Hamburger, hot-dog, merendine aumentano del cinquanta per cento la probabilità di sviluppare il disturbo
E’ confermato: i fast food aumentano il rischio di andare incontro a depressione. Chi mangia prodotti da forno, come merendine, croissant, muffin o ciambelle, e fast food, come panini, hamburger, hot dog o pizze confezionate, ha il 51 per cento in più di probabilità di sviluppare la malattia rispetto a chi non lo fa o lo fa in misura limitata. Lo dice uno studio, condotto dall’Università di Las Palmas della Gran Canaria, in collaborazione con l’Università di Granada, e pubblicato dalla rivista Public Health Nutrition, che riproduce i risultati di una ricerca precedente pubblicata su PloS (quest’ultima, però, aveva segnalato un rischio minore, attorno al 40 per cento). Non solo, ma i nuovi dati sottolineano anche il fatto che esiste una relazione dose-risposta: quanto più si consumano fast food, tanto più si rischia.
SINGLE E LAVORATORI – «Ma anche piccole quantità di cibo – ha precisato Almudena Sanchez-Villegas, autore principale dello studio – aumentano le chance di ammalarsi». I ricercatori hanno preso in considerazione un campione di quasi 9 mila persone non depresse (appartenenti a un gruppo più ampio di 12 mila soggetti dell’area mediterranea coinvolti in un progetto, chiamato Sun Project, dell’Università di Navarra sui rapporti fra cibo e salute mentale) e, oltre ad avere calcolato il rischio di depressione in base all’alimentazione, hanno anche tracciato l’identikit di chi privilegia i fast food. Si tratta frequentemente di single, che praticano poca attività fisica e seguono un’alimentazione scorretta, mangiano, cioè, poca frutta, pesce, verdura e olio di oliva, spesso fumano e lavorano più di 45 ore alla settimana. «Per confermare queste osservazioni – ha commentato Sanchez-Villegas sono necessari altri studi – ma è comunque bene limitare l’assunzione di questi alimenti perché possono incidere non solo sulla salute fisica, aumentando il rischio di malattie cardiovascolari, ma anche sulla sanità mentale».
NIENTE TRANS – Ma quali sono le componenti dei fast food che possono interferire negativamente con il benessere di cuore e cervello? I ricercatori li hanno individuati negli acidi grassi trans (insaturi), contenuti abbondantemente nei cibi incriminati, mentre hanno confermato il ruolo protettivo degli acidi grassi polinsaturi, di quelli monoinsaturi e dell’olio di oliva. E, infatti, la depressione, almeno fino a pochi anni fa (in epoca pre-fast food), era meno diffusa fra le popolazioni mediterranee rispetto a quelle nordiche.
Adriana Bazzi
abazzi@corriere.it
22 Dicembre 2024