
Ma anche la voce dei Pesi del Sud del mondo si fa sentire. Forti sono le richieste che sono state rivolte in questi giorni di vertice ai paesi che più inquinano perchè pongano limiti più ambiziosi alla riduzione delle emissioni, pena il fallimento del vertice e crescenti difficoltà negoziali. “Chi rompe paghi” ha affermato Pablo Solon, ambasciatore della Bolivia presso le Nazioni Unite, intervenendo a margine della conferenza. “Ammettere le proprie responsabilità sulla crisi climatica -ha scandito Solon- senza assumere le iniziative necessarie ad affrontarla, è come bruciare una casa e rifiutarsi di ripagarla”
Ma oggi è stato anche il giorno dei primi arresti definiti “preventivi” di oltre 40 attivisti fermati mentre manifestavano gridando slogan come “Fatevi gli affari vostri, questo è il nostro clima” nel centro della città dove erano riuniti i manager di grandi multinazionali per discutere del ruolo dell’industria nella lotta al riscaldamento globale.
Il clima si sta scaldando e i prossimi giorni saranno cruciali sia fra le trattative della conferenza ONU sia per i movimenti che rivendicano il diritto al futuro del nostro pianeta.
Alessio Ciacci
E’ un osservatorio privilegiato sul futuro quello di questi giorni a Copenhagen. Lo si percepisce sia alla COP 15, la
Conferenza delle Nazioni Unite sul clima, sia al KlimaForum, il meeting alternativo organizzato a pochi chilometri. Un
futuro ben poco roseo se alle gravi minacce dei cambiamenti climatici le risposte della politica continuano ad essere
illusorie e poco efficaci.
E’ di oggi la notizia che i paesi dell’Unione Europa promettono 7,2 milardi di euro per mitigare l’impatto dei cambiamenti
climatici nei paesi in via di sviluppo, Per l’Italia Berlusconi ha parlato di 600 milioni di euro, l’ennesima promessa del
nostro governo che già in fatto di cooperazione allo sviluppo è il fanalino di coda europeo, nonostante i continui annunci
di nuove risorse.
La discussione è comunque calda e grande partecipazione ed attenzione è rivolta alle iniziative concrete avviate dalle
comunità locali per l’ultizzo delle energie rinnovabili e la riduzione delle emissioni. Gli enti locali, e le politiche
territoriali, contribuiscono mediamente quasi per il 50% sul totale delle emissioni climalteranti. Dalla Federal Enviroment
Agency tedesca è giunto un rapporto sulle migliori esperienze delle molte città che hanno avviato intelligenti politiche di
mobilità sostenibile, energie rinnovabili, riciclo dei materiali.
Per domani (sabato 12 dicembre) è prevista una grande manifestazione, si parla già di oltre 50mila partecipanti, la cui
parola d’ordine sarà “Change the system, not the climate”, con l’obiettivo di forzare le trattative affinchè arrivino ad un
impegno stringente sulla riduzuione delle emissioni. L’orizzonte dei movimenti è quello della giustizia climatica che
implica la costruzione di una società capace di guardare ai diritti umani, alla riparazione dei debiti ecologici dei paesi
del nord, ai diritti dei migranti rifiutgiati climatici.
Ma anche la voce dei Pesi del Sud del mondo si fa sentire. Forti sono le richieste che sono state rivolte in questi giorni
di vertice ai paesi che più inquinano perchè pongano limiti più ambiziosi alla riduzione delle emissioni, pena il fallimento
del vertice e crescenti difficoltà negoziali. “Chi rompe paghi” ha affermato Pablo Solon, ambasciatore della Bolivia presso
le Nazioni Unite, intervenendo a margine della conferenza. “Ammettere le proprie responsabilità sulla crisi climatica -ha
scandito Solon- senza assumere le iniziative necessarie ad affrontarla, è come bruciare una casa e rifiutarsi di ripagarla”
Ma oggi è stato anche il giorno dei primi arresti definiti “preventivi” di oltre 40 attivisti fermati mentre manifestavano
gridando slogan come “Fatevi gli affari vostri, questo è il nostro clima” nel centro della città dove erano riuniti i
manager di grandi multinazionali per discutere del ruolo dell’industria nella lotta al riscaldamento globale.
Il clima si sta scaldando e i prossimi giorni saranno cruciali sia fra le trattative della conferenza ONU sia per i
movimenti che rivendicano il diritto al futuro del nostro pianeta.