È successo a Greve in Chianti, dove decine di produttori del consorzio Chianti Classico si sono convertiti al biologico e hanno cambiato la storia di questo splendido territorio –
La chiamano la conca d’oro. È la splendida vallata che parte dal piccolo borgo di Panzano in Chianti (frazione del comune di Greve in Chianti, Firenze) e che ospita a perdita d’occhio alcuni tra i vigneti più pregiati del nostro paese. È qui che è nato il nocciolo duro di questa esperienza che è destinata a cambiare per sempre il mondo della viticoltura del belpaese. «Abbiamo fatto questo matrimonio tra due purosangue, tra l’eccellenza della qualità e come viene fatta questa qualità». A parlare è Ruggero Mazzilli, titolare della stazione sperimentale per la viticoltura sostenibile, il guru del biologico che ha fatto innamorare le aziende che contano. Tutto è iniziato attorno al 2005, quando nel comune di Greve viene ritrovato un esemplare di Scaphoideus titanus, la cicalina che gira per le viti infettandole con il fitoplasma più temuto dai viticoltori: la flavescenza dorata. Responsabile di danni sterminati soprattutto in Piemonte negli anni ’90, contro il propagarsi di questa malattia nel 2000 il governo ha emanato un decreto che impone il trattamento obbligatorio ovunque venga trovato anche solo un esemplare di cicalina. Un trattamento estremamente invasivo, che i produttori di Panzano temevano potesse distruggere definitivamente un delicato equilibrio creato in decenni di viticoltura di altissima qualità. Ecco allora che si riuniscono e decidono di chiedere una consulenza a Mazzilli. Insieme cominciano a dubitare che il ritrovamento di un singolo esemplare significhi necessariamente il propagarsi della malattia. E così prima di intervenire, come imporrebbe la legge, decidono di avviare una campagna di monitoraggio, al termine della quale risulterà evidente che del trattamento in realtà non c’è nessun bisogno. Un approccio pragmatico che ha salvato questi terreni da interventi invasivi ed ha convinto i produttori a continuare a seguire i suggerimenti di Ruggero, che nel giro di pochi anni ha guidato la conversione a biologico dell’80% delle viti del territorio, una concentrazione unica al mondo. È a questo punto che a Greve si comincia a parlare dell’inceneritore che l’allora piano provinciale dei rifiuti prevedeva dovesse sorgere proprio in questo comune. Ma il percorso avviato ha ormai trasformato l’associazione dei produttori vinicoli di Ponzano in un vero e proprio presidio per la tutela del territorio, votato a promuovere un’idea completamente diversa di sviluppo. Grazie anche alla sensibilità dell’amministrazione comunale questa idea si traduce nell’istituzione di un vero e proprio bio-distretto, cioè un territorio “dove agricoltori, cittadini, operatori turistici, associazioni e pubbliche amministrazioni stringono un accordo per la gestione sostenibile delle risorse, partendo proprio dal modello biologico di produzione e consumo”, come recita il comunicato stampa. È la prima volta in Europa per un territorio votato alla viticoltura. Ed è anche l’arma vincente per convincere la Provincia che l’inceneritore qui non può essere costruito.
Giuliano Marrucci – Corriere.it
23 Novembre 2024