Pubblicato il rapporto speciale degli scienziati sul clima: temperatura terrestre già cresciuta di un grado. I mari destinati a salire di un metro
Siamo già vicinissimi a un grado centigrado netto di incremento della temperatura del Pianeta. E anche con interventi radicali si arriverà con alta probabilità a +1,5° tra il 2030 e il 2052. Il rapporto speciale dell’IPCC, commissionato nell’aprile del 2016 dalla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (Unfccc), traccia un quadro estremamente allarmante, come già anticipato nei giorni scorsi da Valori.
L’obiettivo era quello di aggiornare l’analisi scientifica relativa all’impatto di un incremento della temperatura di 1,5° rispetto al livello precedente allo sviluppo industriale (1850-1900).
Alla Conferenza di Parigi del 2015, la comunità internazionale chiese all’IPPC, Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici, insignito del Premio Nobel per la Pace nel 2007, un’analisi sulle reali possibilità di contenere l’innalzamento della temperatura globale entro 1.5 gradi centigradi.
Le soluzioni possibili, i benefici potenziali per società, economie ed ambiente, le misure necessarie per ridurre e cambiare i consumi di energia, le risorse economiche, le prospettive per lo sviluppo sostenibile e i rischi che si nascondono dietro alcune scelte. Questi i nodi centrali del rapporto, sintetizzato nel Summary for Policymakers.
Le conclusioni del rapporto IPCC
Gli scienziati dell’IPCC sono giunti alla conclusione che:
– la temperatura media del decennio 2006-2015 è cresciuta di 0,87° (con un intervallo tra 0,77 e 0,97) rispetto al decennio pre-industriale (1850-1900);
– le emissioni antropogeniche (gas ad effetto serra, aerosol e annessi) hanno un incidenza pari a +0,2° per ogni decade;
– l’incremento di 1,5° della temperatura terrestre dovrebbe manifestarsi a partire dal 2030;
– l’evoluzione dei cambiamenti climatici non è ovviamente uniforme e quindi l’incremento medio di 1,5° determinerà effetti molto più consistenti ai poli terrestri per effetto dello scioglimento dei ghiacci perenni e l’innalzamento del livello del mare.
– la previsione è sostanzialmente doppia ai poli: +3° di aumento se l’incremento medio sulla terra si fermerà ad un +1,5. E +4° se si dovesse raggiungere un +2° globale;
– altri fenomeni altamente o mediamente prevedibili sono piogge alternate a siccità molto violente
– il livello dei mari è destinato a crescere tra 20 e 77 cm entro il 2100 se la crescita delle temperature si fermerà a 1,5° Altrimenti potrebbe raggiungere il metro colpendo altre 10 milioni di persone che abitano nelle isole minori
– l’impatto dei cambiamenti climatici sulla biodiversità è destinato a colpire il 6% degli insetti, l’8% delle piante e il 4% degli invertebrati (106mila specie esaminate).
Gli interventi: decarbonizzazione o morte
Se si vuole effettivamente limitare la crescita ad un 1,5° (scenario inevitabile secondo gli scienziati) è comunque necessario prevedere, soprattutto nel campo della produzione di energia, che tra il 70 e l’80% del fabbisogno del pianeta venga assicurato dalle rinnovabili, il carbone (e la lignite) scendano verso lo 0 e cresca l’impiego di sistemi di cattura e stoccaggio della Co2 nella restante parte di produzione di energia da gas e nucleare.
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Le emissioni del sistema industriale devono essere tra il 70 e il 95% inferiori a quelle del 2000 mentre nelle metropoli l’accelerazione dei sistemi di efficienza energetica e di mobilità a basso impatto devono essere accelerati rispetto alle previsioni contenute nei precedenti rapporti: il consumo di energia nelle abitazioni deve essere ridotto del 55-75% entro il 2050 e la mobilità a basse emissioni deve crescere da un preventivato 5% entro il 2050 ad un range tra il 35 e il 65%.
I costi: servirà il 2,5% del Pil
Per tentare di stoppare la crescita delle temperature entro 1,5° al 2030-2052 sono necessari 2400 miliardi di dollari di investimenti tra il 2016 e il 2035 (pari al 2,5% del Pil mondiale). Ma la conversione di interi settori può essere anche un’occasione storica per l’occupazione come dettagliato nel rapporto pubblicato dalla Global Commission on the Economy and Climate. Di Andrea Di Stefano – Valori
21 Novembre 2024