O la sinistra diventa portatrice di una nuova idea di società socialmente e ambientalmente sostenibile o non sarà in grado di rinascere e di ritornare ad essere protagonista del nostro tempo.
RIFLESSIONI POST ELETTORALI SULLE PROSPETTIVE DELLA SINISTRA
di Eugenio Baronti
Con le elezioni politiche del 2008 e con le europee del 6/7 giugno si è chiuso un ciclo politico per le forze della sinistra. Si è chiuso nel peggiore dei modi, con un epilogo disastroso in un momento storico contraddistinto da una delle più gravi e profonde crisi in cui si intrecciano e interagiscono tra loro diversi elementi di crisi: finanziaria, economica, sociale e ambientale. Una crisi profonda, di sistema, un passaggio epocale traumatico per l’umanità intera, una crisi destinata a cambiare le nostre vite, ad incidere sui nostri comportamenti individuali, sulle relazioni sociali, sui nostri stili di vita. A questo appuntamento storico la sinistra si presenta sconfitta, divisa in tanti pezzi rissosi e ininfluenti e, per la prima volta, cancellata dal parlamento nazionale ed europeo. Eppure, paradossalmente, forse mai come in questo periodo si avverte così forte il bisogno di una grande sinistra unita e plurale all’altezza dei compiti e delle sfide che ci pone di fronte questo inizio millennio.
Le sconfitte elettorali ci dicono che in questo paese sono avvenuti profondi processi di disgregazione e frantumazione del tessuto sociale che hanno messo in crisi e, a volte cancellato valori, culture, conquiste sociali e diritti, che sembravano acquisiti per sempre. Queste mutazioni hanno favorito l’affermarsi di culture razziste, xenofobe, spinte egoiste e una situazione di generale imbarbarimento delle relazioni sociali, politiche ed umane. In questo contesto la cultura della destra è diventata egemone, senso comune dominante. La sconfitta viene da lontano, ha radici profonde e complesse, sarebbe un imperdonabile errore politico dare una lettura auto consolatoria e semplicistica di quanto è avvenuto come, per esempio, ridurre il tutto ad errori di tattica elettorale.
Questa realtà rende ineluttabile ed urgente avviare un processo sociale e culturale dal basso, radicato sui territori, per ricostruire una nuova cultura, nuove pratiche sociali, modi e forme del fare politica, per una sinistra nuova e radicata che vuole incidere sulle vicende politiche e modificare i rapporti di forza in questo paese per riaprire processi reali di trasformazione.
Ricostruire una sinistra ampia e unita è un obiettivo di tutti, ma, sul come realizzarlo, ci siamo divisi ieri e continuiamo a dividerci oggi, tra diverse strategie e proposte politiche che sono sul tavolo del dibattito sulle prospettive della sinistra. Una cosa è certa; sarebbe del tutto inutile e devastante una lunga ed estenuante discussione alla ricerca delle responsabilità e delle colpe di questo disastro, come, altrettanto inutile e dannosa, sarebbe una discussione tutta incentrata sul tipo di contenitore o aggregazione da dare al processo di ricostruzione: una federazione, una confederazione, un partito ecc.. Attenzione perchè il livello di sopportazione della nostra gente ha ormai raggiunto il limite massimo umanamente tollerabile. Una nuova sinistra unita non la si costruisce con un contenitore ma la si può far rinascere solo a partire dai contenuti e da una nuova pratica sociale, culturale e politica.
Il nostro modello di sviluppo e di consumo, gli attuali stili di vita del mondo occidentale sono insostenibili e non estendibili al resto del pianeta destinato sempre di più a precipitare nella miseria e nella fame. La sinistra, se vuole ancora esserci nel futuro, non potrà cavarsela limitandosi a svolgere una funzione di tipo sindacale, magari giocando al rilancio per distinguersi tra chi è più o meno radicale.
