La Funzione pubblica CGIL contro la privatizzazione dell'acqua in Toscana

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QUALE STATO(Bimestrale della FP-CGIL nazionale)
Corrado Oddi, Coordinatore del Dipartimento Welfare e riforme, FP CGIL nazionale.
 
Un caso emblematico:
il tentativo di privatizzazione del servizio idrico in Toscana.
 
Per rendere più espliciti e concreti questi ragionamenti, in particolare per quanto riguarda la privatizzazione del servizio idrico, può essere utile esaminare più da vicino i processi in corso in Toscana.
In questa regione, esistono 6 ATO che presentano la seguente situazione:
ATO 1 (Toscana Nord): gestione SPA completamente pubblica GAIA SPA
ATO 2 (Basso Valdarno): gestione SPA mista, a maggioranza pubblica Acque SPA (maggiori soci privati ACEA, Suez e Monte Paschi Siena)
ATO 3 (Medio Valdarno): gestione SPA mista, a maggioranza pubblica Publiacqua SPA (maggiore socio privato ACEA)
ATO 4 (Alto Valdarno): gestione SPA mista, a maggioranza pubblica Nuove Acque SPA (maggiori soci privati Suez e gruppo Iride)
ATO 5 (Toscana Costa): gestione SPA mista, a maggioranza pubblica ASA SPA maggiore socio privato gruppo Iride)
ATO 6 (Ombrone): gestione SPA mista, a maggioranza pubblica Acquedotto del Fiora SPA (maggiore socio privato ACEA).
 
Ora, nei mesi scorsi da parte del PD – che è la componente di gran lunga maggioritaria delle giunte fiorentina e regionale – è stata avanzata, dapprima, la proposta di arrivare all’unificazione degli ATO 2, 3 e 6 e della relativa gestione e, poi, formulata una proposta di legge regionale di riordino dei servizi pubblici locali, che, per quanto riguarda il servizio idrico, è incardinata sulla costituzione di un unico ATO regionale e di un’unica gestione.
La proposta di unificazione dei 3 ATO non ha avuto la maggioranza nel Consiglio comunale di Firenze, mentre la proposta di legge regionale, passata a maggioranza in giunta regionale, dovrebbe iniziare l’iter della discussione in Consiglio regionale.
 
Non c’è bisogno di grandi spiegazioni(basta scorrere la descrizione sopra riportata sulle attuali gestioni) per rendersi conto che entrambe queste proposte vanno a parare in un disegno di privatizzazione dell’intero sistema idrico regionale, consegnando ad ACEA e Suez, come soci privati maggioritari della SPA mista a maggioranza pubblica, un ruolo fondamentale nella determinazione delle scelte nel settore idrico della regione.
Al fine di costruire una valutazione sufficientemente precisa delle dinamiche che sono state messe in campo e che sono in atto, i lettori mi consentiranno un espediente grafico che spero risulti assolutamente efficace. Faccio parlare (attraverso le parti in corsivo che sono citazioni testuali) l’Antitrust, che, con una sentenza emanata lo scorso 22 novembre, ha multato ACEA e Suez rispettivamente per 8,3 e 3 milioni di euro per aver posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’Articolo 81 del Trattato CE, che ha avuto per oggetto e per effetto un coordinamento delle rispettive strategie commerciali nell’ambito del mercato nazionale della gestione dei servizi idrici.
Il ragionamento risulterà ancor più netto se viene scandito per punti, che confermano in modo assolutamente inequivocabile le tesi che il movimento per l’acqua è venuto sostenendo in questi ultimi anni.
 
