L’obbligo della certificazione energetica è stato esteso anche ai nuovi contratti di affitto o ai rinnovi di contratti esistenti e non più solo alle case in vendita. Un esperto ci aiuta a capire l’utilità di questo strumento
La casa come il frigorifero, con tanto di etichetta energetica. Se è di classe A, significa che è ben isolata, ha impianti di riscaldamento efficienti, garantisce bollette poco salate e conviene comprarla. Se è di classe C, o addirittura G, è una casa sprecona ed è meglio lasciar perdere. La certificazione energetica delle abitazioni è diventata obbligatoria dal primo luglio del 2009. Chi vende una casa deve cioè allegare all’atto di vendita anche un certificato che attesta il consumo dell’immobile, indicato con una lettera dell’alfabeto, da A a G.
Dal luglio del 2010, invece, in Lombardia e altre regioni italiane, è stata estesa l’obbligatorietà della certificazione energetica anche ai nuovi contratti di affitto o rinnovi di contratti esistenti. La legge è chiara: secondo l’art. 6 comma 1-bis, lettera c) del Dlgs 192/2005 per vendere, trasferire o affittare auna casa tra privati serve il certificato energetico. Ma poi, nella pratica, precisano una nota ufficiale del Consiglio nazionale del notariato, la mancanza di questo documento, se non ci sono state ristrutturazioni, non ha di fatto alcuna rilevanza. In tutti gli altri casi è, quindi, sufficiente che il notaio informi le parti e che venditore e acquirente siano d’accordo nel farne a meno per non avere alcun tipo di problema. Ma è davvero un peccato non cogliere l’opportunità di sapere quanto consuma, in termini energetici, la casa che si sta per comprare.
Con l’aiuto di un esperto, l’ingegner Gianfranco D’Alascio, certificatore energetico in provincia di Como, proviamo a chiarire eventuali equivoci o dubbi sull’utilità e i vantaggi della certificazione energetica.
Ingegner D’Alascio, qual è l’utilità che si può trarre dalla certificazione?
Ciò che interessa è l’utilità in termini di tutela ambientale e risparmio energetico. Bisogna riflettere sul fatto che l’impatto del settore residenziale in termini di consumi energetici sia circa il 40% del totale, per cui non è affatto trascurabile l’efficacia che si raggiungerebbe, in termini globali, a conseguire uno degli obiettivi fissati dalla Comunità Internazionale per il 2020, cioè una riduzione delle emissioni inquinanti del 20% e un incremento dell’efficienza energetica del 20%, oltre ad un aumento del ricorso alle fonti rinnovabili sempre del 20% (il cosiddetto 20-20-20 per il 2020).
Che cosa ostacola, nel nostro paese, la piena affermazione di questo strumento?
La mentalità che purtroppo traspare in questi primi periodi di applicazione della legge è che si è ben lungi dal voler affrontare una spesa media di circa 800 euro per una certificazione, quando magari se ne spendono trecentomila per acquistare l’unità immobiliare ed almeno il 3% per l’intermediario. La spesa da sostenere per la certificazione, che attesta la bontà energetica dell’edificio che si sta per acquistare, e che naturalmente influirà, oltre che sugli estimi degli stessi edifici nell’immediato futuro, anche sulla qualità della vita e sulle spese energetiche e di manutenzione negli anni successivi, non è ancora percepita come una necessità per confermare o meno la bontà dell’acquisto che si sta per fare, ma soltanto come un obbligo di legge.
All’estero c’è una maggiore sensibilità rispetto a questo tema?
