Un altro ‘colpettino’ a rinnovabili, efficienza energetica e all’autonomia energetica è stato sferrato oggi al Senato, che vota a larga maggioranza per lo slittamento di un anno degli obblighi di utilizzo di fonti rinnovabili per la copertura dei fabbisogni di calore, elettricità e raffrescamento nel caso di edifici nuova costruzione e di quelli esistenti con ristrutturazione rilevante. Votano contro M5S e Sel.
Un altro ‘colpettino’ alle rinnovabili, all’efficienza energetica e all’autoconsumo è stato sferrato oggi al Senato, nel corso della votazione sulla “Conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative” (Atto Senato n. 1214), meglio noto come decreto Milleproroghe. Si tratta di fatto dello slittamento di un anno degli obblighi di utilizzo di fonti rinnovabili per la copertura di una determinata percentuale dei fabbisogni di calore, elettricità e raffrescamento nel caso di edifici nuova costruzione e di quelli esistenti sottoposti a ristrutturazione rilevante.
Gli edifici in questione già dal 31 maggio 2012 devono coprire con le rinnovabili il 20% del fabbisogno energetico. Secondo la normativa vigente dal primo gennaio 2014 la quota di energia rinnovabile obbligatoria è salita al 35%, ed è qui che arriva la modifica introdotta oggi al Senato: si sposta il passaggio dell’obbligo dal 20 al 35% dal primo gennaio 2014 al primo gennaio 2015.
Questo ‘posticipo’ sembra confermare l’enorme distanza tra la nostra classe politica e la necessità di sviluppare un’edilizia più sostenibile. Non è neanche immaginabile che non ci sia stata una fortissima pressione della lobby nazionale dell’edilizia, sempre più aggrappata ad un vecchio modo di costruire. Sarebbe ora importante sapere qual è la posizione del Governo.
Il D.Lgs. 28/11 che ha recepito la Direttiva 20-20-20 (2009/28/CE) aveva introdotto l’obbligo di rinnovabili negli edifici. In particolare, una quota del 50% dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria e di percentuali a partire dal 30 settembre 2011, e poi obblighi crescenti nel tempo (20, 35 e 50%, con diverse entrate in vigore degli obblighi) della somma dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento. Per gli edifici pubblici, questi obblighi sono aumentati del 10%.
Il D.Lgs. 28/11 specifica quindi i termini per questi obblighi minimi da ottemperare, obblighi che possono essere soddisfatti anche grazie ad una combinazione di fonti energetiche e soluzioni tecnologiche che, sommate, siano in grado di raggiungere le percentuali richieste. Un impianto solare termico, ad esempio, potrebbe essere accoppiato a una pompa di calore, a una caldaia a condensazione, o a una caldaia a biomasse. Ecco come veniva fissata originariamente quota e relativa tempistica:
Il 20% della somma dei consumi di acqua calda, riscaldamento e raffrescamento quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 31 maggio 2012 al 31 dicembre 2013.
Il 35% della somma dei consumi di acqua calda, riscaldamento e raffrescamento quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2016.
Per il 50% della somma dei consumi di acqua calda, riscaldamento e raffrescamento a partire dal 1° gennaio 2017.
In pratica l’emendamento, presentato dalla Lega e votato in larga maggioranza dal Senato, con il voto contrario del M5S e di Sel, come anticipato, prevede lo slittamento di un anno degli obblighi del punto a) e b). Questa la variazione apportata:
a) il 20 per cento quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 31 maggio 2012 al 31 dicembre 2014;
b) il 35 per cento quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2016;
Ricordiamo che le leggi regionali non possono essere in contrasto con quanto previsto dal Dlgs 28, ma possono prevedere norme più restrittive, e che l’inosservanza dell’obbligo comporta il diniego del rilascio del titolo edilizio.
Qualenergia.it
23 Novembre 2024