1. E’in atto da diversi anni in Italia un tentativo e una strategia di privatizzazione del servizio idrico, il cui punto di attacco è costituito dai processi messi in campo in Toscana.
Dice, infatti, la sentenza dell’Antitrust, riportando testi elaborati congiuntamente o separatamente da Suez e ACEA: l’Italia è il mercato municipale dell’acqua e della purificazione con il maggior potenziale di sviluppo per SE (Suez) all’interno dell’Unione europea nei prossimi anni in quanto: l’intervento del privato è indotto dalla legislazione (legge Galli); le dimensioni del mercato cresceranno grazie ai futuri aumenti di tariffa. SELS [leggi SE] è ancora poco presente in Italia, ma dispone di forti assi nella manica, notabilmente grazie a un promettente partenariato con ACEA. Lo scenario concorrenziale può offrire a SELS (e Acea) un ruolo di primo piano nel quadro della selezione di operatori per gli ATO, notabilmente nel centro dell’Italia. E ancora: il gruppo Suez possiede l’1,9% di ACEA. Suez potrebbe nominare a novembre un amministratore con il 3% del capitale […] Obiettivo: utilizzare ACEA come ‘braccio armato’ di Suez per l’acqua in Italia.
Non c’è bisogno di chiarire più di tanto queste affermazioni che sono di per sé assolutamente esplicite rispetto al fatto che esiste una strategia compiuta di privatizzazione del sistema idrico che vede come attori Suez e ACEA e che questa si sviluppa a partire dalla Toscana. Si può utilmente aggiungere che, come viene riportato sempre nella sentenza dell’Antitrust, il primo passo di essa si realizza attraverso processi di aggregazione che destano una qualche inquietudine rispetto alla discussione in corso in questi giorni sulla legge regionale di riordino dei servizi pubblici: le offerte in Toscana rappresentano un’opportunità interessante, perché ci permettono di cominciare questa cooperazione in una regione d’Italia ricca e senza problemi di corruzione. D’altra parte, l’amministrazione regionale ha chiaramente manifestato la sua volontà di costituire un soggetto regionale per la gestione dell’acqua, a partire da Pisa, Firenze, Siena ed eventualmente Arezzo. Se questo progetto si realizza, si tratterà di una gestione di più di 2,5 milioni di abitanti e un volume d’affari di circa 250 milioni di euro.
 
2. L’apertura dei servizi pubblici al mercato, attraverso il meccanismo della gara, non determina, a differenza di quanto sostenuto dagli apologeti del neoliberismo, un incremento del grado di concorrenza, ma semplicemente tende a sostituire monopoli pubblici con monopoli privati o pubblico-privati.
Viene rilevato che la cooperazione tra ACEA e SE abbia direttamente condizionato l’esito di quasi un quarto dei PPP (partnerships pubblico-privato) realizzatisi a livello nazionale, oltre a incidere significativamente – come nel caso di Livorno – su altre procedure di gara poi aggiudicate ad altri soggetti. Merita inoltre sottolineare come, in maniera separata, ACEA e SE siano state interessate dalla quasi totalità delle restanti procedure di gara, a dimostrazione dell’assoluta rilevanza delle parti nel contesto concorrenziale stabilitosi per la gestione dei servizi idrici in ambito nazionale.
E ancora, poco più avanti: l’istruttoria ha consentito di verificare che ACEA e SE hanno raggiunto sin dal 2001 un accordo di massima sul coordinamento delle rispettive attività nel settore dei servizi idrici. In particolare, le parti hanno concordato la partecipazione congiunta a numerose gare relative a gestioni idriche in Italia – a partire da quelle bandite in Toscana, dove la forma operativa del PPP è stata adottata per la prima volta in maniera estesa, ma con un disegno affatto limitato a questa sola regione – ovvero combinazioni con soggetti terzi al fine di condizionare gli esiti di procedure ad evidenza pubblica.
Il dato interessante è che qui abbiamo una conferma non solo di un fatto assai noto nella teoria economica – e cioè che il servizio idrico, per le sue caratteristiche, si configura come monopolio naturale, e quindi che non si può dare una gestione che veda presenti una pluralità di operatori in concorrenza tra loro – ma soprattutto della realtà che le concrete strategie aziendali si muovono in termini tali – vedi appunto il coordinamento delle attività nel settore idrico da parte di ACEA e Suez – da determinare una spartizione del mercato tra pochi soggetti, costituendo una situazione di monopolio o tutt’al più di tipo oligopolistico, con quel che ne consegue rispetto ai presunti benefici ai ‘consumatori’ che la varia apologetica del mercato e della concorrenza continua indefessamente a vantare.
 
3. La finalità che muove le aziende, comprese le SPA miste a maggioranza pubblica, è quella di realizzare il massimo profitto possibile. Sempre la sentenza dell’Antitrust, parlando dell’alleanza tra
ACEA e Suez, non lascia dubbi in proposito: un simile accordo di cooperazione, cui è stata data concreta attuazione attraverso una successione di attività fino all’avvio della presente istruttoria, è stato volto a mantenere ed aumentare il rispettivo potere di mercato secondo criteri di mera strategia imprenditoriale e non di maggior efficienza industriale.
Per non lasciare dubbi su ciò che si intende per mera strategia imprenditoriale, non a caso contrapposta all’idea della maggior efficienza industriale, il testo della sentenza stessa precisa poco più avanti: da atti interni a SE rileva chiaramente come la prospettata costituzione di un’impresa comune in cui concentrare le rispettive gestioni idriche esistenti nell’area toscana, lungi dal perseguire efficienze operative ha piuttosto il fine «di non lasciare ACEA ad approfittare da sola dei margini realizzabili nel settore non regolamentato».
 
