Nonostante regali a petrolieri, a centrali elettriche inquinanti e a trivelle, il cosiddetto decreto sviluppo contiene una piccola botta di buonsenso ambientale.
L’articolo 17-terdecies consente, finalmente!, di retrofittare un’auto già in circolazione, ossia di sostituire il motore diesel o a benzina con un motore elettrico.
Non si tratta solo di risparmiare sul “pieno” (che per un’auto elettrica costa pochi euro), e non è vero che gas nocivi ed emissioni di anidride carbonica vengono spostati dal tubo di scappamento alla centrale che produce l’energia elettrica. L’auto elettrica inquina meno, sempre che l’elettricità non provenga dal carbone, il peggiore dei combustibili fossili. Il decreto dispone anche la costruzione di impianti per la ricarica,
Il motore elettrico, poi, non inquina per nulla se viene alimentato con energia prodotta da fonti rinnovabili.
Però attenzione, perchè la botta di buonsenso, seppur degna di menzione, è solo molto parziale: niente incentivi a chi retrofitta un’auto vecchia, corposi incentivi a chi cambia l’auto e ne acquista una nuova a basse emissioni. E dal punto di vista ecologico è un grave errore.
Per l’ambiente è meglio tenersi un’auto vecchiotta e inquinante piuttosto che acquistarne una con emissioni ridotte. Vi sembra un’assurdità? Niente affatto: basta considerare il ciclo di vita del veicolo, e non solo i suoi gas di scarico.
Per calcolare le reali emissioni di un’auto bisogna tener conto dell’inquinamento legato all’uso dell’energia necessaria per produrla: esso va “spalmato” lungo tutto l’arco di vita del veicolo.
Quattro anni fa sono stati fatti i calcoli relativi a una Toyota Prius ibrida: per costruirla è necessario un consumo di energia pari a circa 32.770 kWh e dunque è come se come se una Prius nuova di zecca avesse bruciato, prima ancora di uscire dall’autosalone, 3790 litri di benzina, che corrispondono a circa 73.600 chilometri.
Un discorso analogo vale anche per le auto elettriche nuove: non ho trovato cifre sull’energia necessaria per la produzione, ma non spuntano nell’orto sotto un cavolo e hanno anch’esse alle spalle un processo industriale.
Dunque sarebbe stato meglio riservare gli incentivi a chi prolunga in modo ecologico la vita di una vecchia auto (purchè sia ancora sicura, ovvio) installando un motore elettrico al posto di quello diesel o benzina. L’incentivo sarebbe stato davvero utilissimo: il retrofit così benefico per l’ambiente costa dai 3.000 ai 10.000 euro, mica noccioline.
Questo Governo invece ha preferito offrire uno sconto pari al 15-20% del prezzo di listino a chi (soprattutto aziende, ma anche privati) acquista un’auto cosiddetta ecologica nuova di zecca e manda in rottamazione quella che possiede anche da un solo anno: la “torta” è di 140 milioni di euro in tre anni.
Il provvedimento, mi pare evidente, non pensa all’inquinamento ma pensa invece ad aiutare le case produttrici (le vendite sono crollate a causa della crisi) e ad aiutare chi ha abbastanza soldi per comprarsi auto fra cui la Chevrolet Volt o la Nissan Leaf, rispettivamente circa 44.000 e 38.000 euro da cui va detratto lo sconto governativo.
A chi non possiede cifre simili non è concessa neanche la possibilità di prendere gratis le auto ancora in buono stato che vengono rottamate per far posto a quelle nuove e di retrofittarle a proprie spese.
Maria Ferdinanda Piva – Blogeko
24 Novembre 2024