Global warming e Onu. G77: «Governance mondiale per contare di più»
Se la discussione sui cambiamenti climatici all’Assemblea dell’Onu doveva essere un “assaggio” della Conferenza Unfccc di Cancun, per i Paesi sviluppati saranno dolori: i rappresentanti dei Paesi in via di sviluppo hanno inveito contro le nazioni ricche perché non adempiono gli impegni di aumentare gli aiuti finanziari, ribadendo che sono i responsabili delle sfide del riscaldamento globale con le quali sono alle prese i Paesi più poveri.
Il G77+Cina, che riunisce 133 paesi in via di sviluppo (quasi tutti dell’emisfero sud) e la Cina, si è riunito il 28 settembre per discutere di come cooperare meglio per promuovere i propri interessi riguardo a cambiamento climatico, sicurezza alimentare e povertà. Nella stessa riunione l’Argentina ha assunto la presidenza del G77 e lo guiderà alla Conferenza di Cancun.
Il ministro degli esteri egiziano Ahmed Aboul Gheit, non certo accusabile di essere anti-occidentale, ha detto che i Paesi in via di sviluppo non ricevono aiuti sufficienti e non hanno la forza economica che si meritano: «Il cuore del problema è la mancanza di finanziamenti adeguati a causa del fallimento di molti paesi industrializzati di rispettare gli impegni economici».
Il vicesegretario del G77 Sha Zukang, responsabile per gli affari economici e sociali, ha sottolineato Il degrado accelerato dell’ambiente e la continua mancanza di consenso nella comunità internazionale su come affrontare il cambiamento climatico: «In questo contesto di molteplici crisi … il ruolo di leadership del Gruppo dei 77 non è mai stato più importante». Un ruolo riconosciuto dal presidente dell’Assemblea generale dell’Onu, lo svizzero Joseph Deis, che ha detto: «Il G77 rappresenta quasi i due terzi degli Stati membri delle Nazioni Unite ed è sempre più riconosciuto come potenza economica emergente». Deis ha anche chiesto «Un’azione globale per affrontare le sfide e le minacce alle quali è di fronte un mondo sempre più interdipendente, tra cui la crisi finanziaria ed i cambiamenti climatici».
Gli ha risposto il presidente uscente del G77, il ministro degli esteri dello Yemen Abubakr al-Qirbi: «Il cambiamento climatico è una sfida urgente per il nostro gruppo perché minaccia non solo le prospettive di sviluppo delle nostre società, ma anche la loro stessa esistenza. La cooperazione tra i paesi in via di sviluppo è aumenta di importanza e portata ma è complementare, piuttosto che sostitutiva, ad una cooperazione con i paesi sviluppati».
I Paesi in via di sviluppo hanno approfittato anche della tribuna offerta dall’Assemblea generale dell’Onu per sollecitare un maggiore sostegno a livello mondiale nella lotta ai cambiamenti climatici.
Il ministro degli esteri del Ghana, Muhammad Mumuni, ha avvertito i leader del mondo che «Le nazioni più povere potrebbero presto sperimentare una “promise fatigue” se i Paesi sviluppati non porteranno a termine i fondi impegnati, compresi i 30 miliardi di dollari di finanziamenti fast -track per i Paesi in via di sviluppo fino al 2012 impegnati nel meeting di dicembre sul cambiamento climatico di Copenaghen. Nella riunione della capitale danese, i Paesi industrializzati si sono impegnati ulteriormente a trovare modi e mezzi per raccogliere 100 miliardi dollari all’anno entro il 2020. Per i Paesi in via di sviluppo, la consegna rapida e l’assegnazione trasparente di questi fondi farà aumentare la nostra fiducia nel dialogo e dimostrerebbe inoltre che i Paesi industrializzati sono veramente impegnati per progressi più ampi nei negoziati».
Il vicepremier e ministro degli esteri della Cambogia, Namhong Hor, ha sottolineato che «Non solo i Paesi sviluppati devono onorare i loro impegni di fornire assistenza finanziaria e tecnologica alle nazioni più povere nella lotta contro i cambiamenti climatici, ma devono anche prendere l’iniziativa per ridurre le rispettive emissioni di anidride carbonica in modo che la conferenza di Cancun possa produrre risultati tangibili. I risultati proficui a Cancun si basano sugli sforzi da parte di tutti per salvare l’umanità da catastrofi più gravi».