Un esempio su tutti: dentro questa grave crisi economico finanziaria globale si registra nel mondo una sovrapproduzione di automobili che restano invendute a milioni sui piazzali delle grandi aziende produttrici e, se non lo fossero, sarebbe anche peggio, per la qualità dell’aria che respiriamo e per la scarsa disponibilità di risorse di cui dispone un pianeta sempre più sovraffollato, piccolo e affamato. Di fronte a questo scenario così impressionante per le dimensioni dei drammi umani e sociali che racchiude in se, non possiamo certo limitarci solo a gestire e a governare gli effetti sui lavoratori e sulle imprese di questa crisi nell’illusione di poter far ritornare tutto come prima.
Non possiamo rimanere schiacciati sotto il peso dell’emergenza, bisogna avere la lucidità politica ma soprattutto il coraggio di cominciare a dire che nel prossimo futuro, a cominciare da oggi, non c’è più posto nel mondo per tutte queste fabbriche che producono auto per una cultura della mobilità novecentesca tutta centrata sul trasporto privato individuale su gomma insostenibile e non estendibile come modello all’intero pianeta. Ma è così su tutto, è il nostro modello di sviluppo che è arrivato al capolinea, il capitalismo produce non solo lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e una sempre più iniqua distribuzione della ricchezza, produce anche il super sfruttamento di risorse non rinnovabili, un consumo, a ritmi frenetici, del nostro capitale naturale che sta modificando profondamente le caratteristiche fisiche e biologiche della terra con conseguenze potenzialmente catastrofiche. Questo nostro ecosistema è limitato, ci mette a disposizione spazi e risorse naturali limitate, e, incredibilmente, ancora nel 2009, la politica dominante, anche quella di sinistra, non è capace di misurarsi, per pigrizia intellettuale e mancanza di coraggio, con la più grande delle contraddizioni epocali, quella dell’insostenibilità e impossibilità di continuare a perseguire una crescita illimitata, infinita, dentro uno spazio finito com’è il pianeta terra.
O la sinistra diventa portatrice di una nuova idea di società socialmente e ambientalmente sostenibile o non sarà in grado di rinascere e di ritornare ad essere protagonista del nostro tempo.
Il futuro ci chiede un progetto di società e percorsi di riqualificazione e riconversione del nostro sistema produttivo e di sviluppo che deve stare dentro un percorso democratico e partecipato verso la sostenibilità. Sostenibilità nel progettare, nel produrre, nel commercializzare e consumare, nel gestire i rifiuti, nel sistema energetico, nella mobilità delle merci e persone, nelle relazioni sociali e nell’abitare.
Dentro questo percorso dobbiamo fin da subito realizzare buone pratiche di innovazione capaci di innescare anche processi di cambiamento culturale, di riqualificazione e di riconversione. Non basterà la necessaria e indispensabile terza rivoluzione tecnologica per salvarci dall’imbarbarimento e da una possibile crisi di civiltà. C’è bisogno anche di una nuova cultura, di ricercare, sperimentare e trovare soluzioni a problemi, bisogni ed esigenze inedite, per portata sociale e per dimensioni, c’è bisogno di una efficace politica e cultura che favorisca l’integrazione e la necessaria coesione sociale per evitare l’implosione e l’imbarbarimento, c’è bisogno di un nuovo umanesimo che sia capace di far proseguire un cammino di libertà e di civiltà all’umanità in questo nuovo millennio.
Dobbiamo assumerci, inoltre, il difficile compito di riabilitare la politica devastata e abbruttita dal berlusconismo dilagante, dobbiamo pensare ed essere capaci di mettere in pratica una interazione positiva tra il nostro agire dentro la società, tra la gente e dentro i movimenti sociali, e il nostro agire dentro i diversi livelli istituzionali locali, utilizzando al massimo tutte le opportunità, le potenzialità e gli strumenti a disposizione per promuovere e consolidare processi di crescita culturale e della partecipazione democratica.
Il partito sociale del fare non può essere il luogo esclusivo in cui si esaurisce totalmente l’azione e l’iniziativa politica di un partito, agire solo su di un versante disimpegnandosi su quello istituzionale sarebbe una visione monca largamente insufficiente e inconcludente, non risolveremmo certo per questa via, il perseguimento dell’utilità sociale e politica della nostra azione. La politica è anche fatta di onorevoli mediazioni e compromessi a livello istituzionale che ci possono permettere di segnare dei punti, piantare paletti o conquistare utili “casematte”, mediare non significa rinunciare alla nostra finalità storica di trasformazione in senso socialista e comunista della società.
