Dopo le perplessità di molte Regioni sulle ricadute ambientali degli impianti che il governo vuole realizzare, anche la Commissione europea invita a studi più dettagliati. Quelli che il dicastero non ritiene necessari
Due righe e mezzo, asettiche ma deflagranti: “Qualora il programma sull’incenerimento dovesse rientrare nel campo di applicazione della direttiva 2001/42/CE, prima della sua adozione sarebbe necessaria una valutazione ambientale”.
E’ la risposta con cui Bruxelles di fatto mette con le spalle al muro il ministero dell’Ambiente relativamente ai dodici termovalorizzatori che il governo intende realizzare. Tradotta dal linguaggio burocratico, la sostanza è chiara: servono studi più approfonditi per valutare le ricadute ambientali che deriverebbero dall’emissione nell’atmosfera dei fumi di scarico. Esattamente il contrario di quello che il dicastero guidato da Gian Luca Galletti, come ha raccontato l’Espresso, è intenzionato a fare, con la motivazione che non è possibile sapere se i nuovi impianti comporteranno “il superamento dei livelli di qualità” dell’aria.
A rendere esplicita la posizione di Bruxelles, che converge con le perplessità avanzate da numerose Regioni, è una interrogazione dell’europarlamentare del Movimento cinque stelle Marco Affronte, che chiedeva se il Piano nazionale inceneritori – che prevede di bruciare 1,8 milioni di tonnellate di rifiuti aggiuntivi l’anno (quasi il 30 per cento in più) – non “vada sottoposto a valutazione ambientale strategica a causa dell’impatto ambientale”. La risposta della Commissione è arrivata martedì 7, dopo un mese e mezzo di attesa: sì, “sarebbe necessaria”.
Un concetto che in concreto impone al ministero di assoggettare il Piano a una più ampia e approfondita analisi, che poi andrebbe sottoposta per 60 giorni alle osservazioni di associazioni, comitati di cittadini ed enti locali. Esattamente quello che ha già richiesto la maggior parte delle Regioni che si sono espresse sulla questione: 9 su 14.
Adesso, dopo la risposta di Bruxelles, sarà più difficile per il ministero sostenere, come si legge nel Rapporto preliminare, che “non possono essere puntualmente determinati e calcolati effetti significativi sull’ambiente” derivanti dalla combustione di un terzo dei rifiuti in più. Anche perché l’avvertimento dell’Europa non necessariamente sarà senza conseguenze: non rispettare le prescrizioni potrebbe comportare l’apertura di una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia. Paolo Fantauzzi – L’espresso
21 Novembre 2024