Nonostante i ritardi di Napoli, la regione è arrivata al 44%. Sono i dati di Legambiente che avverte: “Ora servono impianti di trattamento, non inceneritori”
Sulla raccolta differenziata Campania batte Toscana 44 a 42: sono le percentuali raggiunte dalle due regioni. Secondo i dati del rapporto Comuni ricicloni di Legambiente, solo 8 Municipi sui 358 censiti in Campania hanno una percentuale di differenziata minore del 35%; 230 superano il 55% di differenziata (di cui 143 vanno oltre il 65%).
Mentre sta per arrivare la condanna europea per i rifiuti in Campania, la regione è dunque uscita dall’emergenza. Resta l’imbarazzante caso Napoli in cui il ritardo nella capacità di risposta continua schiacciandola al 21% di raccolta differenziata. Ma la regione complessivamente – come segnala anche l’ultimo rapporto di Ispra – ha cambiato passo raggiungendo una quota di raccolta differenziata (44%) semplicemente impensabile fino a pochi anni fa: è maggiore di quella della Toscana e uguale a quella della Val d’Aosta.
“Sono dati che raccontano una svolta clamorosa”, commenta Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente. “Ora bisogna farla valere a Bruxelles prima che arrivino multe milionarie. E poi agire in maniera coerente in modo da evitare che, per colpa di scelte sbagliate, il problema si riproponga. Quello che manca sono gli impianti per la lavorazione dei materiali che vengono dalla raccolta differenziata: bisogna realizzarli con urgenza. Il governo invece continua a vedere un film vecchio e si muove di conseguenza parlando di inceneritori. Il nuovo inceneritore di Salerno che Renzi vuole costruire con il decreto competitività convertito in legge la scorsa estate non avrebbe più i rifiuti sufficienti per funzionare: dovrebbe importarli da fuori regione. Invece di prevedere lo sblocca inceneritori, si dovrebbe pensare a uno sblocca impianti per trattare l’organico differenziato in tutto il centro sud”.
A frenare il salto di gestione sui rifiuti non è dunque – a parte alcune vistose eccezioni – la mancanza di buona volontà dei cittadini o di capacità tecnica, ma l’insufficienza di impianti tecnologicamente avanzati che permettano di chiudere in modo virtuoso il ciclo degli scarti. Intere regioni (e città come Milano) estraggono ormai dai rifiuti urbani una quantità di organico che potrebbe alimentare una filiera produttiva interessante. Ma in molte aree gli impianti sono sotto dimensionati. Ad esempio il nuovo e avveniristico digestore anaerobico di Salerno da 30mila tonnellate all’anno è già saturo con i rifiuti provinciali. di ANTONIO CIANCIULLO Repubblica
22 Novembre 2024