E’ stata un susseguirsi di luci e ombre la due giorni del neonato movimento Se non ora quando a Siena, senza dubbio un’iniezione di energia per tante donne trasversali per età, appartenenza politica, provenienza geografica ed età. Al di là dell’entusiasmo del momento collettivo il passaggio dalla manifestazione di piazza all’elaborazione politica si prefigura delicato, un percorso da accompagnare con attenzione e sul quale le donne, che a partire dal 13 febbraio si sono impegnate in questa battaglia, devono vigilare. Le donne presenti a Siena hanno fatto richieste precise, applaudito, sostenuto e contestato e gli interventi di tre minuti, senza deroghe per nessuno, sono stati una cavalcata entusiasmante: dalla Sicilia a Bolzano le richieste sono le stesse, gruppi che hanno lavorato indipendentemente chiedono congedi parentali, per non venire più discriminate sul lavoro, dicono basta alla mercificazione del corpo delle donne sui media ed esigono quote rosa in politica e nelle aziende, ultimo tabù a cadere. Ma a stare in piazza la sensazione è che la testa del movimento stia da una parte e il cuore da tutt’altra: la testa è quella degli ambienti romani vicini al PD, quella che fa sedere nelle prime file le parlamentari e cerca la trasversalità con le donne di Futuro e Libertà; il cuore è altrove e critica i partiti dando un forte segnale di continuità con il referendum e le amministrative. Il movimento sembra un contenitore dalla forma già stabilita dal quale il contenuto straripa non riuscendo ad adattarsi. Bastano pochi episodi per tastare il polso alla piazza: Rosy Bindi sale sul palco tra gli applausi ma viene coperta di fischi non appena dichiara che chiederà al PD “di ascoltare le ragioni delle donne”, Livia Turco riesce con difficoltà a portare in fondo il suo intervento perchè la platea invita a gran voce la parlamentare a ridursi lo stipendio, Giulia Buongiorno è accolta con curiosità e attenzione ma il pubblico non le risparmia l’appellativo fascista che lei incassa senza scomporsi da abile avvocato qual è. Le contraddizioni sono tante: gli applausi alla Camusso e quelli ad una militante che critica con durezza l’ultimo accordo unitario fatto dalla CGIL con Confindustria, la rappresentante delle Casa Internazionale delle donne di Roma, che sale sul palco dopo Giulia Buongiorno, indossa una T-shirt con la scritta Resistente, ci tiene a far notare le differenze con chi l’ha preceduta; le donne Notav sono presenti e viene chiesto loro di non mostrare bandiere e striscioni, non si perdono d’animo e utilizzano i propri corpi per dare visibilità alla loro causa, si scrivono Notav sulle braccia e sul volto. Non si arrendono e sono premiate dalla folla, che al solo nominare dal palco la Val di Susa e i valligiani, si lascia andare ad applausi a scena aperta, in segno di sostegno e solidarietà. Emozionano la rivendicazione di continuità col femminismo storico fatta dalle ventenni, la trasversalità generazionale, vera peculiarità di Se non ora quando, e la volontà di non delegare più ma di diventare protagoniste della politica italiana. La due giorni si chiude con la promessa di un autunno caldo di contestazione alla finanziaria che la Camusso ha definito “una manovra contro le donne”. Il giorno successivo, però, lascia spazio alla riflessione: le blogger, che da anni fanno rete sui temi di genere, pongono un problema di partecipazione, da Donne Pensanti a Femminismo a Sud, la critica è la stessa, è mancato il processo partecipativo per decidere tutte insieme come andare avanti. L’evento è stato calato dall’alto e per questo nessuna di loro ha partecipato all’incontro di Siena, sebbene tutte si fossero spese per la manifestazione del 13. La rete, vera protagonista delle vittorie delle amministrative e del referendum, è ormai lo spazio di partecipazione per eccellenza e non perdona i tradimenti. Queste sono critiche preziose e sarebbe un grave errore ignorarle e andare avanti senza queste realtà che hanno avuto il merito di lavorare capillarmente e quotidianamente sui temi di genere. Pesano sulla piazza senese anche le assenze di altre “madri” più note di questo risveglio, donne come la Zanardo e la Lipperini che con “Il corpo delle donne” e “Ancora dalla parte delle bambini”sono state viste e lette da milioni di persone e ogni giorno dialogano con donne e uomini dai loro blog. Pur presenti il 13 febbraio, anche loro preferiscono rendersi utili con il loro lavoro. Ma la grande risonanza mediatica del Se non ora quando è una grande chance per l’esito del movimento delle donne che deve osare e non aver paura di disturbare il manovratore ovvero i partiti del centrosinistra, PD in testa. Il problema centrale che segnerà l’esito del movimento sarà quello della rappresentanza, gli ultimi appuntamenti elettorale hanno evidenziato la distanza tra chi siede in Parlamento e i suoi elettori, la corsa ad impossessarsi della vittoria al referendum lo ha dimostrato. Le donne che sono scese in piazza negli ultimi mesi e, che a Siena hanno dichiarato in tantissimi interventi di non voler più delegare ma mettersi in gioco in prima persona, hanno un problema di rappresentanza politica. Non possono farsi rappresentare dallo sparuto gruppo di elette contestato a tratti in piazza, ma non possono neppure accettare la cooptazione da parte dei partiti di alcune di loro. Il problema della rappresentanza si pone sia nel numero di donne nei luoghi della politica, e da questo la richiesta pressante del 50 e 50 tra gli eletti, sia nella qualità delle elette che non possono essere scelte dalle segreterie dei partiti che spesso preferiscono le più malleabili e fedeli alla linea. Allora si tratta di trovare nuove strade e metodi nuovi, dove le donne scelgono le donne, perchè le quote rosa non diventino la scusa per imporci listini bloccati con candidati impresentabili. “Il governo alle donne” recitava uno dei cartelli a Siena, e allora bisognerà vigilare perchè il tanto lavoro fatto non venga messo nelle mani di chi ci rappresenta e lì abbandonato. Se si ripeterà il copione già visto innumerevoli volte negli ultimi dieci anni di movimenti con lo svuotamento dei contenuti e cooptazioni elettorali dei volti più rappresentativi il tradimento sarà compiuto e l’Italia continuerà ad essere vessata da manovre finanziarie “contro le donne”, da grandi opere imposte con grande spreco di fondi pubblici e da tagli al sociale e ai servizi, insomma non diventerà mai un paese per donne. Facciamo attenzione a questo prezioso risveglio delle coscienze ma per portarlo avanti c’è bisogno di tutti senza fughe in avanti, che vinca il cuore e non la testa. di Francesca Conti per l’Altracittà
21 Novembre 2024