Pur essendo consapevoli che la Lombardia e poche altre regioni e province autonome abbiano fatto un bel passo avanti rispetto alla maggioranza delle regioni italiane in cui tale certificazione non è stata ancora applicata, vorrei spingermi un tantino oltre e riportare l’esempio della mentalità tedesca che si colloca, come al solito, ai vertici. E’ sotto gli occhi di tutti coloro che abbiano viaggiato almeno una volta in Germania che la diffusione delle energie integrative, prima eolica e poi solare, sia molto maggiore che da noi, pur avendo i tedeschi minor irraggiamento solare disponibile rispetto al nostro paese: non a caso i leader nell’industria e nella ricerca in questi settori sono di matrice tedesca. Inoltre, anche in Germania, dove sono nati prima che da noi gli incentivi sul fotovoltaico, la certificazione energetica è più attivamente praticata in maniera volontaria rispetto ai nostri ricorsi legati per lo più ad obblighi di legge.
Che cosa possiamo aspettarci in Italia?
E’ quindi opportuno che tutti vengano pertanto informati dell’utilità di questo strumento: i consumi energetici dell’abitazione saranno ridotti, la qualità dei materiali edilizi migliorata, il comfort termoacustico incrementato, con vantaggi anche per l’economia e per il giro d’affari di migliaia di aziende, di installatori e di professionisti, che offriranno nuovi posti di lavoro e nuove soluzioni tecniche. E se tutto verrà portato avanti con convinzione e cognizione di causa, i vantaggi saranno, oltre che per le nostre abitazioni ed i relativi consumi, soprattutto per l’ambiente in termini di minori emissioni di CO2 e per un futuro migliore da dedicare a tutti noi nell’immediato e ai nostri posteri in futuro.
Certificato energetico, tutto quello che c’è da sapere
CHE COS’E’. Il certificato energetico è un documento che indica il consumo dell’immobile mediante una lettera. La legge prevede una scala che va dalla A, la meno energivora, alla G, la più sprecona. Questo valore di sintesi tiene conto soltanto dei consumi per il riscaldamento invernale e, per il momento, non considera i consumi per la produzione di acqua calda, il condizionamento e l’illuminazione. Con successivi atti integrativi il legislatore dovrà procedere all’estensione della certificazione a tutti i consumi energetici relativi all’edifici.
SCHEDA Guida al certificato energetico
A CHE SERVE. Il certificato consente al singolo di conoscere la qualità di un’abitazione e di quantificare gli interventi per renderla meno energivora. E’ richiesto anche per accedere alle detrazioni fiscali del 55% delle spese sostenute per risparmiare energia in casa (cambiando finestre, caldaia, pannelli solari ecc.).
QUANTO DURA. Il certificato ha durata decennale e va rivisto in caso di interventi che modifichino il fabbisogno energetico dell’abitazione.
CHI LO DEVE FARE. I costruttori edili e dal primo luglio 2009 anche i singoli cittadini che vendono l’abitazione. La violazione dell’obbligo di presentazione del certificato da parte dei costruttori è sanzionata con un’ammenda da 5mila a 30mila euro. Il singolo cittadino, invece, non è sanzionabile.
CHI LO RILASCIA. La legge indica come possibili certificatori: gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico operanti nel settore dell’energia e dell’edilizia; i tecnici abilitati (geometri, architetti, ingegneri, periti agrari, purchè iscritti in un albo); gli organismi pubblici e privati qualificati ad effettuare attività di ispezione nel settore delle costruzioni edili; le società di servizi energetici (ESCO). Nell’attuale fase transitoria, in attesa delle linee guida attese da quattro anni, il certificato energetico può essere sostituito da un attestato di qualificazione energetica, che può essere rilasciato anche da un professionista non estraneo alla proprietà dell’immobile o coinvolto nelle fasi di progettazione o di realizzazione dell’edificio (progettista o direttore dei lavori). Infine, le Regioni che hanno legiferato in materia hanno fissato un sistema di accreditamento dei professionisti abilitati.
QUANTO COSTA. La parcella è molto variabile e dipende dalle caratteristiche dell’immobile, dalla città e dal professionista cui ci si rivolge. Mediamente si spendono dai 300 agli 800 euro.
di Monica Rubino
http://canali.kataweb.it/kataweb-consumi/2010/09/16/certificazione-energetica-anche-per-le-case-in-affitto-ecco-come-funziona/?ref=HRSN-2