Seduto sul divano della propria casa, chiunque sarebbe portato a parlare in libertà. Ad esprimere il proprio punto di vista senza mediare, utilizzando un linguaggio netto.
È a questo paragone che pensa chi ascolta, e registra, le parole che i rappresentanti di Cassa depositi e prestiti, F2i e Banca Rothschild hanno spese ieri (7 settembre) durante i propri interventi al “Festival dell’acqua”, promosso a Genova da Federutility, l’associazione di categoria dei gestori.
Il seminario era dedicato a “I soldi nell’acqua”, e gli invitati avrebbero dovuto spiegare ai presenti “gli strumenti utilizzabili” per finanziare questi investimenti.
Le loro parole, che riportiamo in seguito, danno utili indicazioni per il futuro. La prima, è evidente: per questi soggetti il referendum è solo un incidente di percorso. Un’idea che è stata tradotta in parole, a fine sessione, da Giuseppe Altamore, vicecaporedattore di Famiglia Cristiana: “C’è un divario enorme tra chi riflette costantemente sul tema [ovvero i presenti a quel tavolo, ndr] e un Paese che ha mostrato un altro orientamento. In mezzo ci sono i giornalisti che fanno fatica a spiegare il ruolo possibile dell’economia e della finanza”. Sott’inteso, nel servizio idrico integrato.
Intervento illuminante quello di Bernardo Bini Smaghi, responsabile Business Development di Cassa depositi e prestiti, cui di recente abbiamo dedicato un’inchiesta. Ha iniziato spiegando “quello che la Cassa è, quello che non è: noi non facciamo finanziamenti pubblici. Siamo una società privata. Partecipata al 70% dal Tesoro. E per il 30% da 66 fondazione bancarie. Al nostro passivo abbiamo 13 miliardi di euro di mezzi propri, il resto -oltre 220 miliardi di euro- è un debito che abbiamo verso i cittadini. Sono soldi degli italiani, non soldi pubblici. Sono conti a vista. Chiunque ha un libretto postale, o un buono postale, sa che domani può andare a ritirare i soldi. Senza oneri”. Ciò permette a Cdp di essere “molto più liquida” di qualsiasi istituti di credito. Rispetto ai soggetti finanziabili: “Dal 2003, ci siamo spostati dal pubblico al privato. La logica: dopo il 2009, quella di partecipare all’esercizio dell’ingente debito pubblico del Paese. Che in questo momento non può non essere al primo posto”. Hanno investito nelle utilities: “1,6 miliardi di euro come stock di finanziamenti. Di questi, 215 milioni di euro nell’acqua, più altri 85 milioni come project nell’acqua”. Precisa Bini Smaghi: “Non diamo finanziamenti a fondo perduto. Quando prestiamo soldi, abbiamo bisogno di un ritorno di capitale e d’interessi”.
Bini Smaghi passa la palla a Corrado Santini, senior partner di F2i. “Effeduei” sta per Fondi italiani per le infrastrutture, ed è il “fondo onnivoro” che con una raccolta di circa 2 miliardi di euro sta facendo man bassa nelle infrastrutture e nei servizi di rete (autostrade, aeroporti, gas, fibra ottica) del nostro Paese. Due cose da tenere a mente, prima di leggere le parole di Santini: Cassa depositi e prestiti è uno dei soci di F2i sgr spa nonché uno dei soggetti che hanno apportato capitale del Fondo; a Genova Santini è di casa, dato che F2i è socio di Iren in Mediterranea delle acque, il gestore degli acquedotti della città. Annotate queste info, ascoltiamo il punto di vista di Santini, espresso per punti. Il primo: “Vi è un forte deficit di infrastrutture e gli azionisti non hanno risorse per coprire questo deficit; il punto non sono le perdite di rete, né le perdite di tipo burocratico: il 70% della popolazione è depurata, il 30% no; l’85% della popolazione italiana ha le fogne, in Europa è il 95%. È un tema di salute pubblica”. Possiamo essere d’accordo. Due: “Gli storici azionisti non hanno risorse per un piano d’investimenti. Ecco perché, dal punto di vista di F2i, il nostro intervento ha valenza strategica. F2i fa sempre investimenti strategici per il sistema Paese”. Tre: “Noi siamo entrati per costruire un ‘campione nazionale’. Il settore è iper frammentato, mentre i mercati europei lo sono molto meno. Frammentazione significa inefficienza”. Un invito alla concentrazione anche se, assicura Santini, “non ci sono sinergie industriali”. I vantaggi sono legati all’“accesso al capitale, più semplificato, e alla mentalità manageriale”. Prestate attenzione a queste parole: “La società provinciale ha dei manager di mentalità provinciale. Un eventuale campione nazionale dell’acqua tra 5-10 anni può andare anche in Nord Africa. Con la mentalità provinciale ci andrà Veolia, dopo essersi comprata le realtà provinciali italiane”. La mentalità provinciale riguarda la “managerialità non tecnica”. Da un punto di vista tecnico, la competenza delle aziende idriche italiane è sempre discreta. Ma un manager provinciale, da un punto di vista aziendale, usa la finanza “in modo artigianale, non come leva strategica. Sono ignoti i concetti di leva ottimale, di livello d’indebitamento ottimale, la qualità dell’indebitamento”.
Santini accusa le enormi resistenze incontrate per far aprire al capitale privato le società del settore. E parlando del referendum, dà la propria interpretazione del risultato elettorale: “Il referendum c’è stato: ha tolto l’obbligo, non il diritto di vendere. Secondo punto: non si possono far gravare sulla fiscalità pubblica le risorse necessarie, perché non ci sono. In buona fede: concentriamoci sul servizio. Acqua pubblica significa ‘infrastruttura pubblica’. L’investimento il pubblico non lo può fare”.
L’intervento termina con un avvertimento, quasi a voler spaventare i gestori presenti: “I tempi non sono infiniti. I fondi hanno una deadline. Possiamo aspettare un giorno, ma non infiniti giorni. Possiamo decidere di dirottare i fondi in altri settori. I tempi della politica, e di quella locale in particolare, sono curiosi”.
Luca Cicchetti, managing director di Banca Rothschild, aggiunge il punto di vista di chi si occupa del credito privato, dando anche indicazioni sul tipo di “mercato” con cui vorrebbe avere a che fare: “L’accesso al mercato dei capitali per le multi utility è possibile: per le quotate, che hanno un rating, ‘capienze di gestione’ di oltre 3 milioni di abitanti. Possono anche emettere obbligazioni, per la bontà dell’emittente”.
Quello disegnato negli interventi di Cassa depositi e prestiti, F2i e Rothschild è il “risiko” dell’acqua le cui linee guida sono scritte da anni. Ciò che colpisce è l’arroganza verbale di chi ha le casse piene e vorrebbe imporre il proprio punto di vista. Un pensiero unico che si scontra con il voto di 26 milioni di italiani, che il 12 e 13 giugno hanno votato “2 sì per l’acqua ‘bene comune’”. Il Comitato referendario e Forum italiano dei movimenti dell’acqua hanno già presentato, a maggio, un “Piano straordinario d’investimenti sul servizio idrico integrato”. Per loro, però, sul divano di “casa Federutility” non c’era posto.
—
Luca Martinelli – Altreconomia
26 Dicembre 2024