Il referendum sul nucleare ha tirato la volata, ma quello sull’acqua ci ha messo l’anima profonda del cambiamento.
Ha interrotto una lunga fase, non solo quella di Berlusconi, ma quella del liberismo senza limiti di Regan, del ritiro della politica da ogni idea pubblica che ha contaminato tutti.
Viene da lontano, è figlia dei Forum Sociali Mondiali e di un lungo lavoro culturale di 11 anni e di lotte, che hanno scavato nelle coscienze dei cittadini, di dialogo con la chiesa e di confronto-scontro coi partiti.
Le privatizzazioni caratterizzeranno il dopo referendum e il dopo Berlusconi. Ma non si potrà ignorare che i cittadini hanno detto: che il servizio idrico va gestito pubblicamente e che vogliono partecipare alla definizione delle scelte che si faranno, sapendo che si scontreranno con destra e sinistra, ma sopratutto con Confindustria, Federutilty, multinazionali che hanno ripetutamente detto che le privatizzazioni devono stare al centro dell’iniziativa di qualsiasi governo.
C’è in giro il timore di un nuovo “fantasma che si aggira per il mondo”…Ed è il fantasma della partecipazione che si fa soggetto organizzato in reti nazionali ed internazionali, capace di darsi obbiettivi a tutti i livelli: dal fermare la mercificazione dell’acqua potabile, all’affermazione del diritto umano nelle istituzioni internazionali. Che ha rivitalizzato come in Uruguay e Berlino il referendum strumento della sovranità popolare. Ha introdotto il linguaggio dei beni comuni di cui oggi tutti parlano. Che non divide i popoli, non demonizza i partiti per trovare un proprio consenso, ma cerca consenso tra la gente per cambiare la cultura dei partiti e portarli a battersi con noi come è avvenuto in parte nei referendum.
Non ha chiesto: stai con Berlusconi o contro? Ha detto a tutti: guardate al mondo e ai suoi terribili problemi, sono anche nostri. Ban Ky-Moon nel 2008 ebbe a dire che siamo di fronte a una grande crisi idrica mondiale ed a una grande crisi energetica che si alimentano e provocano altre crisi, compresa quella alimentare.
Volevamo parlare di questo. Chiedere: perché l’accesso ai beni comuni indispensabili alla vita e che scarseggiano, deve essere regolato dal mercato?
Esiste ancora un interesse pubblico e una fiscalità generale? L’acqua potabile è un bene comune oppure per il fatto che occorrono interventi industriali, la sua natura diventa economica, il suo accesso diventa individuale, regolato dal mercato?
L’acqua è un diritto umano o è solo un bisogno individuale che si compera come sostengono le multinazionali e i Forum Mondiali dell’acqua partecipati da 160 governi?
Noi non abbiamo parlato di gratuità. Avremmo voluto spiegare che vogliamo garantire il diritto a tutti, a carico della fiscalità, 50 litri al giorno per persona come sostiene l’OMS e dopo tale consumo una tariffa progressiva sempre più cara per garantire il risparmio.
Per paura ci hanno resi muti. Ha parlato la politica, che trasversalmente volle le privatizzazioni, e rancorosi economisti senza anima che hanno ridotto tutto ad una questione di fredda contabilità.
Il soggetto della partecipazione esiste. Ora i partiti non sono i soli soggetti della politica, ma anche i movimenti. Un protagonista in più, che vuole incontrare con pari dignità i partiti e le istituzioni, riproporre la propria legge di iniziativa popolare che il governo non volle discutere e aprire il grande tema della costituzionalizzazione dei beni comuni.
I referendum sull’acqua ci segnala un cambiamento epocale il cui motore è stata l’acqua. Prendetene atto e non parlate sempre da contabili.
Emilio Molinari
Corriere della Sera
23 Dicembre 2024