La Danimarca ha approvato gli obiettivi al 2020 che dovranno condurla entro il 2050 a liberarsi completamente dalle fonti fossili e a soddisfare con le rinnovabili il 100% del suo fabbisogno totale di energia. In 8 anni arriverà a coprire i consumi con il 35% di rinnovabili, e il vento fornirà metà della sua elettricità. Un piano impegnativo ma lungimirante.
Mentre in Italia il mondo delle rinnovabili è scombussolato da quello sta accadendo al fotovoltaico (ipotetico quinto conto energia) e per i ritardi nei decreti attuativi per le altre rinnovabili elettriche e termiche, dalla Danimarca ci arriva una notizia che mostra come ci siano anche governi capaci di pianificare con determinazione la transizione energetica necessaria al clima, alla sicurezza e all’industria nazionale. Il paese scandinavo venerdì ha annunciato ufficialmente i suoi obiettivi in materia di rinnovabili ed emissioni che dovranno condurla entro il 2050 a liberarsi completamente dalle fonti fossili e a soddisfare con le rinnovabili il 100% del suo fabbisogno totale di energia. Si può dare ragione al ministero danese dell’Energia e del Clima che nel comunicato ufficiale scrive che “La Danimarca fa la Storia in materia di politiche energetiche”.
L’accordo, votato dal Parlamento danese con 171 voti su 179, prevede che il Paese già al 2020 raggiunga una quota di rinnovabili sul fabbisogno energetico totale pari al 35%. Per lo stesso anno le emissioni di gas serra dovranno essere ridotte del 34% rispetto ai livelli del 1990, mentre i consumi di energia caleranno del 12% rispetto ai livelli del 2006.
L’efficienza energetica dunque sarà il pilastro della strategia energetica danese che dà molta importanza anche a fonti come biogas, biomasse e soprattutto eolico. Già ora il vento fornisce circa il 25% dell’elettricità del Paese e, nel giro di 8 anni, il piano prevede di arrivare al 50%: sono già in programma due grandi parchi off-shore da 600 e 400 MW (Kriegers Flak e Horns Rev), e si prevede di installare altri 500 MW di turbine in mare e 1.800 MW su terra. Le grandi centrali a carbone poi, secondo il piano, dovranno gradualmente convertirsi a biomassa. Con un simile contributo da una fonte non programmabile come l’eolico, la Danimarca prevede di spingere contemporaneamente lo sviluppo della smart grid, la rete elettrica “intelligente”.
Anche sui fabbisogni termici le fonti pulite dovranno crescere molto velocemente. Dal 2013 nei nuovi edifici non si potranno più installare caldaie a fonti fossili e verranno stanziati fondi (42 milioni di corone danesi, circa 4,6 milioni di euro) per convertire a energia rinnovabile le caldaie a olio combustibile. Si promuoverà il teleriscaldamento da biomasse e altri fondi (35 milioni di corone) verranno destinati a promuovere la geotermia a bassa entalpia e le pompe di calore. Una conversione alle rinnovabili che interesserà anche i processi industriali: si valuta di stanziare per questo ambito circa 500 milioni di corone (67 milioni di euro) all’anno dal 2014 al 2020 e già 250 milioni di corone per il 2013.
Novità positive poi dovrebbero interessare il settore del biogas che il piano prevede di rendere più attraente tramite un rialzo degli incentivi e semplificazioni normative. Nei trasporti i danesi punteranno sull’elettrificazione, ad esempio con fondi ad hoc per installare le colonnine di ricarica per le auto elettriche. Infine il piano promette un forte impegno su ricerca e sviluppo.
Quanto costerà questo piano ambizioso e da dove verranno i soldi? Come avviene da noi per il supporto alle rinnovabili (e per parte degli interventi di efficienza energetica) le risorse verranno dalle bollette energetiche, ma il Governo di Copenhagen compenserà in parte il caro energia riducendo la pressione fiscale sulle stesse. Il prezzo resterà comunque caro per i consumatori danesi: il calcolo governativo prevede che al 2020 la bolletta rincari in media di 173 euro per famiglia e per le aziende aumenti di circa 27 euro per ogni impiegato.
Un costo che però secondo il governo danese alla fine è un investimento: la transizione energetica, si spiega, non penalizzerà il Paese, anzi: “rafforzerà la competitività delle aziende danesi e metterà al riparo i cittadini da esorbitanti rincari dei combustibili fossili”. Solo con il miglioramento dell’efficienza energetica infatti, ci si aspetta che la Danimarca risparmi 242 milioni di euro l’anno per il 2020, ed è quasi certo che il prezzo delle fonti fossili lieviterà negli anni a venire.
A Copenhagen si ragiona di energia guardando al lungo periodo. Sarebbe bello che si provasse a farlo anche in Italia, dove ci si preoccupa, giustamente, ma forse troppo, di quei 8-9 miliardi all’anno che stiamo spendendo per le rinnovabili (7,9 nel 2011 , compresi gli 1,3 miliardi alle assimilate Cip6, la previsione è che si arrivi a 10,5 mld a fine 2010) e troppo poco degli oltre 60 miliardi l’anno che spendiamo da lungo tempo in fonti fossili importate. Un conto che sarà sempre più caro e che, se non seguiremo l’esempio danese, pagheremo per sempre con l’aggiunta delle incalcolabili ricadute ambientali e sanitarie.
22 Novembre 2024