Guatemala: 4 militari condannati per massacro, continua l’inchiesta sulle stragi
Per raccontare e per capire quanto successe nei 36 anni di terrore che hanno calato la notte in Guatemala durante la guerra civile dal 1960 al 1996, occorre partire, ancora una volta, dagli Stati Uniti. Fu, infatti, tramite l’operazione denominata PBSuccess (1954) che i servizi segreti a stelle e strisce finanziarono un gruppo di mercenari criminali guatemaltechi nel tentativo, perfettamente riuscito, di rovesciare il governo in carica e destituire l’allora presidente democraticamente eletto Juan José Arévalo. Un decennio democratico conquistato con fatica dal paese centroamericano spazzato a colpi di armi. Ha inizio così la guerra civile.
Gli episodi di violenza, gli omicidi, le sparizioni forzate e, più in generale, le violazioni dei diritti umani ebbero il loro culmine nel 1982, quando, all’eliminazione fisica degli oppositori al regime si aggiunse il diabolico piano di sistematico sterminio della popolazione maya. Genocidio, secondo l’inequivocabile successiva definizione della Commissione per la Verità promossa dalle Nazioni Unite. Nel rapporto della Commissione, si legge di 669 attacchi alla popolazione dei villaggi rurali, da parte dell’esercito governativo e dai paramilitari, finanziati coi dollari di Washington, in lotta contro i maggiori gruppi rivoluzionari (FAR-Forze Armate Ribelli, EGP-Esercito Guerrigliero dei Poveri, ORPA-Organizzazione del Popolo in Armi, e altri) riuniti sotto la sigla URNG-Unità Rivoluzionaria Nazionale Guatemalteca. Oltre 200mila morti ammazzati ed almeno 45mila desaparecidos. La quasi totalità degli omicidi non ha un colpevole riconosciuto.
Nell’agosto di quest’anno, l’associazione FAMDEGUA (Associazione dei familiari delle vittime della guerra civile) ha trovato un po’ di riparazione. Dopo anni di sforzi e tentativi falliti, complici insabbiamenti e cavilli burocratici, quattro ex militari dell’unità armata speciale dell’esercito sono stati condannati dal tribunale di Città del Guatemala ad una pena senza precedenti: 6060 anni complessivi di carcere, 30 anni per ogni omicidio commesso più altri 30 per crimini contro l’umanità. I fatti risalgono al 1982, in quello che rimane tutt’oggi impresso nella memoria collettiva guatemalteca come il massacro di Dos Erres, villaggio appartenente alla regione del Petén, nel nord del Paese. L’unità dell’esercito speciale chiamata Kaibiles penetrò nel villaggio torturando e ammazzando 201 uomini, donne e bambini nel giro di 3 giorni e gettando i cadaveri in una fossa. Oggi, a 30 anni di distanza, è stata emessa sentenza di condanna contro gli ex soldati gli Manuel Pop Sun, Reyes Collin Gualip, Daniel Martínez e Carlos Carías. Un quinto militare, Gilberto Giordán, reo confesso, sta scontando una condanna negli Sati Uniti ed è in attesa di estradizione.
La sentenza costituisce una tappa storica nel processo di verità e riconciliazione in Guatemala, avviato anche con il riconoscimento del Premio Nobel per la Pace all’attivista Rigoberta Menchú nel 1992. Secondo Sebastian Elgueta, ricercatore di Amnesty International, “questa importante sentenza lancia il messaggio che il Guatemala potrebbe finalmente avvicinarsi alla giustizia per le centinaia di migliaia di vittime di gravi violazioni dei diritti umani commesse durante la guerra civile. Il massacro di Dos Erres nel 1982 fu particolarmente brutale, ma è solo la punta di un iceberg e di numerosi crimini contro l’umanità e altre gravi violazioni dei diritti umani che ancora devono essere risolti in Guatemala; alcuni casi devono ancora essere aperti”.
Proseguendo nel lungo percorso di giustizia, nel giugno di quest’anno è stato arrestato Héctor Mario López Fuentes, ex generale accusato di genocidio e altri crimini contro l’umanità nei confronti dei nativi maya del dipartimento del Quiché, durante gli anni più violenti del conflitto, nel 1982 e 1983, sotto il Governo dell’allora Presidente Riós Montt.
La sentenza contro i quattro ex militari arriva a 15 anni esatti dal cessate il fuoco firmato dal Governo del Guatemala e dai combattenti dell’ Unità Rivoluzionaria Nazionale Guatemalteca. Un mese dopo la firma, nel Gennaio del 1997, venne approvata dalle Nazioni Unite la missione di peacekeeping MINUGUA, con il compito di verificare il rispetto degli accordi di pace e intraprendere le operazioni di sminamento dei terreni che furono teatro di guerra.
Oggi il Guatemala è un paese che cerca di chiudere i conti col suo triste passato, ma sono ancora molti i casi di persecuzione nei confronti dei difensori dei diritti umani. Udefegua (Unità di protezione per i difensori dei diritti umani) è una delle maggiori associazioni nazionali che si occupa di denunciare le violazioni subite dagli attivisti. Tra i più clamorosi episodi denunciati, l’uccisione nel 1998 di Monsignor Juan Gerardi, direttore dell’ufficio per i diritti umani dell’Arcidiocesi di Città del Guatemala e curatore il rapporto Remhi, che precedette il rapporto della Commissione per il chiarimento storico Memoria del silencio: nonostante la condanna degli esecutori, i veri mandanti dell’omicidio non sono ancora stati individuati..
Andrea Dalla Palma
22 Dicembre 2024