Oggi la politica è divenuta autoreferenziale, per anni ci siamo parlati addosso dentro piccole ed elitarie comunità politiche astiose e litigiose, separate dal resto della società. Abbiamo perso il contatto con le grandi masse diseducate e disabituate alla partecipazione politica dai nostri errori e dal berlusconismo dilagante.
L’obiettivo prioritario è quello di trovare canali efficaci di comunicazione con una società sempre più passivizzata, indifferente ed egoista, chiusa nel suo fortino privato impaurita e rancorosa e questa non è impresa facile, ne di poco conto, perché bisogna rompere il muro dell’indifferenza, ricominciare a discutere con chi non è più abituato a farlo e vive delle false certezze e sicurezze offerte dal mercato della politica ufficiale, informato e formato esclusivamente dalle tante trasmissioni spazzatura della tv degradata e degradante dell’era berlusconiana.
Bisogna costruire luoghi di incontro e confronto, promuovere socialità, far uscire di nuovo la gente dalle loro case-prigione per sconfiggere quel senso comune incattivito e intollerante alimentato dalla condizione di solitudine in cui è costretto a vivere l’uomo moderno nelle nostre periferie urbane disumanizzate e disumanizzanti.
Trovare il modo più efficace per penetrare dentro la corazza individuale che ognuno ha eretto a propria difesa dall’ esasperante e onnipresente bombardamento quotidiano a cui siamo sottoposti da tutti i moderni mezzi di comunicazioni che si sono intromessi con aggressività in tutti gli spazi della vita e che ci rifilano in tutti i modi possibili una quantità gigantesca e insostenibile di informazioni, che scivolano addosso alle persone senza lasciare traccia, senza suscitare più emozioni, stupore, indignazione, dove tutto viene assorbito senza suscitare più alcuna reazione.
Di fronte a questa complessa e intricata situazione i vecchi strumenti e i vecchi modi del fare politica non funzionano più, non coinvolgono e, soprattutto, non stimolano la crescita culturale delle persone, hanno perso di efficacia. Dobbiamo praticare una strategia comunicativa e modalità di azione diverse e più efficaci come per esempio la realizzazione di tante buone pratiche inserite dentro una strategia culturale complessiva capaci di innescare processi culturali virtuosi di crescita di partecipazione, di consapevolezza, di responsabilizzazione e di maggiore senso civico, questo potrebbe essere lo strumento per riannodare il filo del dialogo e tornare a incontrare e a parlare con grandi masse di persone estranee e indifferenti verso la politica. C’è anche bisogno di formare una nuova generazione di amministratori, appassionati, competenti e soprattutto determinati e coraggiosi capaci di misurarsi con problemi, piccoli e grandi, ordinari o straordinari, capaci di rompere il tran tran quotidiano, la pigrizia atavica delle pubbliche amministrazioni e dei loro mummificati apparati burocratici amministrativi così efficaci ed efficienti a smorzare ogni entusiasmo, ogni voglia di fare e di cambiare l’esistente, così bravi a mettere piombo nelle ali per costringere anche i più volenterosi a rinunciare ad ogni volontà di cambiamento e ad rassegnarsi a gestire una ordinaria, piatta, insopportabile normalità. Non si sta in una amministrazione al solo scopo di occupare un posto per piantare la nostra bandierina ci dobbiamo stare solo se si è capaci di fare la differenza, di portare un contributo determinante al cambiamento, di ottenere dei risultati concreti.
Dobbiamo essere in grado di pensare alla complessità delle sfide epocali globali e contemporaneamente, con senso di equilibrio, saper leggere e capire le specificità locali nel paese degli oltre 8000 comuni e campanili, proporre obiettivi e soluzioni per una riqualificazione e riconversione dei diversi sistemi produttivi per costruire nuove attività imprenditoriali, nuova opportunità occupazionali e nuova ricchezza sociale promuovendo anche uno sviluppo locale, autocentrato sulle diverse vocazioni e specificità territoriali.
