Quali sono i problemi di carattere tossicologico ed ambientale connessi alla produzione ed allo smaltimento dei rifiuti? Venerdì 2 dicembre si è tenuto a Bologna un importante convegno nel quale sono stati resi noti i risultati del progetto Moniter, relativo ad un’attività di monitoraggio condotta, a partire dal 2007, sugli inceneritori attivi nel territorio dell’Emilia Romagna.
Venerdì 2 dicembre si è tenuto a Bologna un importante convegno nel quale sono stati resi noti i risultati del progetto Moniter, relativo ad un’attività di monitoraggio condotta, a partire dal 2007, sugli otto inceneritori attivi nel territorio dell’Emilia Romagna. L’iniziativa ha tra i suoi promotori gli assessorati Ambiente e riqualificazione urbana e Politiche per la salute della regione in questione, in collaborazione con l’ARPA (l’Agenzia regionale per la prevenzione e l’ambiente dell’Emilia-Romagna).
Lo studio nasce dall’obiettivo di esaminare e di riuscire a far fronte ai problemi di carattere tossicologico ed ambientale connessi alla produzione ed allo smaltimento dei rifiuti che negli ultimi anni si è posta come questione d’importanza centrale, alla luce di un consumismo sempre più sfrenato che inevitabilmente ne ha determinato un incremento sempre maggiore.
Moniter è dunque finalizzato ad analizzare la qualità ed il livello quantitativo di sostanze prodotte dagli inceneritori, allo scopo di valutarne i relativi effetti sull’ambiente e sulla popolazione circostanti. In particolare quest’ultima, individuata in un’area di 4 km di raggio, è stata così suddivisa: i neonati nel 2003-2006 e i residenti al 1995. Grazie ad un’attività di ricerca e di sviluppo di nuovi metodi procedurali, esso mira principalmente ad un controllo delle emissioni derivanti dall’incenerimento dei rifiuti, con particolare attenzione agli inquinanti quali “metalli pesanti, IPA, ossidi di azoto e di zolfo, ossido di carbonio, acido cloridrico, diossine e furani, idrocarburi aromatici”, nell’obiettivo di verificarne l’impatto sulla qualità dell’aria.
A tal fine risultano necessarie rilevazioni mirate e specifiche che tengano conto del livello di esposizione da parte della popolazione, oggetto d’indagine, all’inquinamento prodotto dagli inceneritori, partendo in primo luogo dall’analisi dei cosiddetti indicatori di effetto a breve termine – come i ricoveri in ospedale – e di quelli a lungo termine, quali ad esempio la mortalità e l’incidenza tumorale. Nelle conclusioni, lo studio ha evidenziato la necessità di fornire un’interpretazione cauta dei risultati raggiunti dal momento che “gli end point considerati”, ovvero mortalità per causa ed incidenza tumorale “escludono malattie meno letali… la cui epidemiologia”, nelle popolazioni prese in considerazione, non è stata oggetto di studi altrettanto approfonditi.
Si raccomanda soprattutto di ridurre il più possibile il quantitativo di rifiuti da destinare all’incenerimento
Inoltre, poiché gli effetti di carattere sanitario degli inceneritori analizzati risultano essere contenuti ma non nulli, si raccomanda soprattutto di ridurre il più possibile il quantitativo di rifiuti da destinare all’incenerimento e si invita all’attuazione di misure di ammodernamento degli impianti attualmente esistenti, in linea con quelli al giorno d’oggi più avanzati. Si chiede, infine, di adottare un atteggiamento di cautela e precauzione circa la possibilità di dar vita ad ulteriori impianti dato che “la mancata dimostrazione di effetti a lungo termine non significa dimostrazione di rischio zero”.
A fronte di tali risultati, le sezioni di Bologna, Ferrara, Forlì, Parma e Piacenza dell’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente (ISDE Italia) hanno sottolineato alcuni aspetti di fondamentale importanza. In particolare, si è posto l’accento sull’aumento dei tumori – al polmone negli uomini, al colon, ovaio ed endometrio nelle donne e dei linfomi non Hodgkin in ambedue i sessi – rilevato nella coorte di Modena maggiormente analizzata. È stato inoltre messo in luce il crescente andamento “della prevalenza di aborti spontanei in relazione ai livelli di esposizione”, nonché dei rischi di “piccoli per età gestazionale” e “di nascite pretermine”.
L’équipe dell’ISDE ha peraltro evidenziato come lo studio Moniter si sia limitato ad analizzare la presenza di diossine presenti nel particolato aereo e non anche in altre matrici viventi dove esse tendono ad accumularsi.
Secondo quanto afferma lo stesso ISDE Italia, facendo riferimento ad importanti studi condotti tanto in Europa quanto negli stati Uniti, esiste una diretta connessione tra l’immissione di sostanze inquinanti nell’atmosfera ed il cancro al polmone. Dal momento che le sostanze prodotte dagli inceneritori costituiscono alcuni tra i più importanti fattori che determinano la qualità dell’aria che respiriamo, intervenire su questo aspetto appare oggi una necessità fondamentale. Ridurre il livello di rifiuti prodotti, favorirne la raccolta differenziata e dunque il riciclo, laddove possibile, rappresentano un obiettivo irrinunciabile se si vuole realmente tutelare la salute di ognuno di noi.
Sempre l’ISDE sottolinea un altro aspetto da non sottovalutare evidenziando come “i decessi che si misurano o si stimano come effetto dell’inquinamento atmosferico” rappresentino “un effetto netto di una mortalità che sarebbe stata evitata se i livelli di inquinamento fossero stati inferiori”. Ignorare tutto questo significherebbe chiudere gli occhi di fronte ad una realtà che ci riguarda tutti, ogni giorno sempre più da vicino.
di Sara Del Bello – Cambiamento
22 Novembre 2024