Lo ha decretato il Consiglio dei ministri di ieri. Commissario sarà il prefetto Giuseppe Pecoraro che dovrà chiudere la discarica di Malagrotta e individuare nuovi siti.
Da ieri il Lazio è di nuovo in emergenza immondizia. Il Consiglio dei ministri ha preso questa decisione per «accelerare le procedure necessarie all’individuazione di un sito per lo smaltimento dei rifiuti dell’area romana, in vista della chiusura programmata della discarica di Malagrotta»: l’invaso più grande d’Europa. L’orologio sembra quindi tornare indietro al 19 febbraio 1999, quando un decreto del presidente del Consiglio dei ministri (allora Massimo D’Alema), dichiarò lo stato di emergenza sui rifiuti. Una situazione dalla quale il Lazio uscì nove anni dopo (nel 2008). Ma il governatore, Renata Polverini, mette le mani avanti: «Non ci sarà alcun commissariamento che riguarda il sistema dei rifiuti, che continuiamo a gestire noi. Ho chiesto al governo la nomina del prefetto Giuseppe Pecoraro a commissario solo per la chiusura di Malagrotta». Tuttavia la presidente della Regione conferma che «anche trovare un sito alternativo, rientrerà nei poteri del commissario».
Per i Verdi, la nomina del commissario «rappresenta la chiara volontà di voler spegnere il confronto democratico, impedendo qualsiasi forma di dialogo e confronto», denuncia Nando Bonessio, presidente regionale del partito. «Saremo al fianco dei cittadini – aggiunge – nel chiedere il rispetto di tutte le norme». Il progetto della Regione è di aprire ben 6 siti temporanei per lo stoccaggio dei rifiuti di Roma, in attesa di sostituire Malagrotta con un inceneritore e una discarica, da costruire a Fiumicino. Ieri pomeriggio, nella Capitale, si è tenuta una manifestazione nella zona delle Cave del Quartaccio, in via del Risaro (di fronte al centro di addestramento dei reparti speciali Nocs), dove dovrebbe sorgere uno dei siti temporanei. Anche i residenti di Fiumicino, che dista meno di 30 chilometri da Roma, sono sul piede di guerra. «Vogliono portare i rifiuti in questa vallata, piena di agriturismi e campi coltivati, ma ci opporremo con tutte le nostre forze», assicurano.
Il 13 luglio, anche la Soprintendente per beni archeologici dell’Etruria meridionale, Anna Maria Moretti, ha preso carta e penna per «condividere le preoccupazioni» sul progetto. Al ministero dei Beni culturali, alla Regione e al Comune di Fiumicino, ha ricordato che sull’area «insistono vincoli paesaggistici e archeologici». Non solo «l’importantissimo sito di Castel Campanile, ma anche numerose necropoli con tombe a camera, alcune individuate già nella prima metà dell’Ottocento, tagliate viarie arcaiche, strade basolate, insediamenti produttivi e abitativi di epoca preistorica, etrusca, repubblicana, imperiale, altomedievale e medievale». In pratica, sotto quei terreni, ci sarebbero beni archeologici di qualsiasi periodo. Il luogo forse meno adatto per la discarica e l’inceneritore di Roma.
Soltanto pochi giorni fa, il Partito Democratico aveva denunciato il disastro rifiuti nella Capitale, presentando un dossier sulla municipalizzata Ama che si occupa di raccolta, riciclaggio e smaltimento dell’immondizia. «La città è sporca, la differenziata non va, l’alternativa a Malagrotta non si vede, i nuovi impianti di trattamento non ci sono, il ciclo non è stato completato, la gestione non è trasparente e la magistratura è intervenuta nei confronti dell’amministratore delegato», denuncia Athos De Luca, vicepresidente Pd della Commissione ambiente di Roma.
Anche l’Agenzia per il controllo dei servizi del Comune boccia l’Ama con pessimi voti: appena 4,5 per la raccolta e 5,5 per lo spazzamento. Ma nonostante questo la tariffa è aumentata del 20 per cento in due anni, da 528 a 630 milioni di euro e verrebbe applicata un’inflazione del 4 per cento anche se quella nazionale è al 2. I debiti crescono, dai 1.588 milioni del 2008 ai 1.734 attuali. Colpa, anche, delle consulenze d’oro e delle assunzioni clientelari. Infine, denuncia De Luca, «ci sono 75 spazzatrici da 2,5 milioni di euro, utilizzate solo in centro perché inadatte alle esigenze del resto della città. Le altre vengono accese nei depositi, per far scattare le previste ore di lavoro, senza essere utilizzate».
Alessandro De Pascale
terranews
22 Novembre 2024