È il Nobel alla sostenibilità. Nelle motivazioni del premio assegnato a William Nordhaus, dell’università di Yale, si legge: «Per aver integrato i cambiamenti climatici nell’analisi macroeconomica a lungo termine».
Nelle motivazioni del premio assegnato a Paul Romer, dell’università di New York, Stern School of Business, si legge: «Per aver integrato l’innovazione tecnologica nell’analisi macroeconomica a lungo termine». Quello che accomuna i due economisti è la visione di lungo termine. E in effetti, la parola “sostenibilità” è un’italianizzazione della corrispondente parola inglese che a sua volta deriva dal pedale “sustain” che nel pianoforte allunga le note nel tempo.
Già. La sostenibilità non si raggiunge soltanto operando scelte che rispettino i vincoli delle risorse, dal punto di vista ambientale ed economico, ma anche trovando le soluzioni che rigenerano le risorse: il che si ottiene soltanto coltivando una visione di prospettiva che incentivi gli umani a perseguire obiettivi orientati al lungo periodo. Un approccio molto diverso dall’immediatezza di tutto ciò che viene affidato alle mere forze del mercato finanziario e che sembrano aver conquistato un immenso potere sulla vita delle popolazioni mondiali.
C’è una continuità nelle scelte di chi assegna il premio Nobel: da qualche lustro, infatti, tra i premiati ci sono anche economisti che hanno sottolineato la necessità che la loro disciplina assorba nelle sue analisi le questioni che riguardano i sistemi di valori che servono a perseguire la qualità della vita e la felicità, lasciando da parte l’antica ortodossia economicista che spingeva a tralasciare l’analisi valoriale per concentrarsi soltanto su una supposta razionalità degli umani nella loro vita economica.
Nella ricerca di William Nordhaus, fin dagli anni Sessanta, il valore dell’ambiente è considerato parte integrante del sistema economico. Le emissioni o il consumo di ambiente dovuto alle produzioni umane non possono essere considerate “esternalità negative”. Al contrario, il solo modo sensato per definire lo sviluppo macroeconomico nel lungo termine è quello di favorire una dinamica produttiva che salvaguardi nello stesso tempo la convenienza economica e la qualità dell’ambiente, magari introducendo incentivi che rendano conveniente per gli operatori la ricerca e l’adozione di soluzioni ai due ordini di problemi insieme. E nella ricerca di Paul Romer, a sua volta, l’innovazione tecnologia non è più un fenomeno esterno al sistema economico, ma diventa una condizione endogena di crescita.
Nordhaus e Romer hanno entrambi contribuito a spingere l’economia verso il superamento dei limiti disciplinari definiti da un’ortodossia costruita intorno a sistemi di equazioni lineari e a modelli dominati da logiche meccanicamente guidate da poche variabili e molte assunzioni poco verificabili, come la razionalità e la perfetta informazione degli operatori economici.
Hanno introdotto nella ricerca economica l’ambiente e la tecnologia, argomenti che non hanno nulla di lineare. Insomma, hanno condotto l’economia nel pieno della ricerca sui sistemi complessi. Il che l’ha portata a convergere con l’ecologia. Non per nulla l’idea dell’ecosistema dell’innovazione tecnologica è sempre meno una metafora e sempre più una descrizione accurata della realtà.
di Luca De Biase – Sole24Ore
24 Novembre 2024