Torino. Piero Fassino sa che sulla maxi holding delle partecipate si gioca buona parte del suo primo mandato da sindaco. Non solo perché l’operazione – che prevede la cessione del 40 per cento di Gtt, Amiat e Trm – dovrebbe generare le risorse necessarie per ridurre l’indebitamento della città e finanziare nuovi investimenti. Si tratta anche di superare le sabbie mobili di un’operazione che fa storcere il naso a molti, soprattutto a sinistra e soprattutto dentro quei movimenti che in parte lo hanno appoggiato in campagna elettorale. I comitati referendari – di cui è stato sostenitore – già lo accusano di voler privatizzare i beni comuni. E pezzi della sua maggioranza sono in preda alle fibrillazioni.
Per provare ad arginarle oggi Fassino, con gli assessori Passoni e Dealessandri, vedrà capigruppo e segretari di Pd, Sel, Idv e Moderati. Non i consiglieri, nonostante molti – soprattutto nel Pd – avessero chiesto una riunione di maggioranza aperta. Le varie anime dei democratici sono in fibrillazione. E rilanciano non pochi interrogativi, già emersi in commissione Bilancio. Perché consegnare alla holding tutte le quote delle società e non solo il 40 per cento che si vuole vendere? Perché consegnare le chiavi ai privati, che pretenderanno di indicare il management e imposteranno piani di riduzione del personale? Anziché cedere Amiat e Trm non sarebbe meglio seguire la strada scelta con Gtt: prima la gara per il servizio e poi la ricerca di un partner?
Il capogruppo dei democratici Stefano Lo Russo predica cautela: «Aspettiamo il vertice. Le riunioni servono proprio per fare chiarezza». Sel la farà di sicuro. I vendoliani hanno pronta una controproposta organica, fondata su un pilastro: affrontare la difficile situazione del bilancio comunale «senza tradire l’esito dei referendum e rinunciare al governo pubblico». «La delibera per come è stata fin qui concepita non può vederci d’accordo», spiega il capogruppo Michele Curto. «Temiamo che le premesse siano dettate molto più dalle difficoltà di bilancio che dallo spirito di ottimizzazione dei servizi pubblici locali, cosa per noi inaccettabile. La conseguenza sarebbe un allontanamento di servizi delicatissimi dal controllo democratico locale».
Il pacchetto di proposte di Sel ha coordinate precise: rimanda alle esperienze di realtà come Parigi e Napoli. Fa direttamente riferimento allo spirito dei referendum: non a caso, oltre a Curto e Marco Grimaldi, alla stesura hanno collaborato Dario Casalini, docente universitario di Diritto dell’economia, e Ugo Mattei, professore di Diritto civile, ma soprattutto estensore dei quesiti referendari e consulente della Regione Puglia nel ricorso alla Corte costituzionale sull’articolo 4 della finanziaria che impone le dismissioni.
Ed è proprio questa la premessa: al sindaco si chiede di associarsi a Milano e Napoli, oltre che alla Puglia, sollevando la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4. Sempre sull’esempio di Napoli (che ha appena riacquisito il controllo dell’azienda che gestisce il servizio idrico), oltre che di Parigi (che l’ha fatto qualche tempo fa) si chiede di trasformare la holding Hct in Bct (Beni Comuni Torino), un’azienda speciale di diritto pubblico nel cui cda siedano anche rappresentanti dei lavoratori e degli utenti. E affiancarle – al posto dell’agenzia per i servizi pubblici locali – una Authority di garanzia sull’applicazione dei contratti e la qualità dei servizi, con poteri di indagine e sanzione.
La piattaforma di Sel invita anche la giunta a trasferire in Fct solo il 40 per cento delle tre società per avviare la ricerca dei partner e garantire il prestito ponte. La cessione, poi, verrebbe vincolata ai contratti di servizio, con la clausola di privilegiare nella scelta del partner le fondazioni bancarie o forme di azionariato dei lavoratori. Ultimo tassello: un regolamento sulle nomine che riduca l’influenza dei partiti e aumenti la trasparenza nella scelta del management delle aziende.
Sulla piattaforma vendoliana potrebbero convergere i consiglieri del Pd che hanno sollevato problemi analoghi. Non solo: il regolamento nomine e il coinvolgimento delle fondazioni sono due cavalli di battaglia di Alberto Musy, il capogruppo dell’Udc.
