Nucleare, i dubbi dell’Europa da Berna a Berlino stop alle centrali
La Merkel congela il prolungamento del funzionamento degli impianti. La Svizzera blocca le domande di autorizzazioni per nuove centrali. Ripensamenti e polemiche ambientaliste in Polonia e Francia
Nucleare, i dubbi dell’Europa da Berna a Berlino stop alle centrali La centrale nucleare svizzera di Leibstadt, al confine con la Germania
Sull’onda della tragedia giapponese, la paura del nucleare scuote l’Europa. La cancelliera Angela Merkel ha deciso di sospendere il prolungamento del ciclo di vita operativo dei 16 reattori atomici civili ancora attivi in Germania, la Svizzera ha bloccato la procedura di domanda di autorizzazione alla costruzione di tre nuovi siti, l’Austria chiede un riesame a livello europeo. E domani a Bruxelles la Commissione europea terrà un vertice con i responsabili ufficiali dei paesi Ue in possesso di centrali nucleari e con i gestori degli impianti. Lo scenario di un addio al nucleare e di una conversione il più veloce possibile della produzione energetica nel Vecchio continente, dall’atomo alle energie rinnovabili, sembra diventare sempre più realtà.
Angela Merkel ha annunciato che il prolungamento della vita operativa delle centrali tedesche sarà sospeso per 3 mesi, e tutto indica che la decisione verrà abbandonata, almeno finché un severo e profondo controllo e riesame dei livelli di sicurezza non verrà concluso. I controlli, secondo la Cancelleria federale, dovranno essere orientati alla tragica esperienza nelle centrali atomiche giapponesi. Secondo il segretario generale della Cdu (il partito della Cancelliera) Hermann Groehe, è necessaria una riflessione. Il ministro dell’Economia, il liberale Rainer Bruederle, ha auspicato un passaggio più rapido di quanto previsto finora alla priorità alle energie rinnovabili, da cui entro i prossimi decenni la Germania vuole già
ricavare il 30 per cento del suo fabbisogno energetico. E le Borse, con il crollo generalizzato 1 delle aziende che gestiscono l’industria nucleare sulla spinta dello shock giapponese, sembrano confermare questo trend.
La svolta di Angela Merkel è di primaria importanza politica, e ancora una volta la Germania da paese-leader può influenzare con le sue scelte gli orientamenti di fondo del resto dell’Europa. La Repubblica federale, che attualmente ricava circa il 30 per cento del suo fabbisogno dai 16 reattori ancora in funzione, aveva deciso l’addio a tappe al nucleare dopo la vittoria di Spd e Verdi alle elezioni politiche dell’autunno 1998. In base a un calendario di chiusura scadenzata – spegnere prima i reattori più vecchi e meno moderni – l’ultima centrale avrebbe dovuto chiudere entro il 2023. La scelta fu confermata nel 2005 quando dopo le elezioni politiche Angela Merkel, leader cdu, sostituì il socialdemocratico Gerhard Schroeder come capo dell’esecutivo, alla guida della Grande coalizione con i socialdemocratici stessi. Dopo le elezioni del 2009, quando Merkel vinse e formò una coalizione di centrodestra con i liberali (Fdp) il governo decise di prolungare il ciclo di vita operativo dei reattori. Proprio questa scelta, che fu criticata da ambientalisti e movimenti antinucleari, viene ora sospesa, quasi cancellata dalla cancelliera. Esperti ed esponenti del partito liberale suggeriscono addirittura di spegnere subito otto dei 16 reattori.
Il ripensamento è in atto a tappe forzate in tutta Europa. “Non escludo nulla, nessula decisione, il caso giapponese ha cambiato il mondo e molte situazioni reali che giudicavamo sicure sono ora rimesse in discussione”, ha detto il commissario europeo all’Energia Guenther Oettinger (Cdu, cioè tedesco e cristianoconservatore come Angela Merkel) parlando del consulto di domani a Bruxelles.
