Michele Tripodi, primo cittadino dei Comunisti Italiani, si batte contro la ‘ndrangheta nella Piana di Gioia Tauro. Ieri mattina ha trovato un ordigno davanti al portone della propria abitazione. E’ l’ennesima intimidazione mafiosa nel giro di pochi anni
A soli 34 anni, il sindaco di Polistena è l’autore di una vera e propria rivoluzione nella cittadina della Piana di Gioia Tauro. È forse questo il motivo per cui ieri mattina Michele Tripodi ha trovato un ordigno davanti al portone della propria abitazione. È stato lui stesso ad accorgersi delle due bombolette di gas collegate a un timer, una scheda di telecomando e a una serie di fili elettrici aggrovigliati. L’ennesima intimidazione mafiosa nel giro di pochi anni contro il sindaco dei Comunisti italiani che, nonostante la giovane età, è stato già assessore provinciale con delega alla legalità.
Nel 2010, prima della sua elezione a sindaco di Polistena, era stato destinatario di alcuni proiettili. All’epoca era l’unico consigliere comunale di minoranza. L’opposizione non esisteva e quella che c’era aveva preferito transitare nella maggioranza lasciando Tripodi da solo. Dal punto di vista politico, adesso, la situazione non è cambiata. Basti pensare che tra i banchi dell’opposizione, a Polistena, siedono insieme Pdl, Pd e Sel. Ecco perché la bomba potrebbe essere legata alle scelte politiche e amministrative fatte da Tripodi in un territorio ad alta densità mafiosa. Scelte di rottura con il passato, a partire dalla costituzione di parte civile nei processi contro la cosca Longo, padrona della cittadina della Piana.
Ma non solo: il Comune di Polistena, infatti, è uno dei pochi in Italia che ha ripristinato la commissione edilizia che prevede una decisione collegiale sulle concessioni e non più una discrezionalità dei dirigenti. Facile intuire quanto chi ha interessi illeciti da difendere possa essere infastidito dalla trasparenza di un amministrazione che, inoltre, ha approvato un regolamento in base al quale vengono revocati i contratti che il Comune ha stipulato con tutti i fornitori destinatari di provvedimenti interdittivi da parte della prefettura.
L’ordigno, trovato nella notte tra il 16 e il 17 agosto, è solo l’episodio più esplicito di una escalation criminale che da alcuni anni vede l’amministrazione Tripodi bersaglio della ‘ndrangheta. Se il furto delle due auto del sindaco e della moglie, nel dicembre 2011, può essere archiviato come un affare di poco conto, i colpi di pistola contro la macchina dell’assessore ai lavori pubblici sono certamente un segnale più grave che attesta il clima in cui sono costretti a lavorare il primo cittadino e la sua giunta.
“Non arretriamo di un millimetro – è il commento di Michele Tripodi – Porteremo avanti il nostro progetto di cambiamento e di rinnovamento delle classi dirigenti avviato a Polistena nel 2010 e lontano dal particolarismo e dagli interessi affaristici e mafiosi. Ci aspettiamo una reazione adeguata dello Stato e delle forze dell’ordine. Occorre dopo questo episodio evitare l’isolamento”.
Tripodi ha trovato anche una lettera in cui c’era scritto: “La prossima volta ti faremo saltare in aria, a te ed alla tua famiglia Tripodi. Zio e cugini ora basta”. Il sindaco, infatti, è il nipote dell’ex senatore Mommo Tripodi, bandiera in Calabria della Partito Comunista, per 32 anni sindaco di Polistena e parlamentare per 5 legislature durante le quali è stato anche componente della commissione antimafia. Erano gli anni in cui Mommo viveva sotto scorta pagando il prezzo di essere stato uno dei due sindaci disposti a testimoniare nel famoso processo dei “Sessanta” contro il boss Paolo De Stefano e altri 59 esponenti mafiosi. Fece i nomi e i cognomi indicando le cave gestite dalla cosca Mancuso di Limbadi. In sostanza era un politico scomodo che la ‘ndrangheta sarebbe riuscita anche ad uccidere se non fosse stato per l’intervento dei carabinieri che, poco prima di un attentato, gli consigliarono di cambiare strada. È stato in prima linea, infine, nelle lotte bracciantili e contro la centrale a carbone di Gioia Tauro. Le minacce hanno interessato anche i figli di Mommo: il segretario regionale del Pdci Michelangelo Tripodi, ex assessore regionale, e suo fratello Ivan attualmente segretario di Reggio del partito.
Una famiglia prestata alla politica e a cui anche il segretario nazionale Oliviero Diliberto ha espresso la solidarietà. Per il segretario nazionale, “il rinnovamento di Polistena andrà avanti insieme alla lotta per un Mezzogiorno più forte e finalmente libero dalle mafie”.
di Lucio Musolino – Il Fatto Quotidiano
21 Novembre 2024