Il presidente del Suriname, Desiré Delano Bouterse, ha detto che «I cambiamenti climatici avranno un effetto devastante sui Paesi in via di sviluppo. Il mio Paese può servire da esempio per il mondo, dato che le sue leggi per salvare le foreste e la biodiversità risalgono alla metà del secolo scorso. Ci chiamate il “Paese più verde della Terra” per il 90% di copertura forestale. Sembra che la foresta che resta in piedi e la ricchezza della biodiversità del Suriname vengano date per scontate da parte della comunità mondiale, come non ci fossero localmente strutture alle quali bisogna fornire incentivi per proseguire sulla via della sostenibilità».
Un altro rappresentante di un Paese “verde”, il ministro degli esteri del Belize Wilfred Elkington, ha sollevato il tema della governante mondiale, sottolineando: «Abbiamo bisogno di un’Onu che rifletta una rappresentazione più equa Nord-Sud e che possa deliberare efficacemente. Gli organismi chiave dell’Onu devono essere riformati in modo da rappresentare tutto questo. Il processo decisionale deve garantire la coerenza ed essere comprensibile. E, soprattutto, l’equità e la giustizia devono informare i nostri meccanismi decisionali. La riforma che chiediamo è molto più profonda del cambio della guardia. Si tratta di una riforma che ricostruire la fiducia tra di noi e la fiducia nel sistema. Troppo spesso il rapporto tra Nord e Sud è una “donor-driven dialectic”, piuttosto che una vera partnership,con i paesi più poveri privi di entrate sufficienti per poter prendere decisioni importanti».
Il segretario agli esteri del Bhutan, Dasho Daw Penjo, ha fatto rilevare che «La stragrande maggioranza dei 192 Stati membri dell’Onu sono Paesi piccoli e che la Carta delle Nazioni Unite sottolinea che tutti gli Stati devono avere pari opportunità di partecipare e contribuire ai lavori dell’Onu. Come possiamo noi membri dell’Onu essere credibili quando sposiamo l’equità tra le nazioni e i popoli se non riusciamo a praticarlo tra di noi? Dopo 39 anni di adesione, il Bhutan continua a credere che nell’Onu ci siano ancora spazio e ruolo per i piccoli Stati, come partner alla pari negli affari mondiali, tra cui il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale».
Il segretario generale dell’Onu, Ban ki-moon ha recepito le sollecitazioni e nel suo discorso ha sottolineato che «Per il raggiungimento degli obiettivi globali di lotta alla povertà e per affrontare il cambiamento climatico e altre criticità ambientali , il blocco delle nazioni in via di sviluppo noto come “Gruppo dei 77 e Cina” ha un ruolo vitale da svolgere nel garantire i progressi su una serie di priorità all’ordine del giorno delle Nazioni Unite. In tutte queste sfide, la forte leadership del G 77 e Cina sarà fondamentale. Le vostre diverse esperienze… le vostre ricche prospettive concorrono tutte a migliorare i nostri dibattiti e a garantire che costruiamo soluzioni sostenibili per tutti».
Secondo Ban il G77 svolge un ruolo cruciale per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio per ridurre drasticamente la fame, la povertà, le malattie e una serie di altri mali sociali ed economici entro il 2015. «L’ impegno attivo del G77 è anche vitale, sui temi dello sviluppo sostenibile e la definizione di una chiara e forte agenda per la Conferenza Onu sullo sviluppo sostenibile che si terrà a Rio de Janeiro, Brasile nel 2012, chiamata anche Rio +20». Il segretario generale ha anche citato «La leadership critica del G77 quando si tratta di riaffermare il ruolo delle Nazioni Unite nella governance globale , un tema centrale della sessione in corso dell’Assemblea. Nulla è paragonabile alla presenza legittima e globale delle Nazioni Unite. Abbiamo la più ampia adesione e possiamo garantire che le nazioni più piccole e meno potenti continueranno ad avere la parola nelle decisioni e nei regolamenti internazionali».
Umberto Mazzantini
www.greenreport.it
23 Dicembre 2024