ANDREA ROSSI – La Stampa
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La proposta di delibera di riorganizzazione delle partecipazioni societarie della Città di Torino , che prevede il loro accentramento presso la FCT, rappresenta la più grossa trasformazione dei servizi Pubblici locali dopo la loro municipalizzazione 100 anni or sono.
Questa proposta incontra il più totale disaccordo dei Comitati Acqua Pubblica di Torino e Rifiuti Zero Torino.
Sebbene sia esclusa la gestione dell’Acqua (SMAT) da questo processo, il Comitato Torinese è comunque coinvolto, in quanto si considera “custode” di un risultato referendario altrimenti “orfano”.
Ci troviamo, sorprendentemente, di fronte a una vittoria elettorale orfana, quantomeno nel suo contenuto, che da troppe parti si vuole ignorare o ribaltare.
Il referendum ha abrogato l’obbligo della generale e indiscriminata privatizzazione dei servizi pubblici: alla volontà popolare si risponde proseguendo nelle politiche di privatizzazione.
Il Comune di Torino si incammina in questa direzione applicando con incredibile rapidità e solerzia quanto previsto dalla “manovra ferragostana”, senza nemmeno attendere la decisione della Corte Costituzionale che si dovrà esprimere su questa norma “ribalta-referendum”.
Dalla proposta pare emergere lo scopo di sottoporre l’insieme delle aziende di gestione dei pubblici servizi a una logica di remunerazione del capitale (pubblico o privato che sia) con l’evidente rischio di allontanarle dalla loro missione originaria, ovvero quella di garantire l’universalità del servizio, massimizzandolo quantitativamente e qualitativamente.
Non noi ma la Corte dei Conti nella sua relazione su vent’anni di privatizzazioni ha espresso questo concetto (n. 3 del 10 febbraio 2010).
La FCT rischia poi di porsi come un ulteriore e dannoso livello di separazione tra la rappresentanza democratica e l’operatività, vanificando in fatto ed in diritto ogni possibile esaudimento della richiesta di gestione partecipativa che sale dalla società e rendendo più difficoltosa l’attuale funzione di controllo (e vigilanza) del Consiglio Comunale.
Nell’ultima pagina della proposta di delibera si esplicita infine il punto d’arrivo dell’operazione: la cessione di importanti quote azionarie ai privati (siano essi “aggressivi” investitori a caccia di rapidi ed alti profitti o “miti” e prudenti investitori istituzionali, poco cambia), senza peraltro una chiara e dovuta esclusione della possibilità di accordi che consentano al socio (privato) di minoranza un vero e proprio controllo a scapito del socio (pubblico) di maggioranza, con il rischio di ridurre quest’ultimo al mero ruolo di “cassettista”, coinvolto ormai soltanto nella dinamica finanziaria dell’operazione e non in quella di gestione del servizio.
Anche da un punto di vista attento esclusivamente al profitto ci troviamo di fronte a una scelta decisamente opinabile: si vende nel peggiore momento di mercato degli ultimi ottant’anni.
Le future amministrazioni, quando dovranno riprendere in mano i pubblici servizi (è solo questione di tempo, poiché già oggi è visibile tutta la debolezza dell’attuale impostazione) dovranno sobbarcarsi costi altissimi per recuperare quelle proprietà dei Cittadini che oggi paiono soggette ad una vera e propria vendita in saldo.
Tutta l’operazione avviene senza un’approfondita consultazione con la Cittadinanza, e a ritmi serrati.
Siamo consapevoli delle difficoltà del bilancio comunale, ma crediamo fortemente che la risposta vada cercata con i Cittadini, per prima cosa chiarendo pubblicamente quali sono state le scelte politiche e le responsabilità (anche se non recentissime, pensiamo al problema dei derivati) che hanno portato all’attuale situazione.
Per questi motivi i Comitati Acqua Pubblica di Torino e Rifiuti Zero Torino
CHIEDONO
al Consiglio Comunale
– che non venga approvata la proposta di Delibera della Giunta Comunale riguardante la FCT;
– che la SMAT venga trasformata in Azienda speciale, avviando un procedimento analogo a quello intrapreso dal Comune di Napoli (questo comporterebbe il significativo risparmio dell’IRES con un primo sgravio dei costi!);
– che in tutte le Circoscrizioni si avvii una consultazione, che coinvolga la Cittadinanza tramite la convocazione di Consigli Circoscrizionali aperti, sul tema del ruolo dei pubblici servizi e delle conseguenti scelte strategiche che la nostra Città dovrà assumere.
Torino, 3 novembre 2011
21 Novembre 2024