Preoccupa l’ultimo World Energy Outlook 2011. Eia: servono subito cambiamenti drastici in politiche energetiche
Da pochi giorni è stato pubblicato il nuovo “World Energy Outlook 2011” da parte dell’International Energy Agency (vedasi www.iea.org e www.worldenergyoutlook.org) che chiarisce immediatamente lo spirito del messaggio dell’ampio e articolato rapporto, con la frase di apertura dell’Executive Summary che recita: «Se non cambiamo presto direzione, finiremo esattamente dove siamo diretti».
L’EIA infatti registra pochi segnali che indicano quanto il necessario ed urgente cambiamento di direzione dei trend energetici globali indispensabile per il nostro futuro, sia effettivamente in corso. Nonostante a partire dal 2009 la ripresa dell’economia mondiale sia stata disomogenea e le future prospettive economiche restino incerte, nel 2010 la domanda globale di energia primaria è tornata a crescere di un significativo 5%, spingendo le emissioni di CO2 ad un nuovo massimo. L’Agenzia è molto chiara: senza cambiamenti drastici nelle politiche energetiche le nostre società potrebbero trovarsi impantanate in un sistema insicuro, inefficiente e ad alto tenore di emissioni di carbonio e quindi invita caldamente i governi ad agire prime che sia troppo tardi, introducendo misure più incisive per investimenti in tecnologie efficienti e a basse emissioni di carbonio. Sono frasi il cui contenuto e tenore conosco da almeno 35 anni, tanti sono stati gli illustri esperti che su questo tema centrale per il futuro di noi tutti hanno fortemente ammonito, in questi decenni, per evitare di persistere sugli scenari Business As Usual (BAU, “fare come se nulla fosse”). Nonostante tutto e nonostante il fatto che lo IEA sia un’istituzione internazionale voluta dai governi che si è sempre contraddistinta non certo per le sue posizioni innovative e coraggiose, ma, invece, molto vicine al “mainstream”, ancora oggi la preparazione della 17° Conferenza delle Parti della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici che si terrà a Durban dal 28 novembre al 9 dicembre prossimi, non sembra far intravvedere quella svolta necessaria e coraggiosa che conduca ad un Protocollo sul clima, efficace, efficiente ed equo, che ci faccia ben sperare per il futuro della nostra civilizzazione.
I sussidi che incoraggiano consumi superflui di combustibili fossili hanno superato i 400 miliardi di dollari. Il numero di persone senza accesso all’elettricità rimane drammaticamente alto a 1,3 miliardi, circa il 20% della popolazione mondiale. Nonostante molti paesi abbiano dato priorità al miglioramento dell’efficienza energetica, l’intensità energetica mondiale è peggiorata per il secondo anno consecutivo. In un contesto così poco promettente, ricorda l’Outlook dell’IEA, eventi quali l’incidente alla centrale nucleare giapponese di Fukushima Daiichi e le rivolte che hanno interessato diverse zone dell’area Medio Oriente e Nord Africa hanno sollevato dubbi sull’affidabilità delle forniture energetiche; al contempo, le preoccupazioni legate alla crisi dei debiti sovrani e all’integrità finanziaria degli Stati coinvolti hanno allontanato l’attenzione dei governi dalla politica energetica e limitato i loro strumenti di intervento, segnale tutt’altro che incoraggiante per il conseguimento degli obiettivi climatici concordati a livello globale.
Nonostante l’incertezza che caratterizza le prospettive di crescita economica nel breve termine, in uno degli scenari dell’Outlook definito Scenario Nuove Politiche che presume che i recenti impegni presi dai governi vengano implementati in modo cauto, la domanda di energia cresce in modo sostenuto, aumentando di un terzo tra il 2010 e il 2035. Le ipotesi di un aumento della popolazione mondiale, nello stesso periodo, di 1,7 miliardi di persone e di una crescita media annua dell’economia globale del 3,5% generano una domanda sempre più elevata di servizi energetici e di mobilità. Un tasso di crescita del PIL mondiale inferiore, nel breve termine, a quello ipotizzato nel presente Outlook inciderebbe solo marginalmente sui trend di lungo periodo.
Quindi una situazione certamente difficile che richiede urgenti cambiamenti. L’ obiettivo prioritario delle politiche internazionali e nazionali dovrebbe quindi essere l’adozione di nuove strategie per rendere meno insostenibile l‘uso dell’energia e delle risorse. Il prestigioso Sustainable Europe Research Institute (SERI) di Vienna ed i Friends of the Earth hanno pubblicato un interessante rapporto che fornisce una panoramica delle relazioni esistenti tra i diversi aspetti dell‘uso di risorse materiali e dei loro effetti sulle risorse idriche del pianeta. Purtroppo la scarsità d‘acqua e l‘inquinamento sono in aumento a livello globale e risulta pertanto fondamentale capire e affrontare concretamente questi legami.
