Il nuovo accordo con il Conai, la banca dati dei comuni, il decreto assimilazioni. Sono i nodi fondamentali del sistema di gestione dei rifiuti urbani di cui abbiamo parlato con Ivan Stomeo, dal marzo scorso delegato Anci per Rifiuti ed Energia: “Lavoriamo per rimettere al centro i Comuni, più efficienza e trasparenza “
Tra i nuovi volti dell’Anci, l’associazione nazionale dei comuni italiani, c’è Ivan Stomeo, sindaco del piccolo comune salentino di Melpignano, sede della festa finale della Notte della Taranta, diventato uno dei festival di musica popolare più importanti al mondo, ma anche laboratorio di buone pratiche ambientali e sociali. Una su tutte la prima cooperativa di comunità italiana, nata nel 2011, che reinveste gli utili derivati da decine di impianti fotovoltaici installati sui tetti delle abitazioni e dalle case dell’acqua in progetti per migliorare la vita di tutti i cittadini. Stomeo è in Anci da marzo 2017 come delegato rifiuti ed energia. Ha sostituito dopo 10 anni consecutivi di mandato Filippo Bernocchi, l’avvocato toscano accusato di avere un conflitto di interessi “quasi incredibile”, come scrisse Luigi Franco sul Fatto Quotidiano, visto che trattava con il Conai i corrispettivi dovuti dai privati ai comuni per sostenere i costi della raccolta differenziata e nello stesso tempo il suo studio curava il recupero crediti dello stesso Conai. Stomeo ha inaugurato il nuovo corso della presidenza Decaro, il sindaco di Bari eletto al vertice di Anci esattamente un anno fa, che lo ha fortemente voluto con lui. Lo incontriamo nel suo ufficio al comune di Melpignano.
Stomeo come sono andati questi primi mesi, a cosa vi siete dedicati?
L’obiettivo che mi sono posto insieme al Presidente Decaro è quello di un sostanziale cambio di passo. La gestione dei rifiuti rappresenta per i Comuni molto spesso solo un problema cui dare una risposta il più possibile efficace ma con un’attenzione alla sostenibilità economica, viste le sempre più limitate risorse di cui dispongono. In molti Comuni il problema si risolve con una delega alle aziende affidatarie del servizio senza entrare nel merito delle scelte di pianificazione, tant’è che molti non conoscono neppure l’intera filiera dei propri rifiuti. Per fortuna però non mancano esempi virtuosi, da nord a sud dell’Italia.
Quello che sto cercando di fare io con Decaro è mettere al centro i Comuni, lavorando per un loro maggior coinvolgimento, che auspichiamo possa tradursi in una maggiore efficienza e trasparenza: più conoscenza e trasparenza c’è rispetto ai processi anche operativi e più facilmente le amministrazioni riescono a coinvolgere i cittadini, che sono i principali attori di questo percorso. I cittadini possono sviluppare nuovi modelli di consumo, più consapevole e meno impattante, sono anche le persone cui ogni giorno noi sindaci chiediamo di separare in modo corretto i rifiuti e che consentono in questo modo di raccogliere non semplice spazzatura ma risorse pronte per il riciclo.
Il percorso è lungo e non facile ma si può iniziare anche dalle piccole cose: ad esempio qui a Melpignano abbiamo da poco installato un impianto di compostaggio di comunità che può funzionare bene solo se la cittadinanza è coinvolta attivamente, se sa cosa deve fare e soprattutto se ne trae dei benefici, non solo economici ma anche sociali, ambientali, culturali. In un territorio che ha una carenza strutturale di impianti di trattamento dell’organico, soluzioni anche piccole per la gestione di questa frazione contribuiscono a limitare il problema”.
All’orizzonte c’è il nuovo accordo quadro con il Conai, ne state già parlando?
Al momento abbiamo iniziato a parlarne in ANCI in modo da arrivare nei prossimi mesi ad una piattaforma da proporre alla controparte. Gli obiettivi sono un coinvolgimento più diretto dei Comuni, che non devono limitarsi al mero conferimento dei rifiuti ai consorzi di filiera ma devono anche entrare nel merito di quello che accade dopo. E ovviamente massimizzare i contributi a copertura dei maggiori oneri. Un altro tema fondamentale è quello dei controlli, quelle che i tecnici chiamano analisi merceologiche, su tutti i flussi di rifiuti che i Comuni conferiscono al Conai. Oggi il sistema è disomogeneo e soprattutto è di parte, mentre è necessario che le analisi siano svolte da un soggetto terzo, indipendente sia dal Conai che dai Comuni.
Ci sono novità invece sulla Banca Dati Anci-Conai?
A fine mese sarà terminato il lavoro di internalizzazione in ANCI della banca dati che prima era gestita da una partecipata da Ancitel, Ancitel Energia&Ambiente, che in tempi recenti è stata privatizzata. Sarà una banca dati innovativa soprattutto per quanto riguarda l’interattività, in modo che sindaci, assessori, funzionari e tecnici possano più facilmente utilizzare i dati in essa contenuti anche come strumento di pianificazione, oltre che di controllo.
