La Stampa 16 ottobre 2011
Rifiuti e partecipate. Tra i democratici è tutti contro tutti.
Su Trm non può decidere Torino da sola
ANDREA ROSSI
Il bubbone è scoppiato qualche sera fa, durante una riunione della segreteria provinciale del Pd, quando il deputato Stefano Esposito ha annunciato di aver chiesto a un avvocato romano, Antonio Paparo, un parere legale sulla delibera con cui Torino ha deciso di trasferire alcune sue partecipate – tra cui Trm – dentro la Finanziaria della città, preludio alla vendita del 40 per cento delle quote.
La relazione, racconta chi ha potuto leggerla, esprime dubbi sulla validità dell’operazione: Fct, acquisendo sia Amiat che Trm, diventerebbe soggetto proprietario delle infrastrutture e al tempo stesso gestore, una situazione giudicata incompatibile. Piero Fassino pare non abbia gradito: né la mossa di Esposito né il fatto che il deputato avesse in mano la delibera appena approvata. E non sono bastati a rabbonirlo i pareri chiesti dal Comune e da Trm, che hanno dato esito diverso.
Il clima che si respira intorno alla delicatissima riorganizzazione della filiera dei rifiuti nel Torinese non è dei migliori, anche perché alle contese politiche si sommano questioni giudiziarie. La partita vale centinaia di milioni di euro e sta squassando il Pd, partito che esprime quasi tutti i sindaci dell’area metropolitana. Alcuni, soprattutto Aldo Corgiat, primo cittadino di Settimo e leader della corrente dalemiana del Pd (la stessa in cui militano Esposito e l’assessore all’Ambiente di Torino Enzo Lavolta, anche lui piuttosto critico sulla delibera), si sono già esposti. «Noi abbiamo investito 500 mila euro in Trm – spiega Corgiat -. Ma l’affidamento diretto aveva come presupposto il fatto che la società fosse interamente pubblica e sotto il diretto controllo dei Comuni.
In questo senso, mi sembra difficile che Torino possa procedere di sua iniziativa senza consultare nessuno».
Se poi si aggiungono le perplessità dei piccoli Comuni sulla lettera inviata da Fassino e Saitta a Cota – in cui si contesta la legge regionale – il quadro è completo. L’altra sera, durante una riunione del Pd, la presidente di Anci Piemonte Amalia Neirotti, sindaco di Rivalta, si è battuta per difendere il diritto dei Comuni di pesare nelle decisioni strategiche. Il timore di Fassino e Saitta è che un’eccessiva libertà d’azione possa trasformarsi in potere di veto, bloccando qualsiasi progetto o infrastruttura.
Per arginare l’offensiva, che proviene da diversi fronti, politici e amministrativi, Piero Fassino ha fatto le sue contromosse. Lunedì ha riunito in Comune i vertici di Iren, Amiat e Trm.
Sembra deciso a spingere perché sia Iren a rilevare il 40 per cento di Amiat e Trm e – cosa che gli è stata chiesta da Saitta ma vede freddi molti big del partito, a cominciare da Corgiat – le altre aziende e consorzi che governano la filiera dei rifiuti nell’area metropolitana.
L’impegno della multiutility permetterebbe a Fassino di centrare più d’un obiettivo: ricondurre la filiera a un unico soggetto forte, aumentare il peso di Iren in vista della possibile fusione con la milanese A2A e bloccare il progetto dell’inceneritore di Settimo. Già, perché se Settimo non gradisce i piani di Torino, è vero anche il contrario. In città guardano con una certa apprensione alla richiesta arrivata in Provincia dalla società Ecoma che vuole costruire un inceneritore per rifiuti industriali.
Ecoma è partecipata al 49 per cento dal Comune di Settimo e al 51 da Kinexia, società che fa capo a Waste Italia, una delle principali aziende del settore.
La proprietà è della famiglia Colucci. Le diramazioni sono molte, tutte nel campo dell’energia e dei rifiuti. Le inchieste aperte anche. Amministratori e dirigenti di imprese della holding sono sotto indagine a Milano per corruzione e truffa ai danni dello Stato nella bonifica dell’area ex Sisas di Pioltello; a Latina per frode nelle pubbliche forniture; a Benevento, Daneco, una delle società, è indagata per disastro ambientale; in Calabria la società Eco Inerti, controllata da Daneco, è sotto processo; in Sicilia la procura di Palermo scava sui quattro termovalorizzatori voluti dall’ex governatore Totò Cuffaro, tra cui quello di Paternò affidato alla Sicil Power, una controllata della Daneco. Nessuna condanna. In Comune, però, queste indagini suscitano un certo allarme. Non a caso il sindaco preferirebbe, se mai si dovessero costruire nuovi inceneritori, per rifiuti industriali o urbani, che a occuparsene fosse un soggetto come Iren. Corgiat, dal canto suo, difende l’operazione con Kinexia. «Sarà un impianto per rifiuti industriali. E a chi dubita dell’affidabilità di Waste ricordo che quando provammo a cedere la nostra partecipata Asm a Iren ci fu proposto un prezzo ridicolo, mentre Waste fece un’offerta adeguata».
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