Il Senato ha votato la conversione in legge del decreto art. 15 con il quale si privatizzano tutti i rubinetti d’Italia. L’acqua del Sindaco come per anni l’hanno chiamata i Lombardi non c’è più e di questo bisogna ringraziare la classe politica italiana in particolare un ringraziamento va alla Lega, che con questo voto ha segnato il suo passaggio al sistema economico di potere e ha mostrato quanto il suo federalismo sia puro linguaggio e altrettanto la partecipazione dei cittadini.
La mobilitazione del movimento, le mail che hanno intasato i computer dei senatori, la presa di posizione di molti sindaci e della regione Puglia, che ha dichiarato di voler assumere a se la gestione del Servizio idrico integrato, hanno reso meno celebrativo il dibattito al Senato e per la prima volta i nostri argomenti sono risuonati in quelle aule in modo chiaro e nel PD si sono sentite voci discordanti da quelle sostenute da sempre in questo partito partito.
Ma la cosa non ha cambiato la sostanza del decreto.
Si è reso obbligatoria la gara, si sono praticamente liquidate le SPA a totale capitale pubblico, si sono generalizzate e affermate le società miste definendo il tetto alla partecipazione pubblica al 30%, facendo cadere così anche l’ultima foglia di fico di qualche amministratore che nel passato ha sostenuto che con il 51% delle azioni il controllo maggioritario del pubblico era assicurato.
Si è introdotta una nuova mistificazione: la possibilità ai comuni di partecipare come “privati” alla prima gara. Una cosa paradossale: i comuni sono obbligati a mettere a gara le proprie azioni ma poi possono gareggiare per riprendersele magari attingendo a prestiti bancari….incredibile schizzofrenia, mentre si afferma definitivamente il primato del mercato si permette l’ipocrisia a chi in mala fede può ancora dire che non privatizza. Guardate che circola già questa ipocrita giustificazione.
E’ un vizio tipico di una certa politica: perseguire la privatizzazione e negare di averla fatta, gli amministratori delle regioni Toscana, Emilia ecc.. sono stati maestri in questo.
Questo decreto segna un un passaggio cruciale per la cultura civile di questo paese e per la sua costituzione, i comuni e le regioni vengono espropriati da funzioni proprie e ne va della democrazia e questo fa dell’Italia l’unico paese Europeo che si incammina su questa strada.
Per la stragrande maggioranza dei partiti questo è l’epilogo di una lunga sbornia privatistica dalla quale solo in Italia sembra non si voglia più uscire, nemmeno davanti alla crisi finanziaria, nemmeno davanti al palese fallimento del neoliberismo, per altri partiti prevale una storica indifferenza per il problema acqua, per i paradigmi dei beni comuni e del limite delle risorse, prevale l’abitudine nel pensare.
Ora il Decreto va alla Camera e la battaglia non è perciò chiusa.
Vorremmo però fare un appello a tutti i partiti a rivedere questo decreto: a ritirarlo o a togliere dal decreto l’acqua per ciò che questo rappresenta, d’altronde si sono già tolti alcuni servizi come il gas e si è tolta la liberalizzazione delle farmacie. Verremmo venisse tolta l’obbligatorietà ai comuni di privatizzare.
Vorremmo fare un appello ai partiti e ai parlamentari che hanno votato contro e hanno sostenuto i nostri argomenti.
Li ringraziamo ma vogliamo dire loro che se si vuole fare veramente una battaglia non basta votare contro in aula. Ci si pronuncia come partito attraverso il segretario nazionale, si da mandato a tutto il partito di mobilitarsi, si va in TV o sui media denunciando ciò che avviene si informa l’opinione pubblica.
E questo vale per chi sta in Parlamento e per chi è stato messo fuori.
Per i partiti che intendono mobilitarsi il 5 di Dicembre contro la politica sociale di Berlusconi, chiediamo loro di mettere nella piattaforma la questione dei servizi idrici privatizzati.
E in fine un appello particolare va ai sindacati, a pronunciarsi e a mobilitarsi non solo per il destino dei lavoratori del settore, ma alò nostro fianco per ciò che vuol dire mercificazione dell’acqua, di cui il decreto italiano è un tassello determinante e un precedente gravissimo.
E’ in ballo la capacità di una sinistra di rinnovare i propri paradigmi e ne va della propria esistenza.
Emilio Molinari.
Rosario Lembo
il Manifesto (pubblicato il 6.11.2009).
23 Dicembre 2024