C’è poi il Decreto Assimilazioni, altro nodo fondamentale.
La bozza di Decreto attualmente in discussione non ci soddisfa affatto e se fosse approvato così com’è, avrebbe un impatto significativamente negativo per i Comuni.
Quello che l’Anci contesta è un’esegerata deassimilazione dei rifiuti prodotti delle aziende che si trovano sul territorio comunale: la norma escluderebbe dalla gestione dei rifiuti urbani le attività che occupano più di 300 metri quadrati nei Comuni con meno di 10 mila abitanti e più di 500 metri quadrati nei Comuni con oltre 10 mila abitanti.
L’aspetto più rilevante a cui andremmo incontro è il minore gettito della Tari, che abbiamo stimato in circa 20-30%, e questo significa dover riversare il minore introito sulle utenze domestiche.
C’è inoltre una preoccupazione anche da un punto di vista ambientale, poiché un’ampia deassimilazione non permetterebbe più ai Comuni di poter verificare la corretta gestione dei rifiuti, in particolare quelli più costosi da trattare e le frazioni non recuperabili.
Una estesa deassimilazione delle attività artigianali porterebbe all’esclusione delle tante piccole attività inserite nel tessuto urbano con potenziali impatti sia sulla tracciabilità dei rifiuti e del rispetto della legalità.
Infine la riduzione della superficie imponibile collegata ai diversi sistemi di tariffazione (puntuale o meno) potrebbe addirittura creare squilibri concorrenziali fra attività assimilate (che pagherebbero i costi fissi) e attività non assimilate che invece sarebbero esentate.
Si parla sempre di obiettivi di raccolta differenziata e avvio al riciclo dei rifiuti, mentre si parla sempre poco della riduzione a monte, della prevenzione. È d’accordo?
È vero. Si parla molto di economia circolare, ma un’economia circolare parte dalla progettazione di beni e imballaggi sapendo già quello che accadrà quando questi saranno buttati perché non più utilizzabili, dalla riduzione dei rifiuti e dall’allungamento della vita utile dei beni che ogni giorno acquistiamo. Dobbiamo andare in questa direzione. I Comuni possono senz’altro sostenere e promuovere modelli di consumo a basso impatto; ottimo in questo senso il, seppur timido, decreto sul vuoto a rendere e le molte iniziative di acquisto senza imballaggio, cosa normale fino a non tantissimo tempo fa.
Proprio gli imballaggi e in particolare quelli in plastica costituiscono una criticità: tanti degli imballaggi in plastica oggi prodotti non hanno uno sbocco di riciclo e la loro gestione costa molto di più di quanto riesce a ricavare; negli ultimi anni si sono fatti passi avanti enormi nel settore del packaging per rispondere a logiche di marketing e di prestazione, ma troppo poco nel campo della riciclabilità.
Dal prossimo anno sarà operativo il CAC differenziato sugli imballaggi in plastica ma si rischia che non sia così incisivo da stimolare una maggiore produzione di imballaggi riciclabili a scapito di quelli non riciclabili: forse si poteva essere più ambiziosi.
A proposito di plastica, Corepla ci ha detto che la situazione plasmix, lo scarto derivante dai processi di selezione degli imballaggi in plastica, è rientrata. Lei come valuta la faccenda?
La situazione è meno critica di questa estate ma il problema è lungi dall’essere risolto. Il Comitato di Verifica (organo tecnico che monitora l’attuazione dell’Accordo Anci-Conai ndr) sta seguendo l’evoluzione della situazione ma è necessario un intervento strutturale, se no l’auspicabile aumento della raccolta differenziata, collegato a una situazione del mercato del riciclo meno attiva degli anni scorsi, potrebbe portare ad una crisi strutturale del sistema.
Le sembra realistica la proposta di legge di Vignaroli sulla necessità di dare incentivi ai comuni per acquistare oggetti di plasmix?
In Anci non abbiamo ancora approfondito la proposta di legge. In generale sono convinto che se si vuole dare un maggiore impulso ai cosiddetti acquisti verdi è necessario anche sostenere con incentivi le amministrazioni che li promuovono e li utilizzano. Nel caso specifico bisogna fare attenzione che un sostegno spinto a prodotti derivanti dal riciclo del plasmix dia sicuramente una risposta nell’immediato ma svicoli da percorsi strutturali di ripensamento e riprogettazione di ciò che viene immesso al consumo, che poi è quello che ci chiede l’economia circolare.Solo con un approccio sistemico, che guarda alla produzione ma anche al post-consumo, il mercato del riciclo può assumere una dimensione importante e non essere più relegato a nicchie che necessitano di incentivo economico per potersi sostenere. Bruno Casula – Eco dalle città
22 Novembre 2024