L’utilità sociale di una forza politica è data dalla sua capacità di delineare una prospettiva politica, una idea di società futura ma è data anche dalla sua concretezza e credibilità di proporsi anche obiettivi immediatamente praticabili, commisurati ai rapporti di forza in campo in un determinato contesto storico. Riuscire a conquistare spazi ed obiettivi anche piccoli e parziali che possano però rappresentare dei piccoli passi concreti in avanti nella direzione e sulla strada giusta di una alternativa di società.
La politica dei grandi proclami urlati, quella che predica ed indica grandi e luminosi orizzonti ma che poi ci condanna a vivere nelle tenebre del presente e nel piatta gestione ordinaria dell’esistente è morta ed è vissuta sempre di più con un grande e insopportabile fastidio.
C’è bisogno di dare inizio ad un percorso che nasce dal basso, democratico, partecipato, includente, capace di accumulare sui territori nuove energie. C’è bisogno di mettere in moto un processo per raccogliere, strada facendo, quel complesso groviglio di sensibilità, culture, e pratiche di una sinistra diffusa e dispersa, singoli individui curiosi di capire, che tornano a fare inchiesta sociale per interpretare i profondi mutamenti in atto soprattutto nel mondo del lavoro, i sofisticati meccanismi di riproduzione del consenso, i nuovi bisogni e le nuove emergenze sociali e ambientali e su questi costruire progetti, programmi e azioni e percorsi politici e istituzionali credibili e realizzabili e le necessarie alleanze per poterli conquistare.
C’è bisogno come il pane di una sinistra in questo paese che sappia affrontare con coraggio e determinazione le grandi questioni che pesano come macigni sul nostro futuro e che stanno mettendo l’umanità intera di fronte ad una alternativa secca: il declino, l’imbarbarimento e il degrado delle relazioni sociali e umane del presente, oppure, una prospettiva di grandi cambiamenti radicali nella direzione di una nuova società la cui definizione dovrà essere l’oggetto della nostra ricerca e la finalità di questo percorso.
Un percorso necessario ed utile anche per ricostruire nuovi quadri e gruppi dirigenti rappresentativi e maggiormente legati al territorio capaci di rappresentare nei diversi livelli territoriali, compreso quello nazionale, il processo costituente che matura e cresce nei diversi territori con modalità, tempi anche diversi.
Quindi, per concludere, va bene lanciare una costituente ma per segnare un punto di ripartenza e non un punto di arrivo che nasce da una intesa fittizia tra vecchi ceti politici sconfitti e assemblati insieme per la solenne occasione. Coloro che portano la responsabilità politica di queste sconfitte non possono essere in grado di offrirci la soluzione ed indicarci la via della rinascita, devono fare un bagno di umiltà e concretezza, sapersi immergere dentro questo processo rigenerante e rivitalizzante per poter continuare a dare il loro utile contributo di esperienza e competenza .
Va bene una costituente se questa prevede la costruzione di una casa comune di tutta la sinistra e che non potrà non chiamarsi sinistra perché questo termine è di per se includente perché in essa possono riconoscersi tutte le diverse culture e sensibilità. I comunisti e i socialisti sono di sinistra, esiste un pensiero politico ambientalista, un pensiero femminista, cristiano, internazionalista, solidaristico, laico di sinistra ma non comunista, la sinistra può diventare la casa del confronto, dell’elaborazione e dell’azione, io comunista, dentro questa casa voglio e posso starci, diversamente, una costituente che unisce i soli comunisti, sarebbe escludente per tutte le altre culture. I comunisti non possono vivere fuori e separati da una sinistra più ampia, sarebbe come pretendere che i pesci vivano fuori dall’acqua. La sinistra è il nostro abitat naturale, nella casa comune della sinistra io voglio ricominciare e rinascere a nuova vita politica, voglio portarvi la mia esperienza, la mia voglia di cambiamento, la mia ancora sempre fresca passione politica nonostante l’età e le tante sconfitte.
Eugenio Baronti
Assessore Regionale Toscano
23 Dicembre 2024