L'Italia frana, ma la Finanziaria mette la sostenibilità nell'angolo

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franeCi hanno insegnato che chi governa parla attraverso gli atti. E le voci di spesa della Finanziaria sono giocoforza l’indice delle priorità di un governo. Vedere, quindi, che quelle relative alla sostenibilità ambientale – anche se il percorso della manovra non è finito – sostanzialmente a zero virgola qualche promessa, certifica ad oggi quando questa maggioranza sia irresponsabile, indifendibile e disperante per un Paese che vuole uscire dal pantano.
Il Sole24Ore, ricordando che al momento solo 5 dei 7 miliardi previsti dalla manovra hanno una copertura, spiega così quello che sta accadendo: «Si parte dalle risorse destinate all’università pari a circa 1 miliardo, (l’esatta ripartizione non è stata ancora definita). Per il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali, in particolare per la cassa integrazione in deroga, sono in arrivo per il prossimo anno 1,5 miliardi, mentre il finanziamento delle missioni militari internazionali sarà assicurato da uno stanziamento aggiuntivo di 800 milioni. (…) Resta sub iudice il possibile stanziamento direttamente nel testo del ddl di risorse per 700-800 milioni destinate alle zone alluvionate del Veneto (che andrebbero ad aggiungersi alle misure di emergenza finanziate dal «fondo Letta»). (..) Tuttora da definire le somme destinate al bonus per la ricerca e all’ambiente, all’eventuale rifinanziamento delle detrazioni del 55% sui lavori edilizi finalizzati al risparmio energetico (…)».
Come si vede non è un nostro tic evidenziare che per la difesa i soldi in un modo o nell’altro si trovano sempre, per la sostenibilità no, nonostante anche questa sia una “guerra” peraltro contro l’uomo e i danni che compie contro natura. Nel bel mezzo dei disastri veneti e toscani provocati dal mix maltempo, dissesto idrogeologico, abusivismo edilizio, omesso controllo, i soldi per curare e prevenire questo gigantesco problema non si trovano e magari poi se ne spenderà il triplo o il quadruplo per risanare il risanabile versando lacrime di coccodrillo sui morti.
Il Corriere della Sera oggi va (finalmente) ancor più nello specifico, riportando dati a noi già noti: «La verità, tuttavia, è che a dare un’occhiata ai bilanci del dicastero dell’Ambiente usciti dalla manovra economica, si può vedere come i parchi siano soltanto la punta dell’iceberg della disperazione. I bilanci sono decisamente disastrati (…). Arrivati alla voce dei Fondi Fas (Fondi aree sottosviluppate), bisogna guardarla e riguardarla più volte per credere alle cifre scritte.
In bilancio sono rimasti solamente i 900 milioni di euro per il disastro idrogeologico, tagliati comunque di oltre il 20%. Niente altro. Le bonifiche? C’erano a disposizione 3 miliardi di euro in questa voce. Ora? Zero. Non c’è nemmeno un centesimo. Tradotto, semplicemente: lo Stato non può più pagare bonifiche. Punto. Azzerate anche le risorse per il progetto della Valle del Po (180 milioni) e tutto quello che riguarda le risorse naturali e culturali per lo sviluppo (265 milioni).
E le sorprese non sono finite. Con questi tagli entro due anni viene messa a rischio qualsiasi attività di controllo e di intervento in mare (…). C’erano, infatti, 23 milioni di euro alla voce di monitoraggio marino costiero. Nel 2011 ce ne saranno 16 milioni. E anche in questo caso: stipendi, bollette, spese correnti. La sopravvivenza non viene garantita. Il ministero dell’Ambiente, insomma, potrebbe anche chiudere i battenti».
Va inoltre ricordato e detto che il bistrattato Pd avvertì il “genio” Tremonti che la manovra non sarebbe bastata e che mancavano diversi miliardi di euro. Ma che come risposta fu preso a male parole da tutti con l’accusa di essere il partito delle tasse, anche da parte di quei giornali e di quelle forze economiche che oggi si rendono conto che si era ancora davanti alla solita finanza creativa tremontiana, e a giochi di prestigio sul bilancio dello Stato di stile greco, con tagli a settori non ritenuti “vitali e produttivi” e che oggi, in mezzo al pantano del Veneto ed allo sfascio della villettopoli e capannonopoli diffusa, diventano, per pentimento miracoloso privo di colpe, nuovamente importantissimi per l’economia e la vita dei cittadini.
Senza ritirare fuori la storia del Ponte di Messina e la falsità che lo Stato non stia cacciando un euro per costruirlo, ci domandiamo semplicemente: ma quali sono le priorità per il nostro Paese? Ok per la cassa integrazione, ma il 5 per mille e le spese militari contano più della messa in sicurezza del nostro territorio? L’economia può ancora essere sostenuta senza essere indirizzata e fondata contemporaneamente alla riduzione degli impatti ambientali (riduzione dei flussi di energia e di materia)? Tra l’altro sarebbe Pil anche questo, ma come diceva Fabrizio De André: «Il ministro dei temporali in un tripudio di tromboni auspicava democrazia con la tovaglia sulle mani e le mani sui coglioni».
Alessandro Farulli
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