Più di mille in piazza per rivendicare dignità per la donna
Niente simboli di partito, ma tanti striscioni come “Tu Ruby, noi si lavora”
LUCCA. «Se non ora quando?». Un’eco profonda che ha riecheggiato per tutte le vie cittadine, rimbalzando su muri, vetrine e finestre, quella che si è sentita ieri pomeriggio in città. Quando centinaia e centinaia di donne sono scese in piazza, a fianco di tanti altri uomini, per manifestare per la propria dignità e contro questo sistema volto a favorire la mercificazione del corpo delle donne, diventato mero oggetto di scambio sessuale.
E sono stati veramente in tanti coloro che si sono ritrovati in piazza santa Maria, sfilando poi in corteo lungo via Fillungo fino a piazza Napoleone. Un migliaio e forse qualcosa in più. «Non ho mai visto una manifestazione tanto grande a Lucca», raccontano le organizzatrici, aderenti all’associazione “Lucca città delle donne”, che nel giro di due settimane ha raccolto più di cinquecento adesioni per un corteo che oltre ad essere semplice protesta rappresenta l’indignazione e la contrarietà verso la sostanza culturale di una politica ben precisa.
«Quella che inventa la donna-tangente – spiegano i manifestanti – e ostenta l’esibizione del mercato tra sesso e potere fino a tracciarne l’orientamento per la selezione della classe dirigente e di governo».
Fascette con le scritte “dignità, libertà, lavoro, democrazia”, slogan, striscioni e palloncini.
Una manifestazione colorata, viva, piena di musica e di bambini.
Continui riferimenti a donne importanti, che hanno tracciato la spina dorsale di questo paese, contribuendone alla costruzione della democrazia e all’ottenimento della libertà.
Così si leggono interventi di Nilde Iotti, citazioni di poesie di Alda Merini e foto di Felicia Impastato, la mamma di Peppino, ucciso dalla mafia nel 1978.
Non c’erano ramoscelli di mimosa.
Neanche uno.
E neanche bandiere di partiti, ma idee e volti. Quelli delle donne che sono scese in piazza con la propria faccia e con la propria età per gridare “ora basta”.
Ci sono Sara, Elisa e Antonio: giovani e belli e stanchi di “questa mercificazione della cultura”. Poi c’è Manuela, indignata da questo paese. E ancora Patrizia, Marina e Antonella, accorse con figli e mariti.
“Te Ruby, noi si lavora”, si legge su un lenzuolo bianco sorretto da tre ragazze. Poi “vattene” e “nè coccodè, né co.co.pro.”.
Inteventi di donne dal palco centrale, ancora musica e sguardi di emozione. Ed ecco allora che “se non ora quando?” non è solo uno slogan, «ma un vero e proprio invito per ritrovare la forza e la speranza – dicono – Per tornare ad essere delle persone con desideri, emozioni e sentimenti. Per essere uniti nel credere in un futuro». Possibilmente rosa.
NADIA DAVINI Tirreno 14.02.2011
“Se non ora quando?”: il maltempo non ferma il corteo di Lucca
LUCCA, 13 febbraio – Il maltempo poteva far pensare a un flop della manifestazione ‘Se non ora, quando?’, indetta per ‘gridare’ la propria indignazione nei confronti del cosiddetto ‘sexy-gate’ in circa 230 città italiane. E, invece, alle 15.30, piazza Santa Maria era gremita di persone: donne, molte donne: da giovanissime a meno giovani. Ma anche uomini di tutte le età, con le loro mogli, fidanzate o compagne, oppure in gruppo con gli amici; giovani e meno giovani. Ma tutti – uomini e donne – uniti per far sentire la loro voce nei confronti di quello che sembra essere un problema non più politico, ma morale del Paese.
E, infatti, non c’erano bandiere di partito. Non c’erano simboli politici. Non c’erano slogan di parte. Solo persone che volevano far sentire la loro voce. E lo hanno fatto nonostante, fin dalla mattinata, la pioggia avesse fatto capire che voleva essere presente anch’essa alla manifestazione. C’erano alcuni politici locali, di Lucca, di Capannori e non solo. C’era il presidente della Provincia, Stefano Baccelli, l’assessore provinciale alle Pari opportunità Gabriella Pedreschi e i suoi colleghi Bambini, Regoli e Cesaretti. C’era l’assessore di Capannori Alessio Ciacci, molti sindacalisti e molti altri politici, confusi tra la gente. Persone, in mezzo alle persone.
Il corteo era aperto dallo striscione – preparato dall’associazione ‘Città delle donne’ che ha organizzato la manifestazione nella nostra città – con lo slogan ‘Se non ora, quando?’, ma dietro apparivano vari altri striscioni e cartelli. Ma, oltre a quelli di strutture organizzate, come l’Osservatorio della Pace di Capannori, c’erano quelli ‘fatti in casa’: fogli bianchi da stampante, scritti con i pennarelli e appesi al collo. Con un messaggio. Per dire quello che si sente. E, così, una signora aveva al collo un foglio – massacrato dalla pioggia – che diceva: ‘Lo Stato deve sprizzare moralità da tutti i pori. Per i nostri figli’.
Oppure ‘Sono una cittadina italiana e dico basta’. Messaggi di indignazione. Di scontento. Richieste di dimissioni. E, poi, il filo di arianna: un filo di lana che partiva da un gomitolo che ha iniziato a dipanarsi all’inizio della manifestazione, lungo tutto il percorso.
Federica di Spilimbergo – Lo Schermo
23 Novembre 2024