Tirata d’orecchie per l’inefficienza energetica degli edifici: l’Italia è di nuovo nel mirino dell’esecutivo UE. La Commissione Europea ha chiesto formalmente al nostro Paese “di conformarsi all’integralità delle norme in materia di rendimento energetico dell’edilizia”, e ha deciso di inviare un parere motivato. Già nel novembre dello scorso anno, ricorda Bruxelles, la Commissione aveva informato il nostro Governo “circa l’inosservanza della normativa”. E, sebbene nel frattempo le autorità italiane abbiano preso misure supplementari, la Commissione ritiene che la nostra legislazione “non soddisfi completamente gli obblighi unionali”.
Attualmente agli edifici si deve il 36% delle emissioni di CO2 dell’Unione e il 40% del consumo di energia; la direttiva ha l’obiettivo di ridurre gli sprechi introducendo una serie di prassi che permettano di controllarne e migliorarne l’efficienza. In particolare, la legislazione vincola gli Stati membri a stabilire una metodologia per il calcolo delle performance energetiche degli edifici e una serie di requisiti minimi di rendimento, sia per gli immobili di nuova costruzione che per quelli esistenti, se di metratura superiore a 1.000 mq e sottoposti a ristrutturazioni significative. Ogni immobile, alla costruzione, ma anche in caso di compravendita o locazione, dovrebbe poi essere accompagnato da un certificato di rendimento energetico che informi il nuovo proprietario o inquilino circa i consumi dell’edificio. Tali attestati di certificazione energetica (ACE) devono essere rilasciati con l’intervento di esperti qualificati indipendenti e fornire indicazioni sui possibili metodi per ridurre i consumi.
La direttiva chiede infine ai Paesi membri di istituire un sistema di ispezioni periodiche per il loro controllo. Per questo l’UE critica la legislazione italiana, che autorizza invece i proprietari ad autocertificare il rendimento energetico dichiarando che il proprio edificio appartiene ad una classe di consumo inferiore (G). E, quando si tratta di affitto, prescrive questi attestati solo per i nuovi immobili, mentre non li considera obbligatori per quelli esistenti.
Ma l’Italia ha mancato anche nel varare misure adeguate per garantire controlli regolari degli impianti di condizionamento dell’aria. Se il nostro Paese non adotterà, entro due mesi, le misure opportune, la Commissione potrà dunque decidere di adire la Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Dal Governo intanto si fa sapere che il Decreto Sviluppo, che l’esecutivo sta mettendo a punto, dovrebbe contenere una proroga triennale delle attuali detrazioni fiscali del 55% per l’efficienza energetica. “La procedura dell’Europa contro l’Italia sul rendimento energetico degli edifici è uno stimolo in più a inserire la norma per la detrazione nel decreto sviluppo a cui stiamo lavorando”, ha confermato Stefano Saglia, sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico con delega all’Energia. “La proroga delle detrazioni del 55% – continua Saglia – è uno strumento anticiclico, perché consente di fare crescita economica ed è fondamentale estenderla per un periodo adeguato, così da stimolare anche investimenti più cospicui”. È questo infatti uno dei capitoli che compongono il pacchetto di proposte presentato dal Ministero dello Sviluppo Economico, al centro del confronto dei tavoli avviati tra esecutivo, imprese e banche. La proroga, si legge in una nota, “potrebbe essere accompagnata dall’introduzione di tetti di spesa specifica, prima non previsti e per alcuni interventi (finestre, piccole caldaie) si prevede la riduzione fin da subito al 41% della percentuale di detrazione”.
Francesca Fradelloni
GreenNews
22 Novembre 2024