Un’indagine condotta dal sito Immobiliare.it rivela che oltre la metà degli annunci di vendita o di affitto non riporta, come previsto dalle norme nazionali e comunitarie, l’indicazione della classe di efficienza energetica. Anche per questo l’Italia è sotto procedura di infrazione da parte dell’Ue: restano 2 mesi di tempo per rimediare, dopodiché il nostro Paese rischia pesanti sanzioni da parte della Corte di giustizia europea
Poco più del 50% degli immobili italiani presenti sul mercato è regolarmente provvisto del necessario Attestato di certificazione energetica. È il dato che emerge da un’indagine condotta dal sito Immobiliare.it, secondo la quale solo nel 53% degli annunci di vendita è indicata la classe di efficienza dell’appartamento o dell’edificio in questione. Una percentuale che scende ad appena il 37% per gli annunci di case in affitto.
Eppure, la normativa nazionale è chiara: da oltre un anno, il 1 gennaio 2012, è entrato in vigore l’obbligo di indicare la certificazione energetica negli annunci immobiliari di vendita e locazione. Una misura introdotta, da una parte, per tutelare acquirenti e affittuari, permettendo loro di conoscere la prestazione della casa in termini di efficienza, e dall’altra per incentivare la riqualificazione energetica del parco immobiliare nazionale, dal momento che un buon grado di isolamento termico e di efficienza in generale non può che incidere favorevolmente sul valore dell’edificio.
Eppure, degli oltre 60.000 annunci privati esaminati da Immobiliare.it, solo l’11% ha una certificazione valida. Va decisamente meglio quando entrano in gioco degli intermediari: la percentuale degli avvisi in regola sale infatti al 46% per gli annunci gestiti da agenzie immobiliari indipendenti e al 58% in caso di coinvolgimento di grandi gruppi immobiliari. Quando a proporre l’acquisto o l’affitto sono direttamente i costruttori, poi, l’Attestato di certificazione energetica è presente addirittura nel 97% degli annunci.
Il problema principale, secondo gli addetti ai lavori, è che in molti casi si continua a ricorrere all’autocertificazione in classe G, nonostante questa consuetudine tutta italiana abbia portato all’apertura di una procedura di infrazione da parte dell’Ue ai danni del nostro paese e sia stata successivamente vietata dal Decreto del Ministero dello Sviluppo economico 22 novembre 2012 (pubblicato in Gazzetta ufficiale a dicembre). In pratica, per sottrarsi all’obbligo di far redigere la perizia da un tecnico abilitato, molti proprietari continuano ad attribuire al proprio immobile la classe energetica peggiore (la G, appunto), impedendo di fatto al potenziale acquirente/locatario di conoscere il reale grado di efficienza dell’appartamento o dell’edificio in questione. «Per evitare i costi della perizia, sovente si ricorre ad un’autocertificazione in classe G, pratica peraltro non legalmente valida né consentita, con l’intento di classificare realmente l’immobile solo all’atto del rogito – spiega Carlo Giordano, amministratore delegato di Immobiliare.it – Questo è espressione di una forte resistenza da parte dei proprietari che, scoraggiati dai lunghi tempi di vendita, sono disposti a spendere solo dopo aver trovato l’acquirente».
Una situazione che rischia di esporre l’Italia a nuove sanzioni da parte dell’Europa. La Commissione, tra l’altro, ha appena inviato al nostro paese, insieme a Bulgaria, Grecia e Portogallo, i pareri motivati relativi alla procedura di infrazione aperta per la mancata ottemperanza alla Direttiva 2010/31/Ue sull’efficienza energetica degli edifici. La direttiva, in particolare, prevede che i governi nazionali stabiliscano e facciano applicare dei requisiti minimi di efficienza per gli edifici nuovi e quelli già esistenti, organizzino un sistema di regolari ispezioni agli impianti di riscaldamento e climatizzazione e garantiscano la certificazione della classe di efficienza energetica degli edifici. Prescrizioni che l’Italia e gli altri stati membri sotto infrazione non hanno rispettato. La procedura riguarda inoltre l’obbligo che entro il 2021, tutti i nuovi edifici rientrino nella categoria dei cosiddetti “edifici a energia quasi zero”. Ora il nostro paese ha due mesi di tempo per mettersi in regola, altrimenti l’Italia sarà deferita dinanzi alla Corte di giustizia europea, che potrebbe comminarci pesanti sanzioni economiche.
di Silvana Santo – Eco dalle città
21 Novembre 2024