L’Italia è un paese fondato sulla gomma e l’ennesima tributo che i cittadini italiani dovranno pagare alle lobby dell’autotrasporto (le tariffe minime) è solo l’ultima goccia di un mare di 3,5 miliardi di contributi che il settore ha incassato negli ultimi dieci anni. L’autotrasporto italiano è uno dei simboli dell’inefficienza dello stato nella pianificazione economica e il fatto che le tariffe minime fossero state abrogate nel 2006 dallo stesso Berlusconi, è solo un particolare. Gli autotrasportatori chiedono – da sempre – e l’Italia risponde, da sempre, frugando nelle tasche dei cittadini: 700 milioni l’anno di prebende sotto le più svariate fonti che vanno ad aggiungersi ai costi occulti che ogni cittadino versa più o meno inconsapevolmente: le ore perse nelle code stradali e autostradali, i costi sanitari provocati dagli incidenti, i costi sanitari derivati dalle malattie provocate dall’inquinamento, i costi ambientali in termini di perdita di biodiversità prodotti dalle emissioni climalteranti.
Perfino Confindustria è rimasta di stucco e non l’ha mandata a dire: «il solo settore economico a cui sono assicurati 700 milioni di euro quest’anno e altrettanti il prossimo non può continuare ad essere sussidiato e garantito nella sua inefficienza». E ovviamente anche Il Sole 24 ore ha subito evidenziato che «gli aiuti hanno drogato il sistema, mantenendo i prezzi del trasporto sostanzialmente bassi (e impedendo il ricorso a traffici più sostenibili, come quello ferroviario e quello marittimo, ndr) permettendo a molte imprese di rimanere in vita soltanto grazie agli aiuti: il mercato non ha prodotto la selezione naturale e tutte le leggi a sostegno delle fusioni si sono rilevate un fallimento».
Viene a mente la Fiat, l’altro grande segmento drogato da decenni di iniezioni sempre più massicce di aiuti, mascherati in vario modo, fino a quella tanto in voga degli ultimi anni degli ecoincentivi. Un teatrino questo, va ricordato, interrotto non per l’improvvisa illuminazione del governo di turno, ma per la lungimiranza del manager Fiat, consapevole che la farsa avrebbe a lungo andare indebolito il gigante nell’arena del mercato mondiale, dove questi trucchi non erano ammessi.
Esattamente quello che avviene all’autotrasporto tricolore, frammentato in migliaia di padronicini mono-tir, assolutamente impermeabili all’innovazione tecnologia (solo il 12% delle 166mila aziende di autotrasporto ha investito in tal senso) e dunque incapaci di affrontare i concorrenti esteri quando un giorno i cittadini smetteranno di pagare per la loro inefficienza. Nessun orientamento del mercato dunque da parte della politica (gli unici incentivi che avevano senso, quelli legati alle autostrade del mare cioè gli ecobonus, sono briciole rinviate da anni) e visione cortissima, ma abbastanza acuta per individuare ogni singolo pertugio dove infilare il privilegio di turno: è di questi giorni ad esempio la notizia che il blocco dei mezzi pesanti dalla statale Aurelia a Sud di Livorno (lungo la scogliera resa famosa dal film Il sorpasso e unici 20 chilometri non a scorrimento veloce dalla Spagna fino alla Sicilia ) quest’anno sarà estremamente più breve per venire incontro agli autotrasportatori alle prese con la crisi, che altrimenti devono prendere la scomoda e costosissima autostrada da Livorno a Vada, come vengono obbligati a fare ogni estate per garantire la sicurezza a turisti e bagnanti che affollano le scogliere del Romito, oltretutto inserite nella riserva naturale di Calafuria.
22 Novembre 2024