Un modo anche per fare cultura e per promuovere la legalità. Secondo una recente indagine dell’Aiab (Associazione italiana per l’agricoltura biologica) nel triennio 2007-2010 l’incidenza nel settore agricolo, privato e cooperativo, delle realtà che praticano l’agricoltura sociale è passata dal 24,3% a circa il 33% del totale.
Coniugare la produzione alimentare e l’attività agricola con formule di aiuto alle persone disagiate. Questa la missione delle fattorie bio sociali che sono in forte crescita in Emilia Romagna. Etica, ambiente e solidarietà, sono gli ingredienti di una formula che sempre più produttori biologici stanno sposando e sviluppando. Secondo una recente indagine dell’Aiab (Associazione italiana per l’agricoltura biologica) infatti, nel triennio 2007-2010 l’incidenza nel settore agricolo, privato e cooperativo, delle realtà che praticano l’agricoltura sociale è passata dal 24,3% a circa il 33% del totale.
In particolare, l’Emilia Romagna ha dal 2009 una legge che ‘Disciplina dell’agriturismo e della multifunzionalità delle aziende agricole’ con la quale ha introdotto le attività sociali tra quelle che possono essere svolte nell’ambito dell’agriturismo. In questo ambito, la norma prevede che si possano organizzare e offrire servizi socio-educativi, a cominciare dai bambini, o sociali a fini riabilitativi e di inserimento lavoro, finalizzati al servizio di comunità o al reinserimento sociale di persone svantaggiate attraverso il impiego in mansioni collegate al settore agrituristico e all’ambiente rurale.
Tali servizi devono rispettare le norme specifiche di settore e possono essere gestiti attraverso un rapporto convenzionale con enti pubblici. In tal caso gli imprenditori agrituristici possono avvalersi dell’affiancamento di eventuali collaboratori con professionalità medico-sociale indicati dall’ente pubblico o previsti dalle norme specifiche in vigore, oltre ovviamente al personale aziendale.
Attualmente, in Italia sono circa un migliaio le aziende che si occupano di agricoltura sociale: un buon numero ma si tratta di circa la metà delle 2.100 fattorie presenti in Francia. Sempre da una ricerca Aiab del 2010 è emerso, inoltre, che le categorie più presenti in azienda sono: disabilità mentale 32%, disabilità fisica 19%, detenuti o ex detenuti 12,5%. Per le attività le più diffuse sono: coltivazione o allevamento 38%, ortoterapia 23%, pet therapy 7%, florovivaismo 5%.
Delle 54 fattorie emiliano-romagnole che ospitano i contadini ‘a tempo determinato’ 12 sono nel bolognese, 12 nel modenese, 3 nel piacentino, 4 nel parmense, 2 nel reggiano, 1 nel ferrarese, 3 nel ravennate, 2 riminese e 2 nel forlivese.In queste fattore, insomma, l’attività agricola ospita e coinvolge le fasce deboli della popolazione.
Il principio di fondo è che la stessa conoscenza dei processi del lavoro agricolo, l’ambiente, i tempi e i ritmi della campagna, possano essere un’occasione terapeutica, una concreta possibilità per intervenire su diverseforme di disagio. Di questo tratta anche il manifesto ‘SoFar’ (Social Farming), iniziativa internazionale di supporto alla ricerca per le politiche rurali europee, finanziata dalla Commissione europea nell’ambito del VI Programma Quadro per la Ricerca e l’Innovazione.
Quanto all’orizzonte europeo, “in Inghilterra, Irlanda e Slovenia l’agricoltura sociale si concentra sugli aspetti terapeutici riabilitativi ed è praticata in aziende agricole istituzionali inserite nell’ambito ospedaliero, – ha spiegato Marco Boschetti, direttore del Consorzio agrituristico Mantovano, nel suo intervento al seminario ospitato lo scorso febbraio a Vicofertile – mentre in Olanda, Norvegia, Belgio, l’agricoltura sociale si sviluppa prevalentemente nelle aziende agricole di piccole dimensioni”.
In Italia, invece, le prime esperienze sono sorte nell’ambito di iniziative di volontariato ma da qualche tempo l’agricoltura sociale registra un crescente interesse nelle istituzioni e nel mondo agricolo perché potrebbe rappresentare anche un’opportunità economica per l’azienda agricola e per la stessa ridefinizione dello stato sociale. “Le norme e le politiche di sviluppo devono però migliorarne la fruizione, la redditività e la capacità di erogare servizi sociali” ha agggiunto Boschetti, rimarcando che “l’ordinamento italiano non ha ancora definito un quadro legislativo certo per le fattorie sociali, nonostante siano espressamente citate nel piano strategico nazionale per lo sviluppo rurale, adottato dal ministero delle Politiche agricole e approvato dalla Commissione europea nel gennaio 2007”.
Ma le fattorie sociali sono anche un modo per fare cultura e per promuovere la legalità. E’ questo il caso, ad esempio, delle strutture gestite da Libera Terra, sorte su terreni confiscati alle mafie. Da queste fattorie provengono i prodotti che si possono ormai trovare su tutti gli scaffali delle principali catene della grande distribuzione. Si va dai pacchi di pasta di grano duro prodotto sulle ex-proprietà di Brusca e Riina, all’olio extravergine e i vasetti di peperoncino provenienti dai terreni sequestrati in Calabria ai Mammoliti e Piromalli, dal vino Centopassi prodotto nel corleonese ai pomodorini secchi, le friselline e i tarallini prodotti sugli ex terreni della Sacra Corona Unita.
Non manca lo spettacolo legato alla terra. Dal 2010, infatti, l’attrice emiliana Tiziana De Masi ha deciso di portare in scena l’esperienza maturata insieme al collega Andrea Guolo sui terreni confiscati alle mafie e da cui ha preso vita lo spettacolo ‘Mafie in pentola’. Finanziato da Coop Adriatica e sostenuto da Libera-Associazione, la piéce è in programma ancora per questa primavera, con due date in aprile a Cesenatico.
Fenomeno tra i più recenti è infine quello dei ‘contadini per passione’. Negli ultimi anni infatti sono migliaia coloro che si improvvisano agricoltori per alcuni limitati periodi dell’anno. In Emilia Romagna ci sono bel 54 fattorie (delle 580 italiane) che sono disposte ad ospitare i ‘contadini stagionali’, che si mettono al servizio dei campi delle aziende biologiche gratuitamente in cambio di vitto e alloggio. Si tratta così di periodi di vacanza a contatto con la natura e con un mestiere diverso da quello che si svolge per tutto l’anno.
Ad organizzare il tutto è Wwoof Italia, che fornisce ai viaggiatori e aziende una tessera associativa in modo da rendere possibile la presenza di lavoro volontario nelle fattorie ed offre ai viaggiatori la copertura assicurativa per gli infortuni e la responsabilità civile. La lista italiana Wwoof (nata 40 anni fa in Inghilterra) include aziende agricole di piccole e medie dimensioni, biologiche e biodinamiche. Si tratta di un’opportunità davvero per tutti, considerato che le aziende ospitanti non si aspettano dai ‘contadini a tempo’ conoscenza dei lavori agricoli al momento dell’arrivo in azienda. Ciò che si aspettano è la voglia di imparare, di collaborare alle attività, la capacità e la curiosità di adattarsi al loro stile di vita.
22 Novembre 2024