A Genova nasce la prima esposizione permanente dedicata alla “rumenta”. Installazioni artistiche e laboratori per insegnare la cultura del riciclo
ALESSANDRA PIERACCI
genova
Un immenso immondezzosauro incomberà terrorizzante all’ingresso per rendere perfettamente le dimensioni e la minaccia dei 550 chili di rifiuti pro capite l’anno (a Genova, la media nazionale sale a 650). Sarà il simbolo del Museo della Rumenta, il primo del genere in Italia, che sarà allestito, come memento, punto educativo e laboratorio di ricerca aperto a tutte le più nuove scoperte in materia, ai Magazzini dell’Abbondanza. Una scelta quanto mai significativa, dato che il complesso fu costruito nell’area portuale dalla Repubblica di Genova per immagazzinare i beni nei periodi di abbondanza per poi distruibirli nei periodi di carestia, tramite il Magistrato dell’Abbondanza costituito nel 1565. Dal necessario al superfluo, quindi, alla civiltà del risparmio e dell’accantonamento prudente a quella dello spreco.
L’idea iniziale del Museo della Rumenta è di Renzo Piano, che ci aveva pensato quando esplose lo scandalo dei rifiuti di Napoli, poi è stata entusiasticamente ripresa dalla sindaco Marta Vincenzi, «tanto per confermare che a Genova non si butta via nulla», e diventerà realtà, tra giugno e novembre, giusto in occasione del Festival della Scienza, grazie all’assessore all’Educazione ambientale Pinuccia Montanari. «E’ un modo di riflettere sulla dimensione antropologica dei rifiuti come espressione della società dei consumi – spiega l’assessore, che è anche responsabile della Biblioteca Universitaria di Modena e Reggio Emilia dove ha organizzato corsi e-learning per amministratori appunto sul tema della gestione sostenibile dei rifiuti – per mettere in evidenza le contraddizioni del nostro stile di vita». Ovvero, probabilmente siamo quello che mangiamo, ma veniamo raccontati da quello che buttiamo via.
Il museo, il cui progetto è curato dal coordinatore Mario Santi, urbanista ed esperto di gestione dei rifiuti, sarà interattivo e articolato su quattro livelli. Il primo conterrà un laboratorio che illustrerà la storia del rifiuto e di come diventano rifiuto le diverse frazioni merceologiche: si pensa anche a una sorta di rappresentazione, un video illustrativo ma con il fascino di una narrazione teatrale. Il testo sarà affidato a un autore in grado di fare del racconto un momento altamente educativo. Qualcuno propone il genovese Maurizio Crozza, dalla vena irridente e divertita, ma c’è anche chi fa il nome di Marco Paolini o pensa allo scrittore che ha già fatto della spazzatura e dello scandalo napoletano argomento di intervento televisivo, ovvero Roberto Saviano, appena laureato ad honorem proprio a Genova.
La seconda sezione, come spiega Santi, ospiterà opere d’arte realizzate trasformando i rifiuti sia in sculture, sia in oggetti eleganti d’uso, come i fari d’auto mutati in raffinate abat-jour. Sarà bandito un concorso di idee per l’atelier di dumping art. Il terzo exibit sarà dedicato al riciclo di carta, plastica, organico secco e vetro. «A Genova c’è già una grande esperienza in materia di oggetti e mobili usati restaurati e messi in vendita, grazie alla collaborazione di cooperative sociali che restituiscono vita a quanto viene raccolto da Amiu, l’azienda dei rifiuti che fornirà ovviamente il materiale per la mostra» precisa Montanari.
La quarta sezione sarà dedicata alla green economy, ovvero all’educazione ambientale. «Altrimenti se andiamo avanti così nel 2020 ci vorranno due pianeti per smaltire la spazzatura» sottolinea l’assessore, che nel comitato scientifico ha voluto Enzo Favoino, Alessio Ciacci, Roberto Cavallo, Guido Viale.
«Il museo dovrà documentare il rapporto che nel corso della storia l’uomo ha avuto con i suoi rifiuti, ma avrà anche un aspetto propositivo, laboratorio per presentare soluzioni odierne e soprattutto nuove prospettive, idee che potranno essere sviluppate. Sarà un centro di pensiero, di elaborazione» dice Viale, economista, membro del Comitato tecnico-scientifico dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente.
«Lo slogan sarà proprio‘’qui non si butta via niente’’, per riflettere sulla necessità di non consumare energia e recuperare il recuperabile – conclude l’assessore – Abbiamo già allestito un exhibit all’interno del Museo della Cultura Contadina per quel che riguarda l’organico e il compostaggio domestico. Dai rifiuti organici deriva un compost particolarmente efficace e nascono bellissimi fiori». Del resto, lo diceva anche De Andrè che dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior.
http://www3.lastampa.it/ambiente/sezioni/ambiente/articolo/lstp/386773/
25 Dicembre 2024