4. L’obiettivo del massimo profitto e di una strategia volta alla privatizzazione del servizio idrico non possono essere resi espliciti, tant’è che le aziende, nei loro rapporti, si vincolano a patti di segretezza reciproca. Anche a soggetti, come il movimento per l’acqua, che hanno da sempre sostenuto che la gestione tramite società di capitali non soltanto produce una torsione verso tipici obiettivi aziendali, quale è quello della redditività, ma anche un’inevitabile spostamento di poteri dai Consigli comunali ai Consigli di amministrazione delle aziende e un conseguente deperimento della
democrazia e della partecipazione, non può non fare una certa impressione, veder riportato in un documento ufficiale, che ha valore di caso di scuola, quali rapporti e vincoli alla segretezza si determinano tra le aziende e, nel caso specifico, tra ACEA e Suez.
Parlando degli accordi tra loro intercorsi, la sentenza evidenzia che l’Art. 19 del protocollo stabilisce che «nessuna parte farà qualsiasi annuncio pubblico o comunicato stampa relativamente al presente protocollo o ad uno qualsiasi degli atti ed operazioni che ne costituiscano esecuzione».
Inoltre, un ulteriore allegato al documento impegna le parti alla riservatezza più rigorosa sui termini dell’accordo, prevedendo che «in qualunque ipotesi di interruzione della cooperazione ciascuna delle parti dovrà restituire alla controparte e, ove ciò non sia possibile, distruggere […] tutte le informazioni, le copie o gli estratti delle stesse, ogni memorandum, analisi o documento derivato da – o contenente – le informazioni trasmesse».
E ancora, più avanti, parlando di ACEA: le relazioni con SE rispetto alla gestione dei servizi idrici, al contrario, sono sempre state improntate a un coordinamento di natura prettamente strategica, coperto da una particolare segretezza nei suoi elementi essenziali cui entrambe le parti si vincolano scientemente e manifestatosi all’esterno solo per la partecipazione congiunta in Italia ad alcune gare attraverso l’istituto del r.t.i.[raggruppamento temporaneo di imprese].
 
5. Il percorso verso la privatizzazione può essere fermato, a partire dall’iniziativa che possono mettere in campo i soggetti interessati a contrastare tale prospettiva, e cioè in primo luogo movimenti sociali, lavoratori e loro rappresentanze, istituzioni locali.
È di un certo interesse notare che gli attori interessati alla privatizzazione abbiano presente che sulla questione dell’acqua esiste un ‘senso comune’ per cui essa è considerata risorsa la cui messa sul mercato e traduzione in fattore di profittabilità è perlomeno problematica, e che non basti una volontà forte degli stessi per determinare con certezza che si proceda lungo la strada della privatizzazione.
Con le parole della sentenza: da parte di Suez c’è consapevolezza che le nostre discussioni per la creazione di un partenariato con Acea sono più difficili nell’acqua che nell’energia, perché il tema è molto più sensibile sul piano politico.
A dimostrazione che non c’è una sorta di ‘onnipotenza’ di chi vorrebbe privatizzare il servizio idrico, di seguito si legge che a tali progetti, finalizzati a condizionare congiuntamente la gestione dei servizi idrici sul territorio nazionale sulla base di un puntuale piano di suddivisione geografica di aree di competenza comune o esclusiva, ACEA e SE non hanno potuto dare corso, esclusivamente per eventi non dipendenti dalla propria volontà, ovvero per l’apertura del mercato in misura significativamente minore a quanto atteso all’inizio della cooperazione.
Insomma: il quadro che ci consegna la sentenza dell’Antitrust è decisamente chiaro e non consente alibi o ignoranza, nel senso letterale del termine. L’operazione con la quale si vorrebbe unificare ATO 2, 3 e 6(e conseguentemente le loro gestioni) in Toscana, e, più ancora, quella di costituire un unico ATO e un’unica gestione, ha lo scopo di consegnare la gestione del servizio idrico ad ACEA e Suez e di muoversi coscientemente lungo una strada di privatizzazione integrale del sistema.
Da questo punto di vista, la partita aperta in Toscana ha un indubbio valore nazionale e il suo esito non sarà indifferente sull’equilibrio complessivo che si determinerà nei prossimi anni nella gestione del servizio idrico nel nostro paese.