L’Austria, membro della Ue, e che decenni fa dopo un referendum decise di rinunciare alla sua unica centrale, chiede una verifica e controlli di sicurezza in tutte le centrali atomiche europee, ha affermato il ministro dell’Ambiente di Vienna, Nikolaus Berlakovitch. E’un’idea analoga a quella che Angela Merkel stessa aveva esposto ieri sera in un’intervista in diretta alla prima rete tv pubblica tedesca Ard. Il Belgio, ha detto la ministro dell’Ambiente Annemie Turtelboom, sta ripensando a fondo l’uso dell’energia nucleare. Scelta difficile per Bruxelles visto che il regno ricava oltre il 70 per cento del fabbisogno dai reattori, ma lo shock per il dramma nipponico e i suoi terribili insegnamenti pesano più di ogni altra considerazione. Ripensamenti di fondo, dicono fonti dell’Unione europea a Bruxelles, si sono aperti anche in Polonia, l’economia della Ue che cresce più velocemente, e il cui governo aveva deciso recentemente di costruire una prima, peraltro modernissima centrale atomica.
In Svizzera, paese non aderente alla Ue, il governo ha deciso di sospendere la procedura di domande di autorizzazione che era stata avviata per la prevista costruzione di tre nuove centrali nucleari. “La sicurezza ha la massima priorità, e la procedura non sarà riavviata finché non verrà fatta un’analisi approfondita dei sistemi di sicurezza e non si sarà proceduto a un loro eventuale aggiornamento”, ha spiegato a Berna la ministro dell’Ambiente e dell’Energia, Doris Leuthard. Ma non è tutto: persino in Francia, il paese europeo più convinto della giustezza della scelta del nucleare civile, dubbi e paure si diffondono. Gli ecologisti hanno chiesto un referendum sul futuro dell’atomo. La Quinta Repubblica ha in funzione 59 reattori civili più uno per l’uranio per le bombe atomiche della forza strategica, e sta costruendo un nuovo, gigantesco impianto. Da decenni, la commistione d’interessi e strategie tra potere politico, industria e lobby dell’atomo è una realtà importante dell’establishment francese.
I ripensamenti polacchi possono influenzare anche le scelte future delle altre democrazie del centro-est europeo che, per sostenere la loro espansione economica da dopo la caduta dell’impero sovietico, hanno puntato più a fondo sul nucleare, come la Repubblica cèca e la Slovacchia. Anche a Roma, la ministro Prestigiacomo ha detto che l’Italia vuole essere parte dell’Europa nucleare, ma intende attendere conclusioni e decisioni dell’Unione europea. ANDREA TARQUINI 14 marzo 2011 Repubblica
Rubbia: “L’errore nucleare. Il futuro è nel sole”
Parla il Nobel per la Fisica: “Inutile insistere su una tecnologia che crea solo problemi e ha bisogno di troppo tempo per dare risultati”. La strada da percorrere? “Quella del solare termodinamico. Spagna, Germania e Usa l’hanno capito. E noi…” di ELENA DUSI
Rubbia: “L’errore nucleare Il futuro è nel sole” Carlo Rubbia
ROMA – Come Scilla e Cariddi, sia il nucleare che i combustibili fossili rischiano di spedire sugli scogli la nave del nostro sviluppo. Per risolvere il problema dell’energia, secondo il premio Nobel Carlo Rubbia, bisogna rivoluzionare completamente la rotta. “In che modo? Tagliando il nodo gordiano e iniziando a guardare in una direzione diversa. Perché da un lato, con i combustibili fossili, abbiamo i problemi ambientali che minacciano di farci gran brutti scherzi. E dall’altro, se guardiamo al nucleare, ci accorgiamo che siamo di fronte alle stesse difficoltà irrisolte di un quarto di secolo fa. La strada promettente è piuttosto il solare, che sta crescendo al ritmo del 40% ogni anno nel mondo e dimostra di saper superare gli ostacoli tecnici che gli capitano davanti. Ovviamente non parlo dell’Italia. I paesi in cui si concentrano i progressi sono altri: Spagna, Cile, Messico, Cina, India Germania. Stati Uniti”.
