Dalla sede dell’ Università Bocconi di Milano lo scorso 13 dicembre è stata lanciata una proposta per favorire la maggiore efficienza energetica degli edifici, in linea con gli obiettivi della nuova Direttiva Europea EPBD2 (Energy Performance Building Directive 2), che prevede “ quasi zero emissioni ” per gli edifici pubblici entro il 31/12/2018 e, per i privati, entro il 31/12/2020, con esclusione dei soli edifici storici e privati inferiori ai 50 mq, nonché l’esclusione della soglia massima di 1.000 metri quadri per gli edifici esistenti. Requisiti assai stringenti, inoltre, anche in caso di ristrutturazioni e certificazioni energetiche obbligatorie.
L’efficienza energetica degli edifici, infatti, non porta vantaggi solo ai proprietari degli immobili, con la riduzione delle bollette, ma è un bene anche per l’ambiente e per l’economia: si fa meno ricorso alle fonti fossili, con conseguente riduzione delle emissioni climalteranti (come la C02) e si generano nuovi posti di lavoro.
L’Italia, è bene ricordarlo, in virtù degli accordi stipulati in sede europea, è coinvolta nella riduzione delle emissioni e dovrà produrre con fonti rinnovabili, entro il 2020, il 17% dell’energia necessaria al proprio fabbisogno. Sullo sfondo dell’accordo politico-ambientale, dunque, ci sono anche rilevanti aspetti economici con positive ricadute, specie in tempi di crisi, per la nostra green economy. Se, ad esempio, tra i vari settori dell’economia “verde”, il meccanismo del Conto Energia per l’incentivazione della produzione di energia elettrica da solare fotovoltaico ha prodotto ricadute positive per cittadini ed imprese, è innegabile che l’efficienza energetica abbia creato uno degli indotti più vasti, coinvolgendo una filiera di diversi soggetti: le imprese strettamente edili, gli impiantisti, i progettisti, etc. La dimostrazione è data dalle polemiche che hanno seguito la paventata, ma poi non attuata, abrogazione del meccanismo delle detrazioni fiscali del 55%, volte a premiare chi esegue interventi di riqualificazione energetica degli edifici.
Ma, ancora, l’efficienza energetica può essere un elemento trainante per i decisori politici e gli urbanisti impegnati nella riqualificazione delle nostre città (dal convegno è emerso che il 70% delle emissioni proviene dalle aree urbane) per trasformarle in vere e proprie “smart cities”, città efficienti e sostenibili sia ambientalmente che socialmente, con un ruolo importante per l’edilizia sociale, il cosiddetto “social housing”. Basti pensare, infatti, a tutto il patrimonio di edilizia residenziale pubblica, in gran parte da rimodernare con criteri edilizi più efficienti, e alla riduzione delle bollette per gli occupanti, spesso in condizioni di indigenza.
Questi i temi nel corso del convegno “Bentornata efficienza energetica“, promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, dallo IEFE, Istituto di Economia e Politica dell’Energia e dell’ Ambiente dell’ Università Bocconi, e da Federcasa, in collaborazione con CNA e Edizioni Ambiente.
Prendendo spunto dal documento di Confindustria “Proposte per il Piano Straordinario di Efficienza 2010”, il convegno è stato l’occasione per approfondire l’effetto energetico, quello occupazionale, nonché il costo, per lo Stato, delle politiche di incentivazione, in diversi settori: trasporti, impiantistica, elettrodomestici ecc. fino all’edilizia.
Particolare attenzione è stata dedicata agli interventi che i vari “portatori di interesse” (pubblici e privati), in mancanza di un Piano governativo di efficienza energetica al 2020, possono attuare, con prevalente attenzione all’edilizia, settore in cui (dati ANCE) la crisi ha fatto perdere 250 mila posti di lavoro rispetto al 2008. Da qui, dunque, la proposta operativa, per la ripresa quantitativa e qualitativa del settore, in linea con la Direttiva EPBD2, per privilegiare gli interventi complessivi, su tutto l’edificio e sul suo involucro edilizio.
E’ stato approfondito anche l’aspetto dell’incentivazione e della finanziabilità dei progetti e degli investimenti, con la creazione di un apposito “Gruppo di promozione per l’efficientamento energetico a pieno edificio” rivolto principalmente agli Enti Locali e regionali.
L’obiettivo complessivo del piano di Confindustria, infatti, è ridurre i consumi energetici di 9,8 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, per un programma di investimenti pari a 130 miliardi di euro fino al 2020, 238 miliardi di nuova produzione industriale e, si stima, 1.635.000 nuovi posti di lavoro.
I costi legati alla politica di incentivazione dovrebbero, di conseguenza, essere bilanciati da maggiori entrate fiscali, per un “saldo energetico” attivo, con 25,6 miliardi risparmiati sui consumi nazionali. Senza contare che, secondo la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, è ancora possibile raddoppiare gli interventi sull’involucro edilizio (da 250,000 a 500,000 all’anno), con l’obiettivo di ottenere un risparmio di 2.000.000 tonnellate equivalenti di petrolio all’anno.
Andrea Marchetti
23 Novembre 2024