CRISI ITALIANA – IL MIRACOLO DEL GOVERNO MONTI
Tonino Perna
«Monti come Cincinnato: in tre mesi ha salvato l’Italia», così la copertina dell’Economist di questa settimana. Quello che è successo nei cento giorni del governo Monti ha davvero dell’incredibile. Poco prima che Berlusconi si dimettesse i mass media ci tempestavano ogni mattina sull’andamento dello spread. Il fatto che salisse velocemente verso l’alto significava che gli investitori stranieri che detenevano titoli di Stato italiani (circa 900 miliardi) non erano più disposti a ricomprarseli alla scadenza se non con tassi di interesse maggiore. Continuando di questo passo l’orizzonte era quello greco (con tassi d’interesse arrivati al 32% sui decennali) e quindi il default assicurato.
Poi, all’improvviso, è arrivato il governo dei tecnici del professor Monti. Nel primo mese non è successo niente: lo spread è sceso e poi risalito. Il nuovo premier ha adottato e fatto votare provvedimenti che mai il governo Berlusconi avrebbe potuto permettersi, in nome di una politica di austerità necessaria per uscire dal tunnel. Di fatto, né il drastico prolungamento dell’età pensionabile, le cosiddette liberalizzazioni ed il tentativo di abolire l’art. 18 nulla hanno a che fare con un netto ridimensionamento del nostro debito pubblico. Anzi, il rapporto debito/Pil è ancora cresciuto per via della recessione incalzante. Eppure, lentamente, ma inesorabilmente, lo spread è sceso e sta continuando a scendere, e persino la strega del rating – Standard & Poor – ha espresso un giudizio positivo sull’Italia, quando fino a pochi mesi fa scommetteva sul suo fallimento. Negli stessi ultimi tre mesi tutti i leader politici occidentali hanno espresso lodi e stima nei confronti del governo Monti come mai, a memoria d’uomo, era accaduto per un premier italiano a pochi mesi dal suo insediamento.
Come ha fatto il prof. Monti a fare questo miracolo? Ha fatto come gli sciamani che salgono sulla montagna per invocare la pioggia o come il chirurgo che decide di asportare parti del corpo malato pur di salvarlo? Per la maggioranza degli italiani il prof. Monti è un po’ l’uno e un po’ l’altro. Un tecnico che viene a sostituire politici incapaci e corrotti, ma anche un uomo prestigioso che conosce la finanza e sa come imbonirla. Un prestigiatore o un grande esperto?
Sicuramente la fiducia in un mercato finanziario così volatile gioca un ruolo importante, e non si può sottovalutare il fatto che il governo Monti sia apparso subito come decisamente più credibile del suo predecessore. Ma, pochi, se non gli addetti ai lavori, hanno capito che ciò che ha veramente salvato l’Italia e l’euro dal default è stata la decisione presa dalla Bce due mesi fa di immettere liquidità nelle banche europee, sia per comprare i titoli di Stato dei rispettivi paesi, sia per compensare le perdite subite. Oltre 1000 miliardi di euro sono stati immessi ad un tasso dell’1% nelle banche europee, oltre 200 miliardi in quelle italiane, salvandole dal fallimento e permettendole di acquistare una parte rilevante dei titoli di Stato in scadenza. Ma il rapporto debito/Pil tende a crescere in tutta Europa e la Bce sarà costretta ad intervenire ancora. Alla fine, è molto probabile che la Bce farà come la Fed, la Banca centrale Usa, che ha salvato le banche con decine di trilioni di dollari, le stesse banche d’investimento che aveva provocato il crollo del 2008. Niente è stato risolto, ma il messaggio dei mass media è che il sistema è salvo.
In Italia questo risultato è stato salutato come «il miracolo del governo Monti». In effetti, Monti un miracolo l’ha fatto: diventare in pochi mesi un politico di grande successo. Fino a quando? Per ottenere la fiducia dei mercati finanziari, per strappare la “grazia” al dio Mercato ha portato in pegno i diritti dei lavoratori e pensionati, i tagli al welfare, ed un po’ di rigore fiscale che salvaguardasse banche e rendite finanziarie. Ha costruito quello che potremmo definire un moderno “Monti dei pegni”. Ma, come è avvenuto altre volte nella storia con i Monti di pietà, la pazienza degli espropriati, degli usurati ha un limite: la rivolta popolare è inevitabile. Ed arriverà quando meno ce l’aspettiamo
Il Manifesto
22 Novembre 2024