La vena di amarezza che ha nella voce Carlo Rubbia quando parla dell’Italia non è casuale. Gli studi di fisica al Cern di Ginevra e gli incarichi di consulenza in campo energetico in Spagna, Germania, presso Nazioni unite e Comunità europea lo hanno allontanato dal nostro paese. Ma in questi giorni il premio Nobel è a Roma, dove ha tenuto un’affollatissima conferenza su materia ed energia oscura nella mostra “Astri e Particelle”, allestita al Palazzo delle Esposizioni da Infn, Inaf e Asi.
Un’esibizione scientifica che in un mese ha già raccolto 34mila visitatori. Accanto all’energia oscura che domina nell’universo, c’è l’energia che è sempre più carente sul nostro pianeta. Il governo italiano ha deciso di imboccare di nuovo la strada del nucleare.
Cosa ne pensa?
“Si sa dove costruire gli impianti? Come smaltire le scorie? Si è consapevoli del fatto che per realizzare una centrale occorrono almeno dieci anni? Ci si rende conto che quattro o otto centrali sono come una rondine in primavera e non risolvono il problema, perché la Francia per esempio va avanti con più di cinquanta impianti? E che gli stessi francesi stanno rivedendo i loro programmi sulla tecnologia delle centrali Epr, tanto che si preferisce ristrutturare i reattori vecchi piuttosto che costruirne di nuovi? Se non c’è risposta a queste domande, diventa difficile anche solo discutere del nucleare italiano”.
Lei è il padre degli impianti a energia solare termodinamica. A Priolo, vicino Siracusa, c’è la prima centrale in via di realizzazione. Questa non è una buona notizia?
“Sì, ma non dimentichiamo che quella tecnologia, sviluppata quando ero alla guida dell’Enea, a Priolo sarà in grado di produrre 4 megawatt di energia, 1 mentre la Spagna ha già in via di realizzazione impianti per 14mila megawatt e si è dimostrata capace di avviare una grossa centrale solare nell’arco di 18 mesi. Tutto questo mentre noi passiamo il tempo a ipotizzare reattori nucleari che avranno bisogno di un decennio di lavori. Dei passi avanti nel solare li sta muovendo anche l’amministrazione americana, insieme alle nazioni latino-americane, asiatiche, a Israele e molti paesi arabi. L’unico dubbio ormai non è se l’energia solare si svilupperà, ma se a vincere la gara saranno cinesi o statunitensi”.
Anche per il solare non mancano i problemi. Basta che arrivi una nuvola…
“Non con il solare termodinamico, che è capace di accumulare l’energia raccolta durante le ore di sole. La soluzione di sali fusi utilizzata al posto della semplice acqua riesce infatti a raggiungere i 600 gradi e il calore viene rilasciato durante le ore di buio o di nuvole. In fondo, il successo dell’idroelettrico come unica vera fonte rinnovabile è dovuto al fatto che una diga ci permette di ammassare l’energia e regolarne il suo rilascio. Anche gli impianti solari termodinamici – a differenza di pale eoliche e pannelli fotovoltaici – sono in grado di risolvere il problema dell’accumulo”.
La costruzione di grandi centrali solari nel deserto ha un futuro?
“Certo, i tedeschi hanno già iniziato a investire grandi capitali nel progetto Desertec. La difficoltà è che per muovere le turbine è necessaria molta acqua. Perfino le centrali nucleari in Europa durante l’estate hanno problemi. E nei paesi desertici reperire acqua a sufficienza è davvero un problema. Ecco perché in Spagna stiamo sviluppando nuovi impianti solari che funzionano come i motori a reazione degli aerei: riscaldando aria compressa. I jet sono ormai macchine affidabili e semplici da costruire. Così diventeranno anche le centrali solari del futuro, se ci sarà la volontà politica di farlo”.
(29 novembre 2009)
Dibattito tra Mario tozzi e Chicco Testa sul Nucleare a Rai Uno
23 Dicembre 2024