Meno ipermercati e più farmer’s markets. Il modo di fare la spesa degli italiani sta lentamente cambiando, in maniera non del tutto prevedibile. I dati Istat diffusi in questi giorni parlano di un deciso calo a dicembre 2011, rispetto al 2010, delle vendite al dettaglio, sia nei piccoli negozi di quartiere (-3,5%), sia nella grande distribuzione (-3,9%), e in particolare negli ipermercati (-4,4%). Numeri che fotografano un’Italia più propensa al risparmio, a una spesa più meditata, con meno sprechi, ma anche a stili di consumo diversi. La crisi non solo sta inducendo a mettere qualche prodotto in meno nel carrello, ma anche a scoprire o riscoprire valori, emozioni, sapori e modi diversi di fare le cose. Non è infatti un caso che nel 2011, rispetto all’anno precedente, secondo un’indagine realizzata da Swg per Coldiretti e presentata in occasione dell’Assemblea Annuale degli Agrimercati di Campagna Amica, gli acquisti diretti dal produttore siano aumentati del 53%. A fare la spesa direttamente dagli agricoltori sono stati ben 9,2 milioni di italiani, per un importo pari a 489 milioni di euro.
Un successo, spiega il presidente di Coldiretti Sergio Marini, dovuto alla qualità dei prodotti, ma anche al fatto che l’acquisto di verdure, salumi e formaggi nei farmer’s markets va al di là del semplice fare la spesa e diventa un’esperienza: «Chi va ai mercati non compra solo calorie, compra un’emozione. Con i mercati di Campagna Amica, abbiamo creato dei luoghi che fanno star bene la gente, posti dove si trovano i valori in cui tutti vorrebbero riconoscersi». Non è un caso che in media i clienti rimangano in un agrimercato 35 minuti, il tempo per informarsi sui prodotti, scambiare opinioni, confrontarsi. Con un livello di soddisfazione elevato per il 77% degli acquirenti.
A fare la spesa direttamente dal produttore nei mercati degli agricoltori sono in gran parte donne (68%), con un livello di istruzione medio-alto (68%), sotto i 54 anni (64%). Anche lo status sociale ed economico è medio-alto nell’82% dei casi, segno il risparmio «è solo una delle ragioni che spinge all’acquisto e che la scelta è fortemente condizionata dalla ricerca di cibi sani, di informazioni sui prodotti e dal bisogno di essere rassicurati su quello che si mette nel piatto», spiega Coldiretti. In nove casi su dieci, si arriva al farmer’s market grazie al passaparola, al consiglio dell’amico, del collega o del familiare.
La rete di vendita creata dall’associazione negli ultimi tre anni e mezzo è capillare e copre tutto il territorio italiano, con una maggiore concentrazione al Nord Italia. In tutto sono 878 i mercati degli agricoltori, con 20.800 produttori agricoli coinvolti, che hanno creato nuove opportunità di lavoro per 3.500 persone. Mercati che sono inseriti in network più ampio, Campagna Amica, di cui fanno parte anche 3.972 aziende agricole, 670 agriturismi, 163 botteghe, per un totale di 5.683 punti vendita, più 30 ristoranti. Un patrimonio materiale a cui se ne aggiunge un altro immateriale, fatto di «valori etici, ambientali, economici, sociali. Composto da messaggi, temi e segni distintivi propri della nostra offerta produttiva». Dove si è raggiunto un nuovo equilibrio tra gli interessi dei consumatori e quelli degli agricoltori, con condizioni più eque per entrambi. Il network, spiega il presidente della fondazione Campagna Amica Toni De Amicis, «è ancora piccolo, siamo solo a un quarto del cammino indicato da Marini, ma già grande, perché siamo riusciti a creare qualcosa che prima di noi non c’era, e che non ha eguali in Europa. Non esiste infatti negli altri Paesi europei un circuito di vendita diretta grande come il nostro».
All’assemblea era presente anche il ministro delle Politiche agricole Mario Catania, che si è detto a favore degli acquisti a chilometro zero: «La vendita diretta è una mia battaglia culturale ed economica che dobbiamo vincere insieme. È un fenomeno che, con questi ritmi di crescita, presto sarà in grado di incidere su tutta la filiera». Il punto essenziale, per il ministro, sta proprio nel «mettere i produttori nelle condizioni di avere dal mercato una giusta remunerazione, perché il valore del prodotto resta sempre di più nelle mani della distribuzione». Per questo, nel Decreto Liberalizzazioni, Catania ha inserito, all’art. 62, norme che tutelano maggiormente gli agricoltori nei rapporti con la grande distribuzione: il provvedimento fissa a 30 giorni i termini di pagamento per i prodotti alimentari deteriorabili (e 60 per le altre merci), introduce la forma scritta obbligatoria per tutti i contratti di fornitura, prevede quali comportamenti sono espressamente vietati nelle relazioni commerciali e istituisce infine uno specifico regime sanzionatorio. Mentre nel Decreto Semplificazioni c’è una norma che aiuterà non poco gli agricoltori interessati a vendere direttamente i propri prodotti: «Sarà sufficiente – ha spiegato il ministro – inviare una semplice comunicazione, e si potrà subito avviare l’attività».
Veronica Ulivieri
22 Novembre 2024