L‘acqua infatti è necessaria per quasi tutte le fasi del flusso dei materiali: dall‘estrazione delle materie prime alla loro lavorazione, fino al riciclaggio o lo smaltimento. Il rapporto evidenzia il ruolo dell‘acqua in tutte queste fasi attraverso case study ed esempi, e mostra come la disponibilità di acqua determini cosa e quanto siamo in grado di produrre e come la produzione e il consumo influenzino la qualità e la quantità delle nostre risorse d‘acqua dolce.
Il rapporto si intitola “Under Pressure. How our material consumption threatens the planet’s water resources” e potete trovarlo al sito http://www.foeeurope.org/publications/2011/Under_Pressure_Nov11.pdf ed è anche in traduzione italiana al sito http://www.amicidellaterra.it/adt/images/stories/File/downloads/pdf/campagna_risorse/SERI_quantacqua_sfruttiamo.pdf.
Questo rapporto espande il contenuto del precedente rapporto pubblicato in occasione del primo World Resources Forum tenutosi a Davos nel 2009. Allora il SERI di Vienna ed i Friends of the Earth resero noto l’ottimo rapporto “Overconsumption: our use of the world’s natural resources” di cui ho avuto già modo di approfondire nelle pagine di questa rubrica (il rapporto è scaricabile dal sito http://www.foeeurope.org/publications/2009/Overconsumption_Sep09.pdf).
La costante crescita della popolazione e dell‘economia mondiale determina uno sfruttamento sempre maggiore degli ecosistemi e delle risorse sotterranee. Nel 2007, la quantità totale di tutti i materiali estratti e raccolti nel mondo è stato di circa 60 miliardi di tonnellate, equivalente a circa 25 kg giornalieri per ogni abitante del pianeta. Con il termine estrazione si indicano attività quali la pesca, la raccolta e il disboscamento. Il totale delle risorse estratte include risorse non rinnovabili e rinnovabili: tra le prime i combustibili fossili, i minerali grezzi e i minerali industriali e da costruzione; tra le seconde i prodotti agricoli, il pesce e il legname.
Durante i processi di estrazione o di raccolta di materie prime, ulteriori materiali, non utilizzabili nei processi produttivi, sono movimentati e rimossi dalla superficie del suolo come materiale di risulta. Ogni anno sono estratti circa 40 miliardi di tonnellate di tali materiali e nel complesso, aggiungendo questi 40 miliardi ai 60 miliardi già citati, risulta chevengono spostati più di 100 miliardi di tonnellate di materiale ogni anno, l‘equivalente di circa 40 kg pro capite al giorno.
Negli ultimi tre decenni si è verificato un aumento del 50% della quantità di estrazione a livello mondiale passando cosi da 40 miliardi di tonnellate nel 1980 a 60 miliardi di tonnellate nel 2007 In tal modo, l‘estrazione è aumentata in tutte le categorie: biomasse, combustibili fossili, minerali metallici e minerali industriali e da costruzione. Analogamente l‘estrazione di gas, così come quella di sabbia e ghiaia è raddoppiata e l’estrazione di nichel triplicata. Anche la crescente domanda di bio-risorse ha prodotto, ad esempio, una sensibile diminuzione della presenza di risorse ittiche nei mari, una riduzione della copertura forestale e numerosi altri significativi impatti ambientali.
Confrontando i dati mondiali di estrazione e di consumo di risorse pro capite, risulta evidente che gli europei, i nordamericani e gli abitanti dell‘Oceania sono i più dipendenti dall‘importazione di risorse da altre regioni del mondo per poter mantenere il loro livello e la loro composizione di consumi
In Europa, nel 2004 sono state estratte circa 34 kg di risorse e ne sono state consumate 55 kg pro capite al giorno. Gli abitanti del Nord America e dell‘Oceania, prendendo come riferimento sempre il 2004, hanno consumato fino a 102 e 79 kg di risorse pro capite, rispettivamente. Il contrasto con gli altri continenti è significativo. In Asia, sono state estratte e consumate circa 15 kg di risorse pro capite giornaliere mentre in Africa a fronte di circa 15 kg di risorse estratte e ne sono stati consumate 11 kg pro capite al giorno.
Negli ultimi dieci anni, l’aumento più evidente del consumo di risorse pro capite si è verificato nel mondo industrializzato. Credo che ormai siano tutti più consapevoli che non si possa più aspettare per agire. L’importante è farlo.
di Gianfranco Bologna
Green Report
23 Dicembre 2024