Il saggio Circular economy – Dallo spreco al valore, di Peter Lacy, Jakob Rutqvist e Beatrice Lamonica, delinea un modello economico basato sull’uso efficiente delle risorse e l’eliminazione degli sprechi. La Commissione Ue ha calcolato che così facendo il pil del continente potrebbe aumentare “fino al 3,9%”. Ci sono già casi virtuosi, sia tra le onlus sia nel profit
Non solo buone notizie per l’ambiente, ma anche un impatto positivo per l’economia stessa. Con una crescita potenziale, da qui al 2030, che può valere 4.500 miliardi di dollari a livello globale. Sono le opportunità aperte dall’economia circolare, secondo il libro Circular economy – Dallo spreco al valore (edizioni Egea) scritto da Peter Lacy, Jakob Rutqvist e Beatrice Lamonica, dirigenti della divisione Sustainability services della società di consulenza Accenture. D’altra parte, sostengono gli autori, non è più sostenibile continuare con l’attuale modello economico del “prendere, produrre e buttare“: se non cambieremo registro, ci troveremo con un ambiente devastato, un’impennata dei prezzi e sommersi dai rifiuti. In Italia, la strada indicata nel saggio è già stata imboccata con successo da diverse onlus e anche da qualche azienda profit.
Ma nel concreto cosa si intende per economia circolare? Si tratta un sistema ideato per rigenerarsi in autonomia, dove i rifiuti diventano risorsa. “Nella circular economy, – si legge nel volume – le imprese puntano a crescere senza fare affidamento sull’estrazione e sul consumo di risorse della Terra, senza sprecare energia, senza generare un flusso costante di prodotti che finiscono in discarica o danneggiano l’ambiente in altro modo”.
Insomma, una strada maestra per preservare il pianeta. Ma anche, sottolineano gli autori, per dare una spinta all’economia, con una crescita potenziale stimata appunto in 4.500 miliardi di dollari nei prossimi 15 anni. Nel dettaglio, gli esperti prevedono che 1.700 miliardi possano derivare dall’eliminazione di risorse sprecate, introducendo energia rinnovabile e combustibili, agenti chimici e materiali di natura biologica. A questi si aggiungono 1.300 miliardi risultato dell’incremento del riciclo e del recupero di componenti ed energia, 900 miliardi ricavati cancellando gli sprechi nei cicli di vita dei prodotti, rimettendo sul mercato, rigenerando, riparando. Infine, si potranno ottenere 600 miliardi di dollari grazie allo sviluppo di pratiche di condivisione, comproprietà, coutilizzo.
Anche la Commissione europea, in un rapporto del 2014, ha stimato che grazie all’economia circolare “un uso più efficiente delle risorse lungo l’intera catena di valore potrebbe ridurre il fabbisogno di fattori produttivi materiali del 17-24% entro il 2030, con risparmi per l’industria europea dell’ordine di 630 miliardi di euro l’anno”. E ancora, il settore “potrebbe realizzare notevoli risparmi sul costo delle materie e innalzare potenzialmente il Pil dell’Ue fino al 3,9%”.
Quella dell’economia circolare, fanno capire gli autori del volume, sarà presto una scelta obbligata. “L’attuale sistema economico è insostenibile – scrivono Lacy, Rutqvist e Lamonica – La crescita economica, considerata a suo tempo una panacea contro una gamma di mali, è oggi la fonte dei problemi più spinosi del pianeta”. Gli autori ricordano che “molti esperti pensano che le commodity fondamentali (petrolio, rame, cobalto, litio, argento, piombo e stagno) rischino di esaurirsi tra 50-100 anni”. Ma tra le risorse sempre più carenti c’è anche l’acqua: nel 2050, oltre il 40 per cento della popolazione mondiale (quasi 4 miliardi di persone) vivrà in zone afflitte da una grave carenza d’acqua”. Interventi umani, quali l’incremento dei gas serra e l’utilizzo dei fertilizzanti nelle coltivazioni, “stanno minacciando i serbatoi di assorbimento planetari”, cioè foreste, atmosfera, oceani.
Al quadro si aggiunge la questione rifiuti, che gli studiosi trattano in un capitolo intitolato “Sommersi dalla spazzatura”. Se continueremo con l’attuale modello di crescita, sostengono gli autori, entro il 2025 i rifiuti urbani aumenteranno di oltre il 75% e quelli industriali del 35%. E finora siamo arrivati a quota 11 miliardi di tonnellate di scarti generati in un anno. Gli esperti prevedono “tensioni sui mercati delle commodity e una volatilità degli stessi, oltre a situazioni di stress in relazione all’acqua e alla sicurezza dei generi alimentari, il che creerebbe tensioni geopolitiche e instabilità”.
Così il libro indica l’economia circolare come la via per evitare uno scenario tutt’altro che rassicurante. E alcune realtà hanno già intrapreso questa strada. Come nel caso della cooperativa sociale Alpi di Trento, che porta avanti il progetto Ausili Off. In precedenza, la Provincia di Trento cedeva ausili sanitari (stampelle, deambulatori, sostegni per il bagno) alla società perché li smaltisse. Poi la cooperativa ha deciso di recuperare i materiali sia mettendoli a disposizione attraverso un’attività filantropica in Paesi del Sud del mondo sia rimettendoli in vendita sul mercato locale.
A Matera, invece, il consorzio La città essenziale ha realizzato il progetto “Energia solidale“. Si tratta di installare impianti fotovoltaici o realizzare interventi di efficientamento energetico che permettono alle amministrazioni pubbliche di risparmiare energia e ridurre l’impatto ambientale: le risorse economiche risparmiate sono interamente reinvestite in servizi di welfare per la comunità.
Infine, esempi virtuosi di economia circolare si trovano anche presso le aziende profit. E’ il caso di CartaCrusca, il progetto realizzato da Barilla e dalla cartiera Favini. La frazione di crusca derivante dalla macinazione del grano Barilla è consegnata alla cartiera, che trasforma il materiale di scarto in carta di alta qualità, usata dal marchio della pasta per realizzare packaging ma anche documenti istituzionali. di Stefano De Agostini Il Fatto Quotidiano